Piccoli grandi musei: un’idea per le prossime vacanze

Anghiari, La tavola Doria
Anghiari, La tavola Doria

Ecco un itinerario per le vacanze per l’estate o da rimandare al prossimo autunno. L’idea è di andare a zonzo in quella terra tra Umbria e Toscana, denominata Valtiberina, dove si trovano piccoli musei che sono veri e propri scrigni di opere d’arte.

E’ in quest’area infatti che la regione Umbria e la regione Toscana hanno collaborato, assieme all’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, per organizzare un percorso espositivo a tappe intitolato Capolavori in Valtiberina, da Piero della Francesca a Burri (16 giugno-3 novembre).

Piero della Francesca, La Madonna del Parto
Piero della Francesca, La Madonna del Parto

Beh, immaginatevi di  partire da Monterchi, dove vi augura buon viaggio la Madonna del Parto, di Piero della Francesca, per poi arrivare a Sansepolcro, città natale dello stesso Piero della Francesca, dove vedrete nel Museo Civico l’affresco della Resurrezione e il Polittico della Misericordia. La tappa successiva  vi dovrebbe portare ad Anghiari, definito un museo all’aria aperta: un borgo medievale fortificato che domina l’intera Valtiberina. Il luogo è famoso per la battaglia che fu vinta dai fiorentini nel 1440 contro i milanesi, ma ancor più per l’affresco (oggi perduto) che la rappresentò, dipinto da Leonardo da Vinci in  Palazzo Vecchio a Firenze. E ad Anghiari, nel Palazzo Taglieschi, potrete vedere la Tavola Doria, un bozzetto ad olio dei primi anni del Cinquecento, che riproduce proprio la parte centrale di quell’affresco leonardesco perduto. Questa tavola, realizzata nella prima metà del XVI secolo, era stata rubata a Napoli negli anni Quaranta e solo dopo settanta anni  è stata ritrovata in Giappone e riportata in Italia.

Ancora immersi nell’arte del Quattrocento e del Cinquecento, incontrerete anche le opere di Rosso Fiorentino (Firenze 1495-Fontainebleau 1540), esponente principale del manierismo fiorentino, che lavorò sia a San  Sepolcro – dove quindi potete ammirare, nella chiesa di San Lorenzo, la Deposizione – che a Città di Castello, nel cui Museo del Duomo c’è  il celebre Cristo risorto in gloria.

Rosso Fiorentino, La deposizione, San Sepolcro
Rosso Fiorentino, La deposizione, Chiesa di san Lorenzo, San Sepolcro

Dopo tante immagini del passato, l’ultima tappa consigliata dal percorso è una tappa d’arte contemporanea. Infatti scoprirete che Città di Castello ha dato i natali  all’artista Alberto Burri (Città di Castello 1915-Nizza 1995) e ora ospita la sua fondazione, collocata sia nel centro della città, in palazzo Albizzini, che poco fuori città, negli ex Essiccatoi del tabacco. Burri rimane una gloria italiana del secolo passato. Fin dall’indomani del secondo conflitto mondiale, ha fatto arte parlando con la materia: l’ha bruciata, tagliata, cucita. Sia che fosse plastica, iuta o legno si è comportato con essa come fosse un materiale antico e l’ha plasmata in opere che stanno tranquillamente a colloquio con l’arte del rinascimento.

Alberto Burri
Alberto Burri

Burri è italiano ma il suo linguaggio è internazionale e di questi tempi, agli ex essiccatoi, potrete trovare un omaggio dell’artista tedesco Anselm  Kiefer, che si è messo in relazione e in colloquio con le opere del grande artista italiano ( la mostra infatti si intitola Anselm Kiefer, presenza-omaggio per Alberto Burri).

Tutto questo ben di Dio è sul territorio e chi volesse seguire al meglio l’itinerario può andare sul sito http://www.piccoligranimusei.it. Durante i fine settimana, vengono organizzate visite guidate con speciali itinerari d’arte, storia e artigianato.

Il mistero dell’affresco perduto….

Gli ingredienti per un grande giallo ci sono tutti.

Un affresco scomparso, uno studioso ossessionato dal dipinto perduto, un indizio sibillino posto in un angolo dell’affresco che potrebbe aver ricoperto il capolavoro, fatto da una bandierina con una scritta enigmatica: «cerca trova».

Parliamo dell’affresco della Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci, di cui da secoli si sono perse le tracce.

Il dipinto è appunto una celebrazione della battaglia combattuta ad Anghiari e vinta dai Fiorentini nel 1440 contro i Milanesi. La battaglia fu di poca rilevanza bellica, tuttavia di grande importanza politica, in quanto i fiorentini non persero la sovranità sulla loro terra (Machiavelli la ricorda con queste parole ironiche : “Ed in tanta rotta e in si lunga zuffa che durò dalle venti alle ventiquattro ore, non vi morì che un uomo, il quale non di ferite ne d’altro virtuoso colpo, ma caduto da cavallo e calpesto spirò”).

Poiché la battaglia consacrò Firenze a grande potenza egemone nell’Italia centrale, i Magistrati della città, e precisamente Pier Soderini, Gonfaloniere della Repubblica, nel 1503 assegnò a Leonardo da Vinci il compito di dipingerla in un grande affresco, su una delle pareti della Sala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio. Questa prestigiosa commessa diede a Leonardo la possibilità di sperimentare nuove tecniche pittoriche, che tuttavia si rivelarono fallimentari. Infatti il dipinto fin da subito risultò compromesso a causa di un complesso processo di essiccamento. Sebbene lo stesso Leonardo non volle terminare l’affresco, tuttavia esso fu conservato per alcuni anni e i suoi contemporanei poterono ammirarlo o, per lo meno, ammirarne i cartoni, se è vero che Rubens lo riprodusse nel dipinto oggi conservato al Louvre e Biagio di Antoio poté farne uno studio, che oggi è alla National Gallery of Ireland di Dublino.

A metà del 1500 i governo fiorentino decise un rinnovamento della grande sala e i dipinti esistenti furono rimpiazzati dall’opera del Vasari. A questo punto si persero le tracce dell’affresco, immaginando che l’opera fosse irrimediabilmente perduta, cancellata per fare posto alla nuova decorazione.

Ma l’ingegner Maurizio Seracini fondatore del CISA3 (Center of Interdisciplinary Science for Art, Architecture and Archaeology) dell’Università della California di San Diego, non la pensava così. E questo caparbio personaggio per trent’anni ha percorso una strada differente alla ricerca di tracce dell’antico affresco di Leonardo.  L’ingegnere, convinto che il dipinto (o parte di esso) debba trovarsi proprio nel luogo dove era stato destinato, ha compiuto nel corso degli anni una serie di delicati rilevamenti che sembrano dargli ragione. Raggiunto recentemente attraverso una sonda il muro sottostante al dipinto del Vasari, sono stati raccolti dei campioni interessanti. L’ulteriore analisi su un campione di colore nero ha rivelato la compatibilità di quest’ultimo con il colore nero utilizzato per la Gioconda e per il San Giovanni del Louvre.

Il mistero dunque continua e noi, assuefatti agli intrighi di Dan Brown, aspettiamo con ansia il risultato delle ricerche chiedendoci però, e anche un tantino preoccupati, se l’affresco perduto dovesse veramente trovarsi sotto il dipinto del Vasari, che si potrà fare?