Tanti auguri a tutti e ora: RIPOSO

Tanti auguri a tutti e ora: RIPOSO
Tutti i conigli sono già esposti da tempo nei negozi svizzeri: sono loro, secondo la tradizione, che portano le uova di cioccolato, a Pasqua. I bambini andranno a cercarle nei prati o nascoste in casa.
Poi ci sono le uova sode e qui in Svizzera non solo è il piatto preferito in occasione della Pasqua, magari da mangiare con i cappelletti in brodo, ma sono il vero elemento portante della festa. Se non hai tempo di cuocerle e decorarle, puoi comprarle già pronte, coperte da colori sgargianti. Ma se ti capita di andare a Berna il giorno di Pasqua, ne vedrai letteralmente di cotte e di crude. Nella capitale della Confederazione, infatti, la tradizione vuole che a Pasqua la gente si sfidi a duello con le uova. Provate a passare la domenica di Pasqua per la Kornhausplatz e vedrete di cosa si tratta: i duellanti hanno l’obiettivo di vincere più uova possibili . Come? A coppie di due, si vengono incontro tenendo un uovo sodo chiuso in un pugno e col braccio proteso in avanti, come quando si procede nel buio a tentoni. L’obiettivo è quello di provocare uno scontro fra i pugni (e le uova in essi racchiuse). Vince colui o colei che rimane con l’uovo integro. Qual’è il segreto per dotare le uova di una corazza invincibile, capace di resistere agli urti? Sembra che risieda nella cottura e nella capacità di scegliere i coloranti naturali giusti.
Se ci volete provare anche voi, la sfida è aperta a tutti : recatevi a Berna.
Pasqua arriva mentre tutta la natura si risveglia e se a questo risveglio partecipate anche voi, con un rinnovato desiderio spirituale, tra i luoghi più belli dove trascorrere il triduo pasquale c’è senz’altro La Chapelle du Rosaire a Vence in Francia.
E questo perché la piccola chiesa è un gioiello: un’opera totale uscita dalla mente e dal desiderio di pace di Henri Matisse nel 1947. E’ nata per caso da un’amicizia con una giovane donna infermiera che lo curò ed entrò successivamente nell’ordine delle domenicane. Quando Matisse inizia a progettarla aveva 73 anni. Lui stesso dirà “ ho iniziato i miei primi lavori con soggetti profani per finire la vita con quelli divini”.
Interamente progettata e decorata dall’artista è il luogo della luce, del vuoto e dell’infinito. Ogni particolare è disegnato e voluto da Matisse. Si accede alla cappella attraverso una piccola porta; l’altare, sopraelevato, è collocato in diagonale in modo da favorire il contatto tra il prete e i fedeli. Dentro, la luce e il bianco annullano la materia. ll blu del cielo, il verde dei prati e il giallo dei piccoli fiori che in questi giorni vedo sbocciare un po’ dappertutto sono gli stessi colori delle vetrate di questa cappella, che ti rende la stessa gioia la stessa energia della natura. Un unico inno alla vita.
In Svizzera la Pasqua è una festa di colori, conigli, pulcini e uova colorate, li troverete da tutte le parti, si decorano le case, i giardini e i piccoli villaggi . Sarà per questa atmosfera pasquale o forse perché ieri ho visto uscire di casa la mia vicina vestita da coniglia con un cestino pieno di uova che ho deciso di cominciare la settimana pescando tra le ricette quelle più curiose che ho fatto con le uova.
Ho scelto le uova nel panino.
La ricetta è facilissima e divertente.
I panini che dovrete usare sono le rosette.
Mentre scaldate il forno a 180 gradi tagliate la calotta superiore dei panini. Togliete la mollica e metteteci dentro un po’ di formaggio emmental o grattugiato .
In ognuno dei panini sgusciatevi un uovo e aggiungete un po’ di panna , sale e pepe.
Mettete in forno per 10-15 minuti. coprite i panini con le calotte tagliate e poi rimettete in forno ancora per altri 10 minuti .
Uova cotte e panini croccanti da servire a tavola.
Quando li servirete saranno davvero una sorpresa.
Non ce ne vogliano gli animalisti e i vegetariani, ma il pranzo di Pasqua non è lo stesso se sulla tavola non arriva almeno un pezzetto di agnello! La tradizione culinaria va di pari passo con la simbologia religiosa. L’agnello sacrificale, simbolo di legame e sottomissione al Buon Pastore, si immola da sempre nel periodo di Pasqua.
Il sacrificio dell’agnello esisteva in tutte le religioni antiche. E tale pratica ha ispirato gran parte dell’arte paleocristiana. Infatti all’epoca delle persecuzioni, si prediligeva la raffigurazione simbolica di Cristo in modo che solo gli iniziati potessero conoscere il senso delle immagini. Da qui il Buon Pastore attorniato dal suo gregge con la pecorella smarrita sulle spalle. Tutto ciò doveva evocare la pace promessa a coloro che vivono nel Cristo, doveva ricordare agli antichi cristiani che per coloro che erano battezzati la morte non poteva rappresentare altro che un momento di passaggio verso la quiete nell’attesa della risurrezione del corpo.
Nella Bibbia a più riprese si parla del sacrificio dell’agnello e nel nuovo testamento Cristo stesso diventa “l’agnello di Dio che toglie i peccati del mondo” (Gv 1,19).
Sull’Agnello simbolo del Cristo si potrebbero spendere fiumi di inchiostro, tanto che nell’antichità i Concili che vanno dal VI al X secolo combatterono l’eccessiva predilezione popolare della rappresentazione del Cristo in sembianze di agnello. Agnelli si trovano scolpiti nelle chiavi di volta (poiché illuminano la Città Santa), nei timpani delle cattedrali, inginocchiato, associato alla croce astata e al nimbo crucifero.
Dunque a coloro che non disdegnano la carne di agnello offriamo per questa Pasqua una ricetta semplicissima e gustosa, invitiamo coloro che non vogliono mangiarne a mettere sulla tavola di Pasqua almeno un agnellino di marzapane!
Agnello alla Patrizia
Ovvero filetto o costine di agnello in salsa alla menta menta (per 6)
un paio di filetti o 12 costine di agnello
1 mazzetto di menta fresca
3 cucchiai di mandorle tostate
succo di un limone
olio evo
pepe nero macinato
sale
Tritare con un frullatore (meglio a immersione) la menta, le mandorle, il succo del mezzo limone e il sale. Aggiungere a filo e lentamente l’olio fino a quando non si otterrà una salsa liscia e compatta che, se sembra troppo dura, si può allungare con un po’ (poca) acqua e aggiustare di sale e pepe.
Ricordate che l’agnello va scottato solo per un paio di minuti a fuoco vivo su ogni lato (l’interno deve rimanere rosa).
Presentate i piatti mettendo sul fondo il pesto di menta e adagiandovi sopra le fettine di agnello. C’est tout!
Approfittiamo, per augurare a tutti Buona Pasqua.
Anche noi ci prendiamo una pausa, ci ritroviamo tutti qui fra qualche giorno!
Di buone notizie ancora non ce ne sono molte, in questo mondo bisognoso di cambiamento e di speranza, ma questa settimana l’arrivo del nuovo Pontefice, Francesco, ha scaldato il cuore di molti.
Dunque adesso siamo pronti per vivere al meglio riti e tradizioni della Pasqua.Lasciatemi trascurare i riti sacri e per un attimo passiamo in rassegna qualche tradizione che ho scoperto da queste parti.
Qui da noi, in Svizzera, il tradizionale uovo sodo lo trovi già cotto e colorato al supermercato. Se però volessi decorarlo da solo, troveresti in vendita mille attrezzi incredibili per poterlo fare. Tra le invenzioni più geniali, a questo riguardo, c’è la siringa con la quale estrarre il tuorlo e l’albume e salvare il guscio. Oppure, se non sei bravo e non hai pazienza, puoi sempre attaccare sul guscio mille tipi di versi di adesivi colorati.
La tradizione vuole, poi, che come per il Natale si prepari anche l’albero di Pasqua. A tal fine, qui si usano dei rami che possono essere di nocciolo, di ulivo o di pesco. Si mettono in un vaso e si decorano con uova, campanelline pulcini o come si vuole. In Svizzera, inoltre, chi i pulcini e i conigli di Pasqua ama vederli vivi può sempre andare nell’Oberland di Zurigo, a visitare il museo di Olten dove ogni hanno preparano un piccolo zoo domestico, per l’occasione. Qui i bambini possono vedere e toccare pulcini e conigli veri e andare a cercarsi le uova che sono state nascoste nel museo. Le uova nascoste sono un bellissimo gioco, che ho imparato qui. Mi hanno detto che è il coniglio che le porta nelle case e le nasconde, sono i bambini poi che le devono trovare, appunto, nel giardino o in casa.
Nella città di Nyon, non distante da noi, per Pasqua si celebra anche un’altra tradizione antica di secoli: si rivestono le fontane con ghirlande di nastri e uova colorate per sottolineare il fatto che il gelo è ormai passato e l’acqua riprende a scorrere.
Insomma, è vero che le tradizioni cambiano e si evolvono, ma senza di esse le giornate dell’anno scorrerebbero piatte e monotone: niente divertimento e imprevisti bizzarri. Impossibile da immaginare!
Siamo a Pasqua? Allora recuperiamo qualche antica tradizione pasquale. Essendo italiani, la migliore tradizione che possiamo recuperare è quella culinaria, che ci assicura una forte identità in tutto il mondo.
Ecco perché oggi vi voglio dare la ricetta della Pastiera napoletana. Già proprio quella che fino a quando mi trovavo a casa producevo a vagonate con la mia mamma. Ricordo infatti che la settimana prima della Pasqua BISOGNAVA “fare la pastiera” e parenti e amici l’aspettavano con ansia, tutta bella impacchettata nella carta trasparente con qualche ovetto di cioccolata insieme al fiocco giallo!
La Pastiera è un dolce tipico partenopeo e come tutte le leccornie tipiche ha una storia antica ed intrigante.
La più antica parente della Pastiera moderna forse fu una focaccia rituale dell’epoca di Costantino che richiama l’offerta che i catecumeni facevano nella notte di Pasqua portando in processione latte e miele dopo essere stati battezzati.
L’attuale ricetta nacque probabilmente in convento. E pare che le suore del Convento di San Gregorio Armeno fossero vere e propri maestre nel confezionamento del dolce. Frutto della simbologia pasquale della Resurrezione la Pastiera raccoglie in se elementi con un profondo significato religioso: la ricotta bianca simbolo di purezza, i germogli di grano simbolo della rinascita dopo l’inverno, le uova anch’esse simbolo di nuova vita, profumi e spezie naturalmente dall’Asia.
La tradizione vuole che la Pastiera sia confezionata nella settimana che precede la Pasqua, al massimo entro il Giovedì Santo e guai a mangiarla prima della Domenica di Pasqua, infatti gli ingredienti e i loro profumi non sarebbero pronti… cioè i loro aromi non avrebbero ancora sprigionato il meglio di sé e contribuito a rendere questo dolce l’armonia di sapori che molti conoscono.
Naturalmente il giorno di Pasqua la Pastiera si deve mangiare direttamente dal tradizionale “ruoto” (io e la mia mamma avevamo adottato le teglie di alluminio usa e getta) perché la pastiera è un dolce delicato sotto tutti gli aspetti: richiede rispetto non può essere tolta dal recipiente in cui è stata cotta si rischia di spappolarla irrimediabilmente.
La ricetta in realtà è abbastanza semplice, sebbene un po’ lunga, la difficoltà vera è quella di reperire il GRANO COTTO, quell’ingrediente che rende questo dolce unico e irripetibile (quando si morde la crema di ricotta e i denti incontrano la delicata resistenza dei chicchi di grano, infatti, alcuni affermano di aver sentito musica celestiale!), che in realtà si può anche fare da soli ma che normalmente si trova in vasetti da 400/500 grammi (ormai grazie ad Internet immagino che si possa trovare ovunque).
Essendo praticamente una crostata è necessario prima di tutto confezionare il guscio che accoglierà la crema di ricotta e grano e fare una bella e morbida pasta frolla (ognuno ha la propria ricetta, con più o meno zucchero, con un cucchiaino di lievito oppure no insomma sbizzarritevi). una volta finito di impastare prendete la palla di pasta frolla e lasciatela riposare.
Ora se intanto avete trovato il grano cotto munitevi di
400 g di ricotta fresca (sarebbe meglio quella di pecora, saporita e asciutta, ma accontentavi di quello che trovate)
400 g di zucchero
400 g di grano cotto
6 uova
aroma fior d’arancio in gocce
buccia di un limone
50 g. di canditi misti (ma se li soffrite non metteteli!)
un pizzico di sale
un bicchiere di latte
E ora si inizia.
Innanzitutto aprite il vasetto di grano e mettetelo in un pentolino con il bicchiere di latte la scorza di limone e i fiori di arancio (questa è una variante di famiglia, ma fidatevi!). Lasciate scaldare dolcemente il tutto. Setacciate intanto la ricotta (setacciate non schiacciate perché in questo modo diventa una vera e propria crema). Dividete i rossi dai bianche delle uova. Montate lo zucchero con il rosso delle uova finché si gonfi di aria e diventi bianco (che fatica! se avete delle fruste elettriche usatele!). Unite ricotta, rossi delle uova montati con lo zucchero e i bianchi montati a neve ferma. A questo punto, dopo aver atteso il raffreddamento del grano, incorporatelo nell’impasto di ricotta. Aggiungete (se vi piacciono) i canditi (io non i metto perché figli e marito non li amano). Niente paura se il composto risulterà un po’ liquido (ma non troppo). Si solidificherà in forno.
Versate tutto nel guscio di pasta frolla che avrete tirato a circa mezzo centimetro e posizionato il una teglia tradizionalmente rotonda (ma non importa la forma) nella quale cuocerete la Pastiera. Decorate la superficie della Pastiera come fareste con una crostata, incrociando le strisce di pasta frolla che vi è avanzata. Mettete poi il dolce in forno preriscaldato a 180° per un’ora.
Una volta cotta aspettate che sia fredda e spolverizzatela con abbondante zucchero al velo… e mi raccomando mangiatela non prima di Pasqua.
Tanti auguri!