La natività di Caravaggio

Caravaggio, Natività con i santi Francesco e Lorenzo,1609

Può capitare a volte di entrare in Libreria  e scegliere un libro di cui non hai mai sentito parlare, perché ti ha incuriosito il titolo o perché sei interessato al  soggetto. Non sempre hai fortuna, ma a me è andata bene l’ultima volta che lo ho fatto. Ero in Italia.  I libri li prendo in Italia perché, ahimè, tra Ginevra e Losanna non esiste una libreria italiana (solo piccolissime sezioni in librerie che dedicano invece largo spazio al tedesco e all’inglese). Il libro, edito dalla Sellerio, ha come titolo Il Caravaggio rubato. E’ scritto da Luca Scarlini.

L’opera è sotto forma di inchiesta e tratta del furto della Natività di Caravaggio, avvenuto nel 1969, nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo.  Scarlini nel libro racconta i fatti relativi al furto e dimostra come essi si leghino all’ambiente siciliano e alla mafia.  Parla anche della divisione profonda, nelle scelte di tutela e prevenzione, tra la chiesa e lo stato. Leggendo il libro si ripercorre tutta la vicenda, sottolineando come tra il 1967 e 1969 i furti di opere d’arte in Sicilia siano stati in costante  ascesa.

Nel libro si analizza la storia del furto. Nelle prime pagine si trova una bella descrizione del quadro. L’autore prosegue poi con un capitolo intitolato “Il lamento della tela”, dove prova a calarsi nei sentimenti della tela allorquando  i ladri la ritagliano dalla cornice, la arrotolano e la portano via. Non si è mai saputo chi lo abbia rubato, perché lo abbia fatto e dove si trovi adesso il grande dipinto. Nel libro si formulano diverse ipotesi sul furto, passando dalla più accreditata idea di un furto compiuto dalla mafia, a quella di  un amante dell’arte, o all’atto commesso per ottenere un riscatto.

L’autore scrive: “ la Natività di Caravaggio rapito racconta molte storie: narra del degrado di una città in uno dei suoi periodi più terribili(…) Parla però anche di un problema nazionale che negli stessi tempi divampa con una violenza mai vista prima”.

Tanto è tragica la storia della Natività quanto lo è quella della Sicilia e quanto lo è stata la vita di Caravaggio, coi suoi ultimi anni trascorsi in fuga tra Malta, Sicilia e Napoli.

L’uomo è un albero del campo

Per me l’ULIVO è come un nonno, con il tronco corto e contorto, rugoso, arcigno e ben piantato, non ha delle fronde rigogliose, le sue foglie lanceolate sono verdi e grigie ma nell’insieme e da lontano i suoi colori ricordano l’argento. E’ una pianta longeva cosicché gli ulivi più vecchi hanno visto tanta storia passare. E’ una pianta generosa: non manca mai di dar frutto.

Da sempre è simbolo della pace. Per le nostre tradizioni è anche segno di  rinascita di riconciliazione tra gli uomini e Dio. Tutti infatti ricordano la colomba con in  becco un ramoscello di ULIVO quando vola verso Noè per avvisare la fine del Diluvio.

Originario dell’Asia Minore l’ULIVO è come il patriarca della cultura mediterranea che unisce tutti i paesi affacciati    sul mediterraneo. E’ sacro per i cristiani e per gli ebrei e per i musulmani.

Dall’ULIVO già i fenici, i greci e i cartaginesi commerciavano l’olio usato come alimento ma anche come unguento per il corpo o per l’illuminazione, come alimento per le lucerne..

In arte l’ULIVO ha trovato sempre un posto importante basta ricordare i ramoscelli di ulivi tenuti in mano dagli angeli dipinti nella Natività mistica  di Sandro  Botticelli (1501 National Gallery di Londra ) o ancora la bella testa di Pallade, nel dipinto  Pallade e il centauro sempre di botticelli, cinta di una corona d’ulivo.

E anche ai nostri giorni richiama l’attenzione de gli artisti. Tra gli altri, ricordiamo l’artista israeliano Dani Karavan e il suo lavoro Tzmicha-Crescita del 2001-2002 realizzato per il parco della Padula a Carrara durante la XI Biennale Internazionale di scultura.

In questo lavoro l’artista ha provocato un’esplosione in una  lastra di marmo, creando un vuoto al centro nel quale ha piantato un albero di ULIVO.  Da un’atto violento come un’esplosione si è generato  uno spazio per la pace.

Così ha detto l’artista “le sue foglie sono verdi e grigie l’albero legherà la scultura al luogo, le sue radici legheranno il marmo con la terra, e se un giorno qualcuno vorrà spostare la scultura dovrà sradicare anche l’albero: l’ulivo”.

Sulla lastra si trova incisa  una frase in ebraico dalla Bibbia : “l’uomo è un albero del campo Deuteronomio 20.19.