La forza delle donne

Disegno barcone immigratiHo letto oggi un post sul blog del Corriere della Sera, la 27esima ora, intitolato Anche le donne migranti hanno un sogno, di Alessandra Coppola… Ne sono stata subito attratta, ma, che dire? Speravo di leggere di meglio. Ancora una volta ho l’impressione che siamo ricascati nel buonismo, nella superficialità dei buoni sentimenti! Il post si chiude con questa frase: “Se c’è qualcosa che distingue le donne migranti dagli uomini, forse, è questo: una tenacia, una capacità di immaginare il futuro, una forza speciale per realizzarlo che sta nella maternità. E nei figli”.

Allora mi sono chiesta, ma queste donne sono mosse dal “sogno” o dal “bisogno”? È l’idea del futuro che le spinge o piuttosto l’impossibilità del presente? È una nuova consapevolezza di se stesse che sposta le donne dalle coste di un continente in movimento fino a noi, o la chimera di un benessere che, sono sicura non convince del tutto neanche loro?

Decidere di scappare di andare via, di lasciare tutto e tutti non può dipendere unicamente dal desiderio di vedere “crescere meglio” i propri figli, non può dipendere dai sogni inespressi di una madre, ma deriva drasticamente dalla contingenza, dall’immediato, dall’istinto di conservazione, dalla voglia di continuare a vivere a dispetto di tutto e tutti.

Io credo che sia questa la molla primaria che spinge queste donne a salire su un barcone, a farsi gettare in mare i pochi ricordi che si sono trascinate dietro, a pagare in prima persona pur di scappare da una realtà insostenibile.

Salvarsi la vita, per prima cosa, salvare se possibile quella dei propri figli, il sogno forse verrà dopo, sempre che l’avventura non finisca male, stese sulla banchina di un porto di un paese straniero.

Che siano poi le donne, capaci di un amore assoluto verso i figli che è ragione di vita e spinta verso il futuro, ad avere una forza speciale è verità, ma è, ripeto, riduttivo.

Addio anno Mille

Niente da fare è l’ora di voltare pagina. Vi ricordate che ansia era venuta a tutti noi allo scadere del millennio? Sembrava che il mondo dovesse cambiare da un giorno all’altro; invece il primo gennaio del 2000 ci sentivamo tutti esattamente gli stessi.

Ora, invece, sembra che i cambiamenti si siano messi in moto  e che il mondo stia indossando  i panni di una nuova era.  Così, mentre leggevo il Corriere della Sera di qualche giorno fa, ho provato a cercare tutte quelle notizie che mi dessero un’idea di qualcosa che non fosse più come la conoscevo io. In prima pagina ho visto una foto della Galleria, a Milano, dove una fila di ragazzi entrava a mangiarsi l’ultimo panino (gratuito) di Mac Donald’s, prima della chiusura definitiva di quel punto vendita, come fosse un luogo speciale.  A  pagina sedici c’era una buona notizia: Castro concede ai cubani la possibilità di viaggiare all’estero: è finita! Anche a loro, come a chiunque altro, basterà il passaporto per viaggiare all’estero!

Infine mi sono letta il bell’articolo dell’architetto, maestro, artista e designer  Alessandro Mendini, il quale  spiega come al giorno d’oggi non sia più tempo di “maestri”.  Per lui è finita un’era e non esiste più “l’alchimia tra maestro e allievo”. “Oggi – afferma  – gran parte del lavoro è affidato alla tecnologia che lo rende quindi riproducibile, reiterabile”. Mendini prova una certa malinconia per la perdita di questo speciale rapporto tra  maestro e allievo,  che definisce un misto di complicità e competizione.

Cosa ha rappresentato Cuba per il mondo, forse i nostri figli lo studieranno solo sui libri di testo; le ragioni profonde del perché  Mc Donald’s facesse tanta paura a noi europei, invece, rimarranno per loro incomprensibili. Infine penso che quando si affacceranno nel mondo del lavoro si renderanno conto che sempre di più conta riuscire a far parte di un gruppo. Che è importante trovarsi in un luogo paritario  in cui si possa dialogare con e affiancarsi a chi ha competenze diverse e magari di livello superiore. La stima e l’affetto dell’allievo per il maestro saranno davvero un’esperienza passata.

Siamo in una fase di rottamazione, per usare una parola tanto udita in questi tempi?  Non lo so,  certamente stiamo vivendo un momento nuovo, curioso e, perché no, stimolante per noi che, guardando  da dove siamo partiti, ci ritroviamo a volte spiazzati e lontani dal secolo appena passato.