Nick Glass, giornalista e corrispondente da Parigi per la CNN, ha potuto incontrare e intervistare il nuovo direttore del museo più famoso del mondo: il Louvre, che oltre a dovere la sua notorietà all’oggettiva ricchezza e bellezza del suo patrimonio, nell’ultimo decennio ha accresciuto la sua fama (come se ce ne fosse stato bisogno) grazie anche al (discutibile) successo planetario del Codice da Vinci di Dan Brown.
È apparso sulla scena il nuovo direttore del Louvre, il 49enne Jean-Luc Martin, insediatosi nell’aprile scorso, il quale pur giungendo da una famiglia assolutamente nella media, con grande umiltà e dopo grande fatica e studio è giunto alla testa di un’istituzione unica nel mondo. Il giornalista ci rivela che per comprendere i bisogni delle centinaia di migliaia di visitatori che invadono le sale di questo imponente palazzo (visitato ogni anno da 9,7 milioni di turisti), egli ha voluto, come prima cosa, compiere una visita da comune cittadino, convinto che la peggiore trappola per un professionista dell’arte è proprio la sua professionalità che inevitabilmente lo spinge a vedere la realtà solo da un certo punto di vista, lasciandolo cieco e sordo ai bisogni del pubblico. Questa esperienza, che lo ha portato a dover subire tre ore di fila prima di raggiungere le biglietterie e l’ingresso, lo ha spinto ad una profonda riflessione sulla necessità non tanto di incrementare i numeri (quelli sono esorbitanti e comunque in continua crescita), quanto piuttosto di migliorare l’esperienza del visitatore. La visione di Martin è quella di un museo in cui ognuno possa trovare il proprio spazio, che non sia un luogo per le sole elites in grado di comprendere e apprezzare le opere d’arte. Un museo con meno code, più servizi, più accoglienza in cui il visitatore possa veramente fare un’esperienza culturale e sensoriale unica. Sebbene la maggior parte del pubblico si trovi nelle sale del Louvre per ammirare i capolavori eterni come la Monna Lisa, la Venere di Milo o la Vittoria Alata di Samotracia, l’imperativo deve essere la valorizzazione anche delle altre collezioni del Museo, di quel patrimonio nascosto alla vista che conta oltre 430.000 opere gelosamente conservate nei sotterranei del complesso.
Martin si spende senza posa, nella scia dei suoi predecessori, per promuovere il « brand Louvre », non solo in patria, ma anche all’estero. È recente l’apertura di una sorta di succursale del Louvre a Lens, nel cuore di quel territorio detto Bassin Minier francese, che la presenza del museo reinventa e riqualifica.
Il museo sarà presente anche laddove c’è « fame » e denaro per accogliere le opere del Louvre. Infatti nel 2015 è prevista un’altra nuova apertura con 300 opere da Parigi, questa volta ad Abu Dahbi, negli Emirati Arabi Uniti, i quali hanno pagato per il nome Louvre la bellezza di 400 milioni di euro.
Riuscirà il nostro eroe a portare cultura e bellezza in ogni casa del pianeta? Saremmo contenti se riuscisse almeno a dimezzare le code chilometriche che durante un breve soggiorno nella capitale francese ci portano a cancellare il Louvre dalla lista dei musei da visitare…