Arte o moda?

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hnE’ lontano il tempo in cui l’arte viveva distante dal mondo del lusso e del glamour. Oggi chi visita una mostra, una biennale, o una fiera verrà spiazzato, perché il pubblico di oggi partecipa all’arte come fosse un gran premio. Un giovane artista italiano, di cui non faro il nome, ma che sta avendo successo e notorietà, mi confessava di essere molto affaticato a causa del dover essere sempre nel posto  giusto e con le persone giuste: addirittura, affermava che alcuni stilisti famosi gli forniscono gli abiti perché ormai gli artisti fanno tendenza. C’è da chiedersi quando si oscureranno le luci della ribalta e torneremo a guardare di più alla sostanza dell’arte.  Questa riflessione mi è venuta in mente proprio oggi che si è aperta a Londra Frieze art una delle più importanti fiere dell’arte nel mondo e dalla notizia che la galleria Nelly Nahmad di Londra propone per la fiera uno spazio diviso in tre installazioni intitolato The Asylum, ispirato ai manicomi visitati da Jean Dubuffet negli anni Quaranta.

Jean Dubuffet, in quegli anni, dopo le atrocità della guerra, dopo il passaggio delle avanguardie, andava ricercando il senso profondo dell’arte negli spazi dove l’arte si faceva per necessità di esprimersi, anche senza la consapevolezza che fosse arte.  Da questa esperienze Jean Dubuffet conio’ il termine art brut. La galleria ha ricreato alcuni ambienti di questi manicomi; l’idea può apparire curiosa ma non si allontana molto dall’impresa di creare una vetrina per lo stand.

Miroslav Marsalek
Miroslav Marsalek

L’ Art Brut l’ho trovata invece in questi giorni al Centre d’Art Contemporain di Ginevra. Qui l’entusiasta direttore Andrea Bellini ha presentato per la prima volta l’opera di Miroslav Marsalek, un artista cecoslovacco la cui opera è degna dello spirito di Jean Dubuffet . Artista autodidatta, disegnatore e scrittore, Miroslav Marsalek ti scuote; qualcuno ha detto che alcune sue figure ricordano il tratto di Pontormo. La sua creazione dilaga come i  suoi scritti che invadono le pagine del suo diario. Bellissima scoperta, il suo lavoro è la perfetta fusione di arte e vita. Le sue annotazioni, i suoi schizzi sono veri e genuini e appena mi sono trovata davanti al suo lavoro  ho sentito che le luci si stavano abbassando: era proprio il  clima che andavo cercando.images-1

È tempo di maschere

Marie-Rose Lortet
Marie-Rose Lortet

Due cose mi hanno fatto scegliere di parlare oggi dell’artista Marie-Rose Lortet: la sua passione per le maschere e la sua appartenenza all’Art brut, un linguaggio che mai come in questo momento è all’attenzione del pubblico e della critica.

L’art brut non è un movimento artistico, ma un modo di approcciarsi all’arte. Gli artisti da essa ispirati, infatti, non sono artisti nel senso tradizionale del termine. La definizione di Art brut, la sua scoperta e la sua messa in evidenza, si deve ad all’artista francese Jean Dubuffet che, dal dopoguerra, cominciò a nutrire un malessere per tutto ciò che si doveva considerare arte. Dubuffet, allora, per ritrovare energia e passione, si avvicinò alle opere dei bambini, dei dilettanti, o delle tante persone emarginate, spesso con problemi mentali, che nonostante la fatica delle loro vite avevano trovato rifugio nell’arte. Per essi l’arte era come una via di salvezza, assieme a un modo autentico di esprimersi. Art brut venne dunque a significare arte grezza, non trattata. Lui stesso vi si avvicinò col proprio lavoro e operò con diversi materiali; ma soprattutto collezionò molti lavori di altri artisti legati all’Art brut.

Marie-Rose
Marie-Rose Lortet

L‘art brut è un mondo particolare e faticherete persino a trovarla nei principali libri di testo dedicati all’arte contemporanea, anche se ormai è una forma di espressione autonoma che ha un suo pubblico, musei e gallerie a lei dedicate.

Marie-Rose Lortet, con le sue maschere, con la sua determinazione a fare la maglia partendo da qualsiasi materiale a sua disposizione, è senz’altro legata alla poetica dell’Art brut.

Marie-Rose Lortet nasce nel 1945 a Strasburgo, vive e lavora a Vernon in Normandia dal 1967. Fin da giovanissima ama recuperare tutto il materiale che viene scartato per cercare di intrecciarlo a maglia o di tesserlo. Il suo interesse ruota attorno al tema dei volti. Ogni maschera è un volto, che si presenta ogni giorno diverso come nel caso delle 365 maschere installate a Elbeuf, vicino a Rouen, presso la Fabrique de Savoirs. In quell’occasione ha allineato una maschera per ogni giorno dell’anno, facendole tutte con un filo bianco e della stessa misura, ma anche diverse nell’espressione.

Marie-Rose
Marie-Rose Lortet

Oltre alle maschere, Marie-Rose Lortet ha lavorato anche sul tema della finestra, che poi si è evoluto in strutture tridimensionali simili a case. Tutti questi lavori hanno in comune la leggerezza e ricordano il gesto di una mano che traccia un filo. Tutto il suo lavoro è poetico e di grande fascino. Niente la può fermare e tutto riesce a tessere e a intrecciare, anche i materiali più duri e difficili.

L’arte è come lo champagne è meglio quando è Brut

L’arte è strana: credi di conoscerla perché hai  visitato da sempre i musei e le gallerie, hai letto libri e comprato i cataloghi delle mostre più rappresentative. Poi scopri che c’è un mondo del tutto fuori dai canoni ufficiali che è più arte dell’arte. E’ fatto da chi non sa di essere artista ma, molto spesso emarginato dalla società, ha la necessità di produrre una realtà interiore in cui far affiorare il proprio spirito.  E questa realtà è lo specchio di qualcosa che è anche ben serrato dentro di te.

Vedere queste opere nel Museo di arte Brut di Losanna mi hanno provocato una forte emozione.

Il Museo di arte Brut a Losanna è un luogo unico, nato dalla collezione di opere donate dall’artista francese Jean Debuffet  (1901-1985).  Jean Debuffet,  esponente nel  dopolaguerra  dell’ Art autre,  fu da sempre interessato a ogni forma di espressione spontanea e immediata, frutto dell’inconscio più che dell’intelletto.  Con questo interesse Debuffet, nel 1947, sviluppa l’idea dell’art brut cioè quell’arte che raccoglieva opere di dilettanti, bambini, alienati mentali, assieme a graffiti anonimi ripresi da vecchi muri. L’intento era quello di recuperare delle manifestazioni artistiche spontanee. Oggi quel nucleo di opere si trova a Losanna. Il museo si è aperto nel 1976 e da quel momento sono state organizzate molte esposizioni; e la collezione si è notevolmente arricchita.

L’artista brut generalmente è un autodidatta che per diverse ragioni è sfuggito al condizionamento culturale e al conformismo sociale. L’artista brut è povero di mezzi. Per farvi un esempio, Wolfli  incastra delle mine di pastello dentro le sue unghie mentre Ramirez si inventa una pasta a base di patate e di mollica di pane. Ciò che li accomuna è la forte necessità di dare forma alle loro emozioni: sono sempre una risorsa d’ingegnosità .  L’artista brut è minuzioso; molto spesso si inventa dei segni, degli alfabeti immaginari, delle parole o dei nomi. Per esempio Darger racconta le avventure degli Angeliniens dei Gandeliniens e così via.

In questo momento nel museo si può visitare la mostra dedicata ad Aloise Corbaz. Le sue opere furono collezionate da Debuffet. Aloise (1886-1964)  nasce nel cantone di Vaud  e viene internata a trentadue anni per schizzofrenia.

Da quel momento si ritira nel suo mondo fatto di una vasta cultura biblica, libraria e musicale. A poco a poco si dedica sempre di più alla scrittura, alla pittura e al disegno. Per più di quaranta anni realizzerà una creazione gigantesca rulli di disegni cuciti assieme, come un grande mantello.  La mostra svela un mondo denso e completo, erotico, sontuoso, ricco di immagini, fiori, animali, imperatori, regine e cantanti.

La mostra, aperta il 2 giugno, sarà visitabile fino al 26 agosto in due sedi: nel museo di Arte Brut e nel Museé cantonal des Beaux-Arts sempre a Losanna.

Il titolo “l’arte è come lo champagne..non è mio ma di Françoise Monnin (dalla rivista Art tension, fuori seri .n.4, settembre 2010)