Nel blu dipinto di blu

Nella mia famiglia il blu o per meglio dire l’azzurro è sempre stato il colore prediletto. Non a causa di appartenenze politiche, né per particolari ardori calcistici; ma un’inclinazione per Modugno da parte di mia madre e la scelta da parte di mio padre di dipingere di azzurro i muri esterni del suo magazzino di stoffe; scelta compiuta affermando  di averlo fatto per portare un po’ di mare nella cittadina toscana dove risedevamo. L’azzurro poi divenne  anche il colore scelto per la croce al cimitero di mia nonna.

Wassily Kandinsky, Composizione IV, 1911
Wassily Kandinsky, Composizione IV, 1911

Ma l’azzurro è stato da sempre un colore di riferimento anche per chi ama l’arte e le cose dello spirito. Con riferimento al secolo appena trascorso, pensiamo  a  Wassily Kandinsky, che nel 1911 fondò con l’amico Franz Marc il gruppo artistico chiamato Blaue Reiter (cavaliere azzurro). “La vocazione del blu alla profondità è così forte (…) Più il blu è profondo e più richiama l’idea dell’infinito, suscitando la nostalgia della purezza e del soprannaturale” (Wassily Kandinsky, Lo spirituale nell’arte, ed.Bompiani,1995,p. 63)

La relazione tra forma e colore che teorizzava Kandinsky verrà successivamente approfondita da un artista come  Yves Klein, il quale alla fine degli anni Cinquanta tracciò un legame con l’infinito tratta la sfera del sovrumano, attraverso l’uso di quel pigmento azzurro che poi prenderà nome da lui.

Sempre valutando l’impatto del colore e della forma, le sculture-installazioni di  Anish Kapoor ci immergono in uno spazio dilatato, quasi a farci naufragare nel nulla.

Anish Kapoor. Void, 1989
Anish Kapoor, Void, 1989

Ma l’azzurro rimane il colore che guarda al cielo e alle cose non materiali. Il riferimento più immediato va ancora più indietro nel tempo. L’azzurro è il colore del manto della Madonna di Giovani Bellini oppure dei cieli di Giotto.

Questo colore dunque è prezioso e in passato ha dato non pochi grattacapi a chi voleva produrlo. In natura proviene da due pigmenti, l’azzurite e i lapis-lazuli ,entrambi rari e per questo più ricercati.  Per trasformarli in colore occorreva frantumarli con pazienza e prima dovevano essere lavati accuratamente.  Nel medio evo erano i veneziani che portavano i lapis-lazuli in occidente, dove i pittori ne facevano uso.

Giovanni Bellini,
Giovanni Bellini,

Se anche voi avete un colore che vi segue nella vita e ne volete sapere di più, vi suggerisco un libro davvero interessante : è scritto da Anne Varichon, si intitola Couleurs, pubblicato da Seuil, a Parigi, nel 2005. Qui potrete trovare una panoramica dei colori con la storia della loro origine, dei pigmenti e dell’influenza culturale che hanno avuto nel corso dei secoli.

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Il colore può trarre in inganno?

Vanessa Beecroft
Vanessa Beecroft

Che impatto ha avuto il colore nella storia? Se penso alla storia dell’arte penso ad un impatto enorme, però sempre in trasformazione e mai lo stesso.

La scuola veneziana di pittura già dalla  seconda metà del  XV secolo, a distinguersi per l’uso del colore: fu chiamata pittura tonale, perché non fondata sul disegno ma sulle diverse variazioni del grado di luminosità del tono di colore .

Giorgione, La tempesta
Giorgione, La tempesta,1506-1508

Nel XX secolo il colore, con l’astrattismo,  acquista piena dignità.  Kandinskij accentua nei suoi lavori l’uso del colore fino a teorizzarne la funzione: il colore azzurro evocava l’idea di infinito, il rosso era segno di forza e passione, il giallo eccitazione e dinamismo e così di seguito . L’espressionismo astratto nel dopoguerra sceglie di dare il massimo risalto al colore: si ricordano le campiture uniformi, quasi liquide,  delle tele di Mark Rothko, ma anche la gestualità decisa e netta di Franz Kline, dove segni neri lasciavano una scrittura forte e radicale  sullo sfondo di grandi tele bianche. Mentre in Francia, negli Anni Sessanta, nell’ambito del gruppo dei Nouveaux Réalistes, l’artista Yves Klein usò come pennelli viventi delle modelle, su cui cosparse il colore blu . Non un blu qualsiasi, ma  la sua una tonalità di blu, proprio quella che arriverà a brevettare con la sigla IKB (International Klein Blue) fatta con  una miscela di resina e pigmento. Colore  scelto per conquistare il mondo sopra di noi, per impregnare il mondo materiale di immateriale, il blu di Klein era legato alla spiritualità.

Il colore nella storia dell’arte è stato il terreno di avvicinamento alle cose dello spirito e del trascendente, ma è anche un’esperienza fisica il coinvolgimento pieno dell’artista e quindi legata al caso e all’inconscio.

Yves Klein,
Yves Klein,

Troviamo il colore ovunque nel nostro quotidiano di gente comune, lo abbiamo anche collegato ad un genere o a una condizione: tutto il mondo dell’infanzia, ad esempio, sembra miseramente separato tra il rosa e il celeste, il verde invece è il colore delle nostre tasche durante la crisi, mentre la pace ha i colori dell’arcobaleno . imgres

In passato, però, il colore ci ha anche ingannati, perché è stato usato come pretesto per alzare  barriere tra gli uomini:  il colore della pelle ha fatto la differenza nella qualità della vita e nelle opportunità concesse.

Oggi mentre camminavo con il mio cane nel bosco pensavo che l’autunno è la stagione dei gialli, dei rossi e dei marroni e che il paesaggio della natura si rinnova un anno ancora per la gioia dei nostri occhi. imgres

Oro e luce in attesa del Natale

Beato Angelico, Annunciazione, 1433-34, Museo Diocesano di Cortona
Beato Angelico, Annunciazione, 1433-34, Museo Diocesano di Cortona

Continuiamo ad immaginarci di avere tempo e denaro in questi giorni di Natale. Cosi’ andiamo a Lens e dopo aver visitato la nuova succursale del Louvre, da poco inaugurata nella cittadina francese, potremmo partire alla volta di Roma per vedere, nella Galleria Borghese, l’Annunciazione del Beato Angelico. L’opera arrivata dal Museo Diocesano di Cortona sarà visibile fino al 10 febbraio.

L’occasione della mostra è l’iniziativa L’arte della fede, ossia cinque incontri (questo è il primo) con altrettanti capolavori della storia sacra.

Sono passati molti anni da quando ero bambina e con mio padre ero solita andar per musei, ma non posso dimenticare l’effetto e la curiosità che suscitarono in me le piccole cellette del Convento di San Marco a Firenze, affrescate dal Beato Angelico qualche anno dopo aver completato l’Annunciazione di Cortona (1433-34).

Beato Angelico, monaco domenicano, ha dedicato tutta la vita a raccontare attraverso la pittura un atto astratto e poco rappresentabile fisicamente, ovvero il senso della fede e della spiritualità. Guardando l’opera che brilla di oro e lucentezza ci pare di cogliere nell’angelo e in Maria un’intimità e un accordo che fissa un patto di unione e pace per l’umanità.

Due, appunto, sono gli elementi preminenti nell’opera: l’oro che luccica e la luce che abbaglia. L’oro come astrazione dalla realtà , tipico nell’arte medievale, e la luce come diretta emanazione di Dio.

Provate ora a fare un salto e pensate all’arte contemporanea. Più precisamente a due artisti diversi,  ma con qualcosa in comune nella ricerca di una dimensione altra da quella terrena. Pensate al lavoro di Yves Klein, ai suoi monocromi come i Monogold degli anni Sessanta.

Yves Klein, Monogold
Yves Klein, Monogold

L’artista stesso ha scritto : “ho creato degli stati di pittura immateriale”. Ancora, spiegando le sue opere monorome e la scelta di usare un solo colore, ha scritto “ con il colore io provo un sentimento di assoluta identificazione con lo spazio , mi sento veramente libero”.

Un altro artista contemporaneo a cui penso guardando l’Angelico è stato Dan Flavin , l’artista minimalista americano che ha utilizzato, come materiale del suo lavoro, la luce al neon che un po’, come nel caso di Klein, diventa un monocromo. Una luce che pero’, nel suo accendersi, si espande nello spazio e avvolge lo spettatore.  Non è certo un caso se a Milano l’artista è stato invitato poco prima di morire per lasciare un opera fatta di luce nella Chiesa di Santa Maria Annunciata.

Dan Flavin, Chiesa Rossa, Milano, 1996
Dan Flavin, Chiesa Rossa, Milano, 1996

E’ come se Klein e Flavin avessero rinunciato di raccontarci il fatto dell’Annunciazione per trasportarci, uno con l’oro e l’altro con la luce, dove ci ha condotti l’Angelico con la sua magnifica opera.

E’ davvero poi così lontana l’arte contemporanea dal suo passato?