Uomini o ciclopi?

Ho visto una meravigliosa trasposizione teatrale dell’odissea ad opera di Robert Wilson coprodotto con il Piccolo Teatro di Milano e il National Theatre of Greece.

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Si recitava in greco moderno con i sottotitoli in alto , su uno schermo ben visibile. Una parola risuonava in moltissime scene, dato che Odisseo gira disperato per terre lontane: si tratta di philoxenia, ossia ospitalità. Per i greci antichi e moderni il termine era lo stesso: deriva da due altre parole Phila (amicizia amore) e xenos (straniero). Ospitalità vuole e voleva dire offrire amicizia allo straniero. Per Omero, il mondo barbarico e bestiale dei Ciclopi si contrapponeva a quello civile e giusto degli esseri umani,dal  momento che questi ultimi ritenevano un dovere naturale e anche un grande onore offrire ospitalità al viandante. Tutta l’Odissea è permeata di questo concetto.

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Mai come oggi il tema dell’ospitalità ci pone davanti la scelta: essere ciclopi o persone civilizzate.

Poi penso alla storia del panettiere di Kos greco di oggi ( di cui abbiamo raccontato il 12 ottobre) , che si comporta esattamente come Penelope e Telemaco: se uno straniero arriva alla sua isola, lui gli offre il pane e ogni giorno lo fa per tantissime persone. Senza chiedersi perchè, si fa cosi e basta: questo è l’atteggiamento di chi discende da Odisseo.

Questo spettacolo non va perso sarà a Milano ancora fino al 31 ottobre.

Venti di guerra

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1914, spettacolo di Robert Wilson

Spirano venti di guerra dalle nostre parti. Libia, Ucraina, Medio Oriente. Come sempre in questi casi i fautori dell’intervento e quelli che sostengono le ragioni del dialogo. Ma nessuno che parli di una cosa fondamentale: ogni guerra è in se stessa assurdamente crudele. In guerra pochi decidono della vita di molti e magari si sentono anche la coscienza a posto. I media parlano di intervento e si improvvisano esperti di cose militari, senza dire che l’unica certezza è la sofferenza più atroce per chi si ritrova, in una maniera o nell’altra, nei combattimenti.

1914, messa in scena , scenografia e luci di Robert Wilson
1914, messa in scena , scenografia e luci di Robert Wilson

Già durante e all’indomani della prima Guerra mondiale ne avevano parlato due scrittori diversissimi: Jaroslav Hasek e Karl Kraus. Ceco il primo, austriaco il secondo. Hasek era un umorista che prese ferocemente per i fondelli le gerarchie militari, assieme alla retorica della guerra giusta, nella celebre opera il Buon soldato Sc’veik. Kraus era un intellettuale e un polemista formidabile che si scagliò contro le menzogne del potere e della stampa di allora sulla guerra: non c’era niente di giusto in essa, solo orrore cieco e irrefrenabile.

1914, Robert Wilson
1914, messa in scena, scenografia e luci Robert Wilson

Avevano ragione questi due esseri inferociti: la prima guerra mondiale fu un’inutile carneficina.

Ce lo ha ricordato un magnifico spettacolo teatrale di Robert Wilson, prodotto l’anno scorso in occasione del centenario della prima guerra mondiale: si chiama 1914. E’ basato proprio sui lavori di questi scrittori. La parte di Hasek è burlesca e recitata in costumi e scenografie splendidi, con le assurdità geniali del soldato Sc’veik che ridicolizza ogni istituzione legata alla guerra; quella di Kraus è durissima, con una figura femminile che appare nerovestita sul palco e si muove come la Morte ne Il settimo sigillo di Bergman, recitando parole che riportano alla crudezza della realtà di ogni conflitto. A un certo punto il teatro è invaso da fumi di scena, con i personaggi che cantano e avanzano a ritmo di musica dal fondo della scena, indossando maschere antigas. Nello spettacolo le luci e le scene erano un’opera d’arte visiva,  e per certi versi  si provava la stessa emozione di vedere l’arte contemporanea fusa con l’arte del teatro. La prima dello spettacolo è stata presentata da pochi giorni al Festival Scenes d’Europe a Reims, indimenticabile. images