Uova sode all’attacco

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Tutti i conigli sono già esposti da tempo nei negozi svizzeri: sono loro, secondo la tradizione, che portano le uova di cioccolato, a Pasqua. I bambini andranno a cercarle nei prati o nascoste in casa.

Poi ci sono le uova sode  e qui in Svizzera non solo è il piatto preferito in occasione della Pasqua, magari da mangiare con i cappelletti in brodo, ma sono il vero elemento portante della festa. Se non hai tempo di cuocerle e decorarle, puoi comprarle già pronte, coperte da colori sgargianti. Ma se ti capita di andare a Berna il giorno di Pasqua, ne vedrai letteralmente di cotte e di crude. Nella capitale della Confederazione, infatti, la tradizione vuole che a Pasqua la gente si sfidi a duello con le uova. Provate a passare la domenica di Pasqua per la Kornhausplatz e vedrete di cosa si tratta: i duellanti hanno l’obiettivo di vincere più uova possibili . Come? A coppie di due, si vengono incontro tenendo un uovo sodo chiuso in un pugno e col braccio proteso in avanti, come quando si procede nel buio a tentoni. L’obiettivo è quello di provocare uno scontro fra i pugni (e le uova in essi racchiuse). Vince colui o colei che rimane con l’uovo integro. Qual’è il segreto per dotare le uova di una corazza invincibile, capace di resistere agli urti? Sembra che risieda nella cottura  e nella capacità di scegliere i  coloranti naturali giusti.

Se ci volete provare anche voi, la sfida è aperta a tutti : recatevi a Berna.   

Côté Suisse

Casa delle religioniLa Casa delle religioni di Berna

Il 14 dicembre dell’anno scorso è stata inaugurata a Berna la Casa delle religioni. Il progetto ha più di 15 anni e la sua realizzazione è costata 75 milioni di franchi. Situata nella periferia multiculturale della capitale svizzera, nel quartiere popolare di Bümpliz – riqualificato dal questo ambizioso progetto ideato da ARGE Bauart Architekten und Planer e l’ URBANOFFICE architecture + urbanism – è destinata ad accogliere 5 religioni diverse: hindu, buddisti, musulmani, cristiani (cattolici, ortodossi, riformati) e aleviti (setta musulmana i cui riti si svolgono fuori dalle moschee). Inoltre ad essa sono state associate anche le comunità ebraica, bahá’í e sikh, che non dispongono però di locali propri. Le motivazioni inviate al Consiglio federale per la costruzione dell’edificio erano chiare: “unico in Svizzera, il progetto è esemplare in quest’epoca caratterizzata da crescenti tensioni tra le religioni e le culture e incentiverebbe notevolmente la comprensione reciproca e l’integrazione delle persone straniere in Svizzera”.
A qualche mese dalla sua apertura il risultato è più che positivo. I responsabili delle diverse religioni hanno tutti un’apertura mentale notevole e accolgono con favore non solo i membri degli altri culti ma anche le centinaia di curiosi che si recano in questo luogo. Gli spazi comuni e i tavoli della bouvette invitano al dialogo e alla discussione. L’esperimento dunque serve davvero all’integrazione e al dialogo. I suoi realizzatori hanno dovuto superare incredibili difficoltà per accontentare tutti i culti che qui possono riunirsi, a causa delle peculiari richieste di ognuno di loro. Ma oggi la Casa delle religioni è una realtà vivente e pulsante nel tessuto cittadino di Berna.

L’arte dà senso ad un luogo

E’ di questi giorni l’inaugurazione all’Aquila dell’auditorium progettato da Renzo Piano. Tre anni dopo il terremoto nasce  (con il contributo economico della Provincia di Trento) un luogo per ascoltare la musica, incontrarsi per conferenze e anche per assistere a proiezioni.  Uno spazio concepito come uno scrigno prezioso, non a caso definito un “piccolo gioiello” che, come capita spesso all’arte, non ha mancato di suscitare assieme al consenso anche qualche polemica, per il costo elevato e per la convinzione di alcuni che con quei soldi si sarebbe potuto fare altro.
Siamo avvezzi a queste polemiche, anche se mi domando quanto siano intelligenti: ogni volta che un’opera d’arte (in senso ampio, di tutte le arti) arricchisce una città, questa sarà una ricchezza per tutti. Ricchezza per tutte le fasce d’età per il fatto di essere pubblica e fruibile da tutti.
Allora gli esempi si affollano nella mia mente e penso a cosa sia voluto dire per la città di  Bilbao, anche in termini di visitatori, il museo Guggenheim,  opera dell’architetto Frank Gehry.Oppure penso alla città francese di Metz col nuovo centro Pompidou, realizzato dall’architetto giapponese Shingeru Ban. Anche qui in Svizzera la nostra gloria italiana, Renzo Piano, ha lasciato non pochi segni sul territorio, come il bellissimo  Museo di Klee a Berna o la fondazione Bayeler a Basilea.

Lo sdegno iniziale dei cittadini che accolgono un nuovo progetto d’arte si trasformerà, in un momento successivo, in orgoglio e passione per la sua conservazione. A questo proposito, mi viene in mente la piccola cittadina di Riola, in provincia di Bologna, che nella seconda metà degli anni Sessanta accolse il progetto per una chiesa del grande architetto finlandese Alvaar Alto. Quella chiesa, nella sua concezione moderna del sacro, è sempre rimasta un luogo di incontro per tantissimi appassionati d’arte e fede.


E come l’architettura, così fa anche l’arte plastica. Pensiamo a Prato: la grande scultura di marmo bianco di Henry Moore è diventata infatti il simbolo della città.


Ben vengano i soldi spesi nel campo dell’arte quando naturalmente a scegliere i progetti c’e’ chi la conosce e  sa dove stia di casa.