La sala di lettura

Roberto Barni
Roberto Barni

Chi non ha amato Il buio oltre la siepe, che se non è stato letto è stato almeno goduto come adattamento cinematografico che valse al protagonista Gregory Peck l’oscar come miglior attore nel 1962?

L’autrice di To kill a Mokingbird, titolo originale del romanzo, Harper Lee vinse nel 1961, proprio per questa sua fatica, l’ambito Premio Pulitzer.

Il buio oltre la siepe è stato fin dalla sua prima uscita un best seller internazionale con oltre 30 milioni di copie vendute e, addirittura, nel 1999 fu eletto miglior romanzo del secolo.

Vuoi perché la voce narrante e la prospettiva dell’intero romanzo sono quelli di una bambina, vuoi perché attraverso i suoi occhi vengono toccati dall’autrice i temi “caldi” dell’America degli anni 30 con le sue lotte sociali e razziali, il libro ha un respiro che solo le grandi opere hanno.

A luglio, a cinquant’anni dalla pubblicazione del primo romanzo, per il piacere di tutti coloro che lo hanno amato, uscirà l’atteso seguito delle avventure di Atticus e Scout: Go Set a Watchman. La particolarità di questo inedito lavoro di Harper Lee è che in realtà non si tratta di un “nuovo” romanzo scritto dall’ormai ottantottenne autrice. Infatti questo era il romanzo che originariamente era stato presentato alla casa editrice per la pubblicazione. Ma l’editor convinse la Harper a rielaborare alcuni flashback contenuti nella storia e così nacque Il buio oltre la siepe. Il manoscritto è stato riscoperto nell’autunno del 2014, attaccato al dattiloscritto originale di To kill a Mokingbird. Neppure l’autrice sapeva che lo scritto originale non era andato distrutto e dopo qualche tentennamento, su consiglio di amici fidati, ha acconsentito alla sua pubblicazione. Pochissime sono le indiscrezioni sul questo nuovo romanzo. Da lettori non ci rimane che sperare che possa ricreare la magia già vissuta con Il buio oltre la siepe.

Bliss point

cibo prontoAbbiamo già altrove rilevato la nuova fissazione mediatica per il cibo e per la cucina, attraverso la proliferazione esponenziale di programmi, libri, magazine, reality, incentrati su questo argomento. Ma forse stimolare il palato del pubblico, non è necessariamente deleterio! Incoraggiare la fantasia culinaria e insegnare a cucinare a casa in modo sano e leggero può forse salvarci dalle manipolazioni delle multinazionali del cibo svelate da Michael Moss, già premio Pulitzer e redattore del New York Times, nel suo recente libro Grassi, dolci, salati. Come l’industria alimentare ci ha ingannato e continua a farlo, Mondadori, Milano 2014.

Grassi, sale, zucchero sono il mantra utilizzato dalle industrie del “cibo” non solo per accalappiare il consumatore, ma per renderlo potenzialmente compulsivo, per spingerlo a mangiare e bere e mangiare e bere, senza soluzione di continuità. La sfida di questi colossi industriali è quella di giungere a ciò che Moss definisce il bliss point, cioè il “punto di beatitudine”, il momento dell’appagamento totale attraverso il cibo, quando cioè il cibo si trasforma in una vera e propria droga. E non è casuale. Non si tratta della merendina, del pacchetto di patatine, della bevanda riuscite per caso particolarmente buone, si tratta di studio attento, di un preciso lavoro di laboratorio atto a stabilire con attenzione le quantità di grasso, dolce e salato perfette per colpire le papille gustative. Tutti i prodotti industriali sono progettati per indurre una certa dipendenza.

L’aggiunta di zucchero in ogni preparazione (anche salata e viceversa), la polverizzazione del sale per colpire in modo più diretto i sensori del gusto, la presenza di grandi quantità di grassi dannosi per l’organismo sono accompagnati da seducenti “textures”, cioè una particolare consistenza sotto i denti o sul palato, la finta fragranza (il crunch o crock) data dal rumore dell’alimento durante la masticazione, l’impatto gustativo dirompente al primo morso che lascia velocemente spazio ad un boccone successivo. E ancora pubblicità ingannevoli e pressanti, tutto insomma induce il consumatore a non poter fare a meno di questo tipo di prodotto consolatorio.

Fidiamoci dunque della nonna e della mamma, dei buoni, vecchi consigli culinari e delle ricette che non si svelavano al di fuori della cerchia familiare, ne va della nostra salute.