Le scatole “magiche” e i pezzi di memoria

cornell Cosa può contenere una scatola? Tutta una vita: cartoline, fotografie, ritagli, francobolli che ricreano il percorso personale di chi ha deciso che questi oggetti avevano la dignità di essere conservati. Per questa ragione ho apprezzato il compito assegnato ad uno dei miei figli, in partenza per la facoltà di architettura, di ricreare la propria vita in una scatola, inserendovi i simboli di ciò che più era contato per ognuno, compito basato sui ricordi e le aspettative personali.

Tutto ciò per presentare una mostra suggestiva che si è aperta a Lione il 18 ottobre 2013 e chiuderà i battenti il 10 febbraio prossimo, curata da Sylvie Ramond, capo conservatrice del patrimonio e direttrice del museo di Beaux-Arts de Lyon, da Matthew Affron, Muriel e Philip Berman curatori del Modern Art, Philadelphia Museum of Art sull’opera di Joseph Cornell, “l’inscatolatore di mondi” (La lettura, inserto del Corriere della Sera, domenica 5 gennaio 2014): Joseph Cornell et les surréalistes à New York.

Brevemente chi era questo artista legato al surrealismo americano. Cornell nacque a New York da una famiglia di origine olandese. Rimasto orfano in giovane età e con il peso di una famiglia da mantenere prima lavora in un magazzino di tessuti, poi inizia a vendere frigoriferi porta a porta e forse proprio l’immagine del frigorifero nel quale si conservano, stipandoli, decine di cibi differenti, gli suggerirà la creazione delle sue scatole d’arte. A cambiargli la vita l’incontro del tutto casuale dapprima con l’opera di Max Ernst e poi con lo stesso artista e con Duchamp, Tanning, Matta, Moore, Motherwell.

“Il surrealismo ha avuto un’influenza determinante nell’opera di Joseph Cornell. cornell 2Si situa all’origine del suo metodo di lavoro: il collage e i processi ad essi associati quali il montaggio, la costruzione e l’assemblaggio. Cornell deve moltissimo al surrealismo – la concezione fondamentale dell’immagine come prodotto della giustapposizione poetica- ma è ugualmente vero l’inverso. L’esposizione permetterà di comprendere meglio le novità apportate dall’artista. Parallelamente essa mostrerà il personalissimo percorso artistico e poetico di Cornell fra le scene artistiche europee e americane e la frattura provocata dal conflitto mondiale” (dalla presentazione on line della mostra di Lione).

Le scatole di Cornell sono struggenti, ogni singolo elemento evoca un ricordo, sono “archivi della memoria” e “piccoli rifugi della poesia”. La mostra è assolutamente da vedere.

L’arte dà senso ad un luogo

E’ di questi giorni l’inaugurazione all’Aquila dell’auditorium progettato da Renzo Piano. Tre anni dopo il terremoto nasce  (con il contributo economico della Provincia di Trento) un luogo per ascoltare la musica, incontrarsi per conferenze e anche per assistere a proiezioni.  Uno spazio concepito come uno scrigno prezioso, non a caso definito un “piccolo gioiello” che, come capita spesso all’arte, non ha mancato di suscitare assieme al consenso anche qualche polemica, per il costo elevato e per la convinzione di alcuni che con quei soldi si sarebbe potuto fare altro.
Siamo avvezzi a queste polemiche, anche se mi domando quanto siano intelligenti: ogni volta che un’opera d’arte (in senso ampio, di tutte le arti) arricchisce una città, questa sarà una ricchezza per tutti. Ricchezza per tutte le fasce d’età per il fatto di essere pubblica e fruibile da tutti.
Allora gli esempi si affollano nella mia mente e penso a cosa sia voluto dire per la città di  Bilbao, anche in termini di visitatori, il museo Guggenheim,  opera dell’architetto Frank Gehry.Oppure penso alla città francese di Metz col nuovo centro Pompidou, realizzato dall’architetto giapponese Shingeru Ban. Anche qui in Svizzera la nostra gloria italiana, Renzo Piano, ha lasciato non pochi segni sul territorio, come il bellissimo  Museo di Klee a Berna o la fondazione Bayeler a Basilea.

Lo sdegno iniziale dei cittadini che accolgono un nuovo progetto d’arte si trasformerà, in un momento successivo, in orgoglio e passione per la sua conservazione. A questo proposito, mi viene in mente la piccola cittadina di Riola, in provincia di Bologna, che nella seconda metà degli anni Sessanta accolse il progetto per una chiesa del grande architetto finlandese Alvaar Alto. Quella chiesa, nella sua concezione moderna del sacro, è sempre rimasta un luogo di incontro per tantissimi appassionati d’arte e fede.


E come l’architettura, così fa anche l’arte plastica. Pensiamo a Prato: la grande scultura di marmo bianco di Henry Moore è diventata infatti il simbolo della città.


Ben vengano i soldi spesi nel campo dell’arte quando naturalmente a scegliere i progetti c’e’ chi la conosce e  sa dove stia di casa.