Santi

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Donatello, Maria Maddalena, 1457

Nello sterminato campo dell’iconografia dei santi, una figura mi ha sempre attratto è quella di Maria Maddalena. In verità si tratta di raffigurazioni che si riferiscono a persone diverse, sempre nell’ambito della narrazione evangelica. Conosciamo infatti due persone con questo nome: quella che unse i piedi di Gesù nella casa di Simone il Fariseo e la sorella di Marta di Betania, Maria di Magdala. Maria di Magdala è una delle tre donne che la mattina dopo il sabato si recarono al sepolcro per ungere il corpo di Gesu’;  fu lei che vide il risorto, ancor prima degli apostoli.  E’ santa sia per la Chiesa d’Oriente e per quella d’Occidente: si festeggia il 22 luglio e protegge i profumieri, in ragione del vaso di unguenti con cui viene sempre ritratta.

L’altra è la donna risoluta che, in un momento difficile e doloroso della sua vita, viene salvata dall’incontro con  Gesù. Quell’incontro cambia completamente la sua vita (di qui le cretinerie alla Dan Brown sul suo rapporto con Gesu’).

Nell’iconografia, dicevamo, esse assumono tanti aspetti, come se la tradizione le avesse un po’ confuse fra loro.

Abbiamo, ad esempio, quello della donna anziana, scheletrica, dai lunghi capelli, penitente e con le mani giunte in preghiera. Scolpita nel legno da Donatello, questa è una Maddalena ormai lontana dalla sua vita passata: ha abbandonato tutte le preoccupazioni umane.   

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Georges de La Tour, La Maddalena penitente, 1638-1643, New York , Metropolitan

Oppure quello della donna  seduta con i lunghi capelli sciolti, visibile solo per tre quarti, mentre si guarda allo specchio,  in una penombra appena illuminata dalla luce di una candela consumata . E’ una donna che medita pensa alla brevità della vita e al tempo che passa. Questa è La Maddalena di Georges La Tour (1638-1643); lo specchio è il simbolo della vanità, la candela per metà consumata è il segno della vita che si consuma, il teschio che tiene sulle ginocchia indica una riflessione sulla morte.

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Caravaggio, Maddalena, 1596-97, Roma, Galleria Doria Pamphili

Infine Maddalena è quella ragazza semplice rappresentata da Caravaggio (1596-1597) seduta in posa rannicchiata, da sola, su una sedia bassa, con la testa inclinata e lo sguardo mesto. Anch’essa, abbracciata dai lunghi capelli, porta in grembo un vaso d’unguento. Per terra, dei gioielli sparsi, come abbandonati in segno di disprezzo per la ricchezza.

  

Pellegrini… non per caso!

Itinerarium Egeriae ad loca sanctaHo viaggiato un intero giorno per ritornare a casa. Sono passata da aeroporti affollati, ho aspettato pazientemente il decollo, seduta diligentemente al mio posto, in un aereo che ha impiegato più di un’ora per avere l’ok e volare via, e mi è sembrato un ritorno faticoso e difficile.
Per caso durante la lunga attesa ho letto, nell’immancabile e spiegazzato giornaletto contenuto nella tasca del sedile anteriore, un interessante e strano, per collocazione, articolo e che ha risvegliato i miei ricordi storici e mi dà oggi l’occasione di parlare di una figura decisamente singolare.
Vorrei, infatti, raccontare di una donna, molto lontana cronologicamente, ma straordinariamente vicina quanto a spirito e iniziativa.
Una donna di cui non si conosce con esattezza identità, provenienza e stato, ma che ha compiuto un’impresa titanica. Il nome con il quale è conosciuta è Egeria, ed è nota per aver compiuto un lunghissimo pellegrinaggio fra i luoghi del giudaismo e del cristianesimo, di cui fu relatrice attenta, curiosa ed entusiasta tradendo un grandissimo interesse storico, linguistico, liturgico, religioso, antiquario e biblico, quanto mai singolare in un’epoca così remota, soprattutto per una donna.
Gerusalemme carta da Madaba
Vorrei parlarvi, brevemente, di una viaggiatrice ante litteram la cui storia è giunta a noi in modo fortunoso.
Il manoscritto contenente le peregrinazioni di questa donna straordinaria infatti fu ritrovato ad Arezzo nel 1887, proveniente dalla biblioteca del Monastero di Montecassino, fortemente mutilo, fra le altre curiosità lo scritto servì a Pietro Diacono (XII secolo) come fonte per la realizzazione di un trattato sui luoghi santi.il viaggio di Egeria
Si tratta di un’opera letteraria in lingua latina “volgare”, cioè priva di quelle espressioni classiche che si addicevano ad un buon documento. Tuttavia proprio questo latino volgare ricco di espressioni popolari ci dà la misura della curiosità e della capacità di osservazione dell’autrice. La figura di Egeria ha appassionato generazioni di studiosi. Nulla si conosce di lei con esattezza. Forse compì il suo viaggio intorno al 381, forse fu una monaca (lo si evince dal rispetto che suscitava fra vescovi e prelati che incontrò) ma potrebbe essere stata una ricca e influente signora, forse di stirpe regale, forse proveniente dalla Spagna, il suo carattere, la sua forza e la sua determinazione si intuiscono mano mano si procede nella lettura dei suoi scritti, delle sue descrizioni di luoghi, persone e azioni. Lucida, colta, curiosa Egeria intraprese un viaggio attraverso il Medio Oriente che la portò consapevolmente sulle orme non solo degli Apostoli e dei primi martiri, ma dello stesso Gesù Cristo. In nave fino a Costantinopoli e poi a piedi o a cavallo o su battelli, attraverso la Palestina, l’Egitto, la Fenicia, la Mesopotamia, l’Arabia.
L’ Itinerarium Egeriae ad Loca Sancta durò circa quattro anni, durante i quali la nostra misteriosa viaggiatrice toccò tutte le tappe più importanti dei luoghi citati nella Bibbia e nei Vangeli.
Al di là dell’itinerario scelto da questa donna coraggiosa, spinta da una profonda fede che la portò ad affrontare indicibili fatiche soprattutto per una donna, il tratto saliente della sua personalità è quello che caratterizza da sempre i viaggiatori che compiono con profonda curiosità e senza alcun pregiudizio ogni passo del loro lungo cammino.
Perché parlarne oggi? perché possiamo trovare nei suoi resoconti uno spirito moderno e una curiosità culturale che ancora oggi possono fare la differenza tra i viaggiatori e i turisti!