Viva la cuccagna

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Il Medioevo non è stato solo quel periodo buio e repressivo che gli autori del Romanticismo hanno indicato; anzi è stata un’epoca apportatatrice di idee ed innovazioni che hanno lasciato ampie tracce nella storia dell’umanità. Ma certo con rigidi schemi di comportamento, negli ambiti della società, della mentalità, del costume. Eppure troviamo nella sua letteratura, soprattutto nella novellistica e nelle leggende trobadoriche, il mito -come è stato definito- della Cuccagna, dove chi più dorme più guadagna; il paese di Bengodi secondo una notissima novella del Boccaccio. Nel quale si può mangiare a crepapelle, perché vi si trova un monte di cacio grattugiato sulla cima del quale si cuociono in continuità ravioli che si gettano giù perché giungano ben conditi in pianura; nella quale scorre un fiumicel di vernaccia senza gocciol d’acqua. Mangiate finchè volete e potete; ed i migliori vestiti sono tutti disponibili sui cespugli delle strade. Ognuno è giovane, nel fiore dell’età e delle forze, e le pulsioni sessuali possono con chiunque ed ovunque essere soddisfatte. Anche le donne possono scegliere il loro partner senza remore o timori. Che pacchia!

Emanuele Luzzati, Il paese dei balocchi
Emanuele Luzzati, Il paese dei balocchi

Ma esisteva un paese del genere? No, ovviamente: era un mito consolatorio d’evasione da una realtà di povertà, fissità, diversità tra ceto e ceto, sesso e sesso. Anzi, ha scritto uno dei padri della moderna storiografia, il medievista da poco scomparso Jacques Le Goff, non un mito; ma un’utopia. Perché l’utopia non è un semplice racconto ( riferimento all’etimo greco di “mito”) : è un contromodello, che ha un aggancio mentale più consolatorio. Come si cercasse di ricostruire nella fantasia un mondo virtuale che almeno facesse evadere-virtualmente, appunto – dalla realtà quotidiana.

Le Goff in un suo saggio, da uomo attento alle modifiche della storia, ha aggiunto che modelli del genere esistono in tutte le epoche: cioè sono un portato della mente e della fantasia umana. Infatti per fare un esempio, nel Sessantotto francese ed europeo, lo slogan proibito proibire non ha questa valenza? E allora, sempre ed ovunque, ma soprattutto in un momento come questo contrassegnato dalla globalizzazione (quindi alieno dalla consolazioni localistiche) e dalla crisi, ( quindi economicamente incerto): VIVA LA CUCCAGNA!

Jacques Le Goff un “ogre historien”

le goff nel suo studioSi è spento ieri all’età di 90 anni Jacques Le Goff, uno dei più importanti storici del nostro tempo. Un mostro sacro per chi, come me ha studiato o solo si è appassionato, alla storia medievale.

Jacques Le Goff un “ogre historien” (uno storico orco), perché affamato di conoscenza, con un appetito di storia riconosciuto in tutto il mondo. “Un medievista dalla curiosità avida e insaziabile, che sapeva – come diceva Marc Bloch, di cui egli stesso si definiva l’erede e il discepolo postumo – che il buono storico assomiglia all’orco della leggenda. Laddove sente odore di carne umana, là sa che si gioca la sua partita, da qui un’attenzione ai corpi, ai gesti, al riso, alle lacrime, ai sogni, alla materialità delle cose come all’immaginario delle civilizzazioni, al religioso come al meraviglioso” (Le Monde, 1 aprile 2014).

Jacques Le Goff si inserisce in quella linea di storici (Bloch, Febvre, Braudel, Duby) che hanno cambiato il nostro rapporto con la storia. Con lui il Medioevo si è illuminato. Non è stato più il periodo delle tenebre, ma la matrice della modernità come noi la viviamo attualmente.

Per salutarlo degnamente e per comprenderne lo spirito, bastino queste poche righe a proposito del concetto di Libertà, che Le Goff delinea e inquadra da storico navigato quale egli è stato.

“La libertà è un vecchio valore dell’uomo medievale. Anima le sue principali rivolte. La Chiesa, paradossalmente, ne dà il segnale. È sotto la bandiera della Libertas Ecclesiae, Libertà della Chiesa, che, col Papato in testa, la Chiesa rivendica l’indipendenza dal mondo laico che l’aveva sottomessa con l’imposizione del regime feudale. La libertà fu, a partire dalla metà del secolo XI, la parola d’ordine del grande movimento della riforma gregoriana.

Poi coscienti della loro forza, preoccupati di far sparire gli ostacoli al grande slancio avviatosi con l’anno Mille, contadini e neocittadini reclamano e strappano la libertà o, il più delle volte, delle libertà. All’affrancamento dei servi corrisponde la concessione delle franchigie o libertà al plurale, libertà che sono altrettanti privilegi.

Tuttavia sul piano religioso, intellettuale, sociale, politico, confusamente, timidamente fa la sua comparsa una nuova idea di libertà al singolare, quella della libertà moderna.

Ma l’uomo medievale resterà al limitare di questa libertà intravista come una terra promessa, secondo un processo di lotta, di riforma, di progresso sempre incompiuto”  (L’uomo medievale, , Laterza, p. 38).

Grande storico e grande divulgatore, con un occhio puntato sulla mentalità e sull’ideologia piuttosto che sulle figure e gli eventi. Insomma Le Goff ha ripercorso la storia spicciola, quella che fa comprendere lo stile di vita e la mentalità di un’epoca, piuttosto che focalizzare la sua attenzione su quella che per secoli era stata denominata la storia con la S maiuscola fatta di aride date e personaggi di spicco.

5 regole d’oro

Lezione di filosofia nella scuola di Roma da un affresco del pittore fiorentino Benozzo Gozzoli (secolo xv) nella chiesa di Sant'Agostino a San Gimignano (Siena).
Q Lezione di filosofia nella scuola di Roma da un affresco del pittore fiorentino Benozzo Gozzoli (secolo xv) nella chiesa di Sant’Agostino a San Gimignano (Siena).

Assistendo ai dibattiti, agli incontri-scontri, ai monologhi-fiume, alle mezze verità, alle menzogne camuffate da sincerità che dilagano su giornali, televisioni e web, e che vengono pronunciate di volta in volta da politici senza scrupoli, giornalisti, sedicenti pensatori, opinionisti di dubbia natura e chi più ne ha più ne metta, ho pensato che per tutti costoro sarebbe necessario considerare una full immersion nella Scolastica medievale, quella forma di filosofia che si sviluppò nelle università occidentali e che per prima cosa ha consegnato ai posteri un metodo, quello appunto scolastico, riassumibile in una frase di Marie Dominique Chenu: “Pensare è un mestiere le cui leggi sono state minuziosamente fissate”.

Nel metodo scolastico la prima cosa da curare con attenzione è il vocabolario. Come affermava Le Goff, infatti, “gli intellettuali del tempo accordavano alle parole un giusto potere e si preoccupavano di definirne il contenuto”.

La seconda cosa da fare è esercitarsi nella dialettica, che, sempre citando Le Goff, è “quell’insieme di procedimenti che fanno dell’oggetto del sapere un problema, che lo espongono, lo difendono contro chi lo attacca, lo risolvono e convincono l’ascoltatore e il lettore”.

Terzo pilastro del metodo scolastico è l’”autorità” cioè il basarsi sul passato come sostegno per il futuro, per procedere nel progresso della storia e dell’intelletto.

Quarto fondamento l’affidarsi alle leggi della ragione.

Quinto, esercitarsi. Gli esercizi pratici che si eseguivano per arrivare ad un punto conclusivo, semplificando enormemente, erano la questio e la disputatio. La prima era il tema posto dal magister sul quale si doveva svolgere la disputatio, che era un puro confronto di idee, attraverso il quale si arrivava a verità certe o ritenute tali per l’epoca.

Questo per sommi capi il metodo scolastico.

Le cinque regole d’oro, nel momento storico di grande incertezza e confusione che stiamo vivendo, possono aiutarci, ci offrono una base solida dalla quale partire per una riflessione senza pregiudizi. Rinfrescare la memoria su un metodo di pensiero rigoroso, offerto come un giubbotto salvagente, può aiutare coloro che non desiderano affogare nel mare magnum mediatico del tutti contro tutti!