Lo scandalo nell’arte

Jean-Auguste-Dominique Ingres, Le Bain turc,1862
Jean-Auguste-Dominique Ingres, Le Bain turc,1862

L’arte provoca sempre una reazione. Quella contemporanea, poi, sa veramente accendere i sentimenti. Chi la frequenta da sempre si è trovato in mille occasioni di fronte alla rabbia dell’opinione pubblica. E non parlo di opere di per sé provocatorie; ho assistito a questo fenomeno a volte anche semplicemente perché un’opera risultava a prima vista incomprensibile. Ricordo compagni di scuola risero beffardamente quando, nella mia città, Prato, fu collocata la scultura, grazie al cielo ancora lì, di Henry Moore.

Henry Moore
Henry Moore

È così che mi sono incuriosita quando in libreria ho trovato un volume dal titolo Le Museé des Scandales scritto da Elea Baucheron e Daine Routex. Il libro, edito per la versione francese da Grund, nel 2013, tratta di come alcune creazioni artistiche, che hanno fatto scandalo nella storia, possono essere lette per comprendere meglio un’epoca intera. E così attraverso 70 opere della storia dell’arte, trattate in 4 aree tematiche, si tenta questa analisi. Si parte con il sacrilegio (e per questo tema Maurizio Cattelan ha ottenuto anche la copertina del libro, con l’opera La Nona ora del 1969) e col politicamente scorretto. Lo si fa analizzando l’opera di Francisco Goya Los caprichos, del 1799, fino ad arrivare a un lavoro censurato del misterioso artista della street art Blu, fatto a Los Angeles nel 2010. Un altro tema che non poteva mancare sono gli scandali sessuali – e qui Egon Schiele si ritrova vicino a Nam Goldin – seguiti dalle trasgressioni artistiche (vi si inizia con Rembrand, La ronde de nuit, 1642 fino a Mr. Brainwash con Life is beautiful). Di ogni opera trattata troverete una breve storia e scoprirete perché fu tacciata di scandalo e cosa veramente cercava di rappresentare.

9782324005657FSLa rabbia e il disappunto che può provocare un’opera sono sempre forti. Come lo è la distruzione di un’opera. Mi domando come verrà letta dalla storia futura la scellerata furia iconoclastica con cui sono state aggredite pochi giorni fa le statue del museo di Mosul: spero proprio con la stessa riprovazione di oggi. Del resto, quelle pietre trimillenarie rappresentavano un simbolo e questo era inaccettabile per gli estremisti.

Allora la frase riportata nel libro di Pablo Picasso “La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti . Ma è uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico” mi echeggia negli orecchi come una giusta e amara considerazione, proveniente dal più amato ma anche osteggiato artista del XX secolo.

Mai un’artista è stato più amato

C’è una mostra che si aprirà tra poco in Svizzera, a Basilea, alla Fondazione Beyeler, dedicata ad uno dei pittori più amati e desiderati tra gli impressionisti: EDGAR DEGAS. La mostra si concentra sui lavori dell’artista nell’ultimo periodo della sua vita (1834-1917).

Chi non conosce Edgar Degas?

Chi non ha visto una sua ballerina o una copia riprodotta in mille modi? A volte mi chiedo se c’è ancora un modo di avvicinarsi alle sue tele con l’incanto che devono aver provato i primi che le hanno viste. Riusciamo a vedere le sue tele senza l’influenza mediatica e la popolarità che lo accompagnano? Questo non è il destino solo di Degas ma di tutto il gruppo dell’impressionismo al quale l’artista fu legato, anche se controvoglia, fin dalla prima mostra nel 1874. In fondo dell’impressionismo non accettò alcuni aspetti come l’idea di un’arte spontanea che registrasse ciò che l’occhio catturava all’aria aperta. I suoi lavori erano costruiti formalmente e per lo più venivano creati nel suo studio con l’aiuto del modello che poteva essere una fotografia o un ricordo (non dimentichiamoci che fu anche fotografo e la sua pittura ne risenti molto). E’ vero che i suoi temi non erano retorici ma andavano raccontando la vita contemporanea parigina, la vita nei caffè oppure il mondo degli atelier e delle ballerine ritratte molto spesso nei momenti di pausa o durante le prove.

Nella mostra saranno presenti le opere di Degas più lontane dalla poetica impressionista, ma si vedranno i soggetti delle danzatrici e dei fantini, quelli dedicati al nudo femminile e alla veduta di paesaggi.

La mostra apre il 29 settembre e sarà visitabile fino al 27 gennaio per saperne di più www.fondationbeyeler.ch