Senti chi parla

POntormo,
Pontormo, Visitazione, Carmignano, 1528-30

Abbiamo sempre avuto il desiderio di dare vita alle  cose inanimate, un retaggio forse di quando eravamo bambini e riuscivamo a parlare e a dare voce agli oggetti.

Bill Viola, Greetings, 1995
Bill Viola, The Greeting, 1995

Massimo poi sarebbe  poter far parlare le opere d’arte, dare voce a  quel dipinto o a quella scultura che l’artista ha realizzato e ha bloccato nella materia.

In questo campo il cinema ha giocato un ruolo decisivo. Memorabile la cavalcata di Mary Poppins e Bert, quando entrano nel paesaggio disegnato  con il gesso per terra. Egualmente sorprendenti sono le voci  dei personaggi dipinti della quadreria della scuola di Hogwarts nella saga di Harry Potter. E che dire  della visita animata che ci propone il museo di storia naturale di New York, nel film Una notte al museo! Oppure (ma la lista sarebbe lunghissima) della statua equestre di Garibaldi che nel film di Soldini Il comandante e la cicogna parla e discute con un altra statua?

La scuola di Ho
La scuola di Hogwards, tratto dal film Harry Potter

Far parlare le opere d’arte ci aiuta ad immergerci in esse, nell’ambiente sociale e nel mondo culturale dal quale provengono. Insomma,  serve ad avvicinarle maggiormente. Di questi tentativi ne sono stati fatti tanti. In questi giorni avevo tra le mani un libretto edito da Polistampa nel 2011, a cura di Maria Valbonesi, intitolato Donne di quadri. Il libro si compone di sedici dialoghi inventati tra figure di dipinti famosi. Così, per esempio, si può leggere il dialogo tra  Salomè e Giovanni Battista, la cui testa finì sul piatto durante il banchetto per il compleanno di Erode (la scena è stata mirabilmente affrescata dietro l’altare maggiore del Duomo di Prato, nel XV secolo, da Flippo Lippi). Oppure leggere un dialogo dei due coniugi Lydig  ritratti da Giovanni Boldini (1842-1931) nel quadro la Passeggiata al Bois de Boulogne. Le parole cercano di riportare l’atmosfera del tempo. Ad esempio : “ dove stiamo andando così in fretta?” chiede la signora “Nowhere, mia cara , nowhere- L’unico luogo verso il quale valga la pensa correre”risponde il marito .

Filippo Lippi, Danza di Salomè,
Filippo Lippi, Danza di Salomè, dal ciclo di affreschi con storie di Santo Stefano e San Giovanni Battista, Duomo di Prato, 1452-1465

A  volte capita invece che la fortuna voglia che a raccontarci l’arte del passato sia un’artista contemporaneo. In tal caso è ancor più bello: l’arte si somma all’arte e viene fuori qualcosa che difficilmente si può dimenticare. Mi viene subito in mente la famosa video installazione The Greeting, dell’artista Bill Viola. Tramite quest’opera Bill Viola ci ha permesso di avvicinare e incontrare nuovamente e in maniera diversa il quadro della Visitazione del Pontormo, di Carmignano. Il video ha la forza di far  riaffiorare l’intensità e l’energia che sprigiona l’incontro tra Maria e Sant’Elisabetta  e in questo caso le parole sono superflue.

 

Nel blu dipinto di blu

Nella mia famiglia il blu o per meglio dire l’azzurro è sempre stato il colore prediletto. Non a causa di appartenenze politiche, né per particolari ardori calcistici; ma un’inclinazione per Modugno da parte di mia madre e la scelta da parte di mio padre di dipingere di azzurro i muri esterni del suo magazzino di stoffe; scelta compiuta affermando  di averlo fatto per portare un po’ di mare nella cittadina toscana dove risedevamo. L’azzurro poi divenne  anche il colore scelto per la croce al cimitero di mia nonna.

Wassily Kandinsky, Composizione IV, 1911
Wassily Kandinsky, Composizione IV, 1911

Ma l’azzurro è stato da sempre un colore di riferimento anche per chi ama l’arte e le cose dello spirito. Con riferimento al secolo appena trascorso, pensiamo  a  Wassily Kandinsky, che nel 1911 fondò con l’amico Franz Marc il gruppo artistico chiamato Blaue Reiter (cavaliere azzurro). “La vocazione del blu alla profondità è così forte (…) Più il blu è profondo e più richiama l’idea dell’infinito, suscitando la nostalgia della purezza e del soprannaturale” (Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, ed.Bompiani,1995,p. 63)

La relazione tra forma e colore che teorizzava Kandinsky verrà successivamente approfondita da un artista come  Yves Klein, il quale alla fine degli anni Cinquanta tracciò un legame con l’infinito tratta la sfera del sovrumano, attraverso l’uso di quel pigmento azzurro che poi prenderà nome da lui.

Sempre valutando l’impatto del colore e della forma, le sculture-installazioni di  Anish Kapoor ci immergono in uno spazio dilatato, quasi a farci naufragare nel nulla.

Anish Kapoor. Void, 1989
Anish Kapoor, Void, 1989

Ma l’azzurro rimane il colore che guarda al cielo e alle cose non materiali. Il riferimento più immediato va ancora più indietro nel tempo. L’azzurro è il colore del manto della Madonna di Giovani Bellini oppure dei cieli di Giotto.

Questo colore dunque è prezioso e in passato ha dato non pochi grattacapi a chi voleva produrlo. In natura proviene da due pigmenti, l’azzurite e i lapis-lazuli ,entrambi rari e per questo più ricercati.  Per trasformarli in colore occorreva frantumarli con pazienza e prima dovevano essere lavati accuratamente.  Nel medio evo erano i veneziani che portavano i lapis-lazuli in occidente, dove i pittori ne facevano uso.

Giovanni Bellini,
Giovanni Bellini,

Se anche voi avete un colore che vi segue nella vita e ne volete sapere di più, vi suggerisco un libro davvero interessante : è scritto da Anne Varichon, si intitola Couleurs, pubblicato da Seuil, a Parigi, nel 2005. Qui potrete trovare una panoramica dei colori con la storia della loro origine, dei pigmenti e dell’influenza culturale che hanno avuto nel corso dei secoli.

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