Cookisto e il consumo collaborativo

Il logo di Cookisto
Il logo di Cookisto

Innanzitutto due parole sul significato di “consumo collaborativo”.

All’indomani della grande crisi economica del 2008 si è moltiplicato nel mondo il concetto che l’utilizzo condiviso dei beni di consumo, poteva essere la via vincente per uscire dall’impasse. La condivisione (sharing), il baratto (bartering), il prestito (lending), il commercio (trading), il noleggio (renting), la donazione (gifting) e lo scambio (swapping) potevano essere reinventati e si è fatta largo l’idea che invece di dissanguarsi per acquistare beni o servizi, essi potevano essere messi a disposizione di coloro che ne avevano bisogno da coloro che ne possedevano, attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. Mutuato dal linguaggio informatico è nato il P2P (peer to peer) una rete condivisa d’informazioni e materiali concordata tra i vari utenti, irrealizzabile solo fino a dieci anni fa, in quanto con le nuove tecnologie è possibile garantire piattaforme affidabili per le transazioni e, soprattutto, creare attorno a questi nuovi prodotti delle comunità affidabili. Questo in poche parole il significato di consumo collaborativo. Questo modello economico è stato applicato con successo alla mobilità e sono nati Lyft (ride-sharing), Liquidspace (space rental) e Taskrabbit (deliveries and errands); e al turismo con, ad esempio,  Airbnb (bed and breakfast).

Nessuno aveva ancora pensato di applicare il consumo collaborativo alla cucina! E personalmente trovo questa idea davvero geniale.

Il format, forse lo possiamo chiamare così, é nato da una reale esigenza. Infatti il fondatore di Cookisto, il giovane greco Michalis Gkontas, studente di economia all’estero, trovandosi in critiche ristrettezze economiche e incapace di produrre alcunché di commestibile, ha l’idea di creare una comunità di cuochi basata sulla fiducia, che, per una manciata di spiccioli, cucina per coloro che non sanno o non hanno il tempo o la voglia di cucinare. Tutto funziona grazie a Internet. Infatti basta rintracciare il cuoco (anche la casalinga del piano di sotto che ha fatto troppi gnocchi per la famiglia ed è quindi disposta a vendere la soverchia quantità di cibo) più vicino alla tua zona, mettersi d’accordo sul prezzo (ripeto pochi spiccioli), su come ritirare il cibo e il gioco è fatto.

Si parla soprattutto di fiducia (infatti è impossibile monitorare parametri quale l’igiene o la bontà delle materie prime) e dunque la comunità di Cookisto è formata da una parte da inguaribili golosi che non hanno la possibilità per qualsiasi ragione di cucinare e dall’altra da volenterosi cuochi disposti a cucinare in modo sano e (si spera) genuino.

Cookisto 2

La novità è che non esistono mediazioni. Una volta che ti sei aggiunto alla comunità hai un contatto diretto con “l’altro” sia esso cuoco o mangione! Puoi ordinare i tuoi piatti preferiti o proporre i menu in cui sei più forte accedendo al sito e poi attraveso via e-mail, facebook o twitter definire i dettagli.

Cookisto è diventato in breve tempo una realtà in Grecia, tanto che il modello sta per essere esportato nel Regno Unito e probabilmente da lì ovunque.

In attesa di potervi accedere anche qui, devo mio malgrado dedicarmi anche questa sera alla cucina!

La gratiferia sbarca in Europa

Un mercatino delle pulci con verdure… dove ognuno può portare ciò di cui non ha più bisogno, in buono stato s’intende, con banchetti di fortuna o con la merce disposta su teli colorati. Ognuno si arrangia come può.

Ma cosa c’è di differente fra questo mercatino e altri simili in giro per il mondo? Qui la merce esposta è tutta gratuita, ognuno può passare e servirsi di ciò che ha bisogno (anche in questo evidentemente bisogna avere il buon gusto di non presentarsi con i camioncino e il rimorchio!). Assolutamente vietati, non solo la moneta, ma anche gli scambi e i baratti.

Nata in Agentina, quella della gratiferia non é una semplice moda dettata dai tempi difficili, ma una vera e propria filosofia. È la parte più visibile di un movimento socio politico culturale ed economico in cui, attraverso la liberazione dall’eccesso materiale, si raggiunge la felicità di tutti: « un mercato in cui nessuno si riempie le tasche, ma allo stesso tempo nessuno va via a tasche vuote » come recitano i sostenitori della gratiferia.

Ariel Rodriguez Bosio autoproclamatosi padre spirituale di questa nuova forma di fiera afferma in un video postato su YT che tale idea intende portare alla « liberazione materiale » al fine di sganciarsi « dalla oppressione del sistema economico ». Far « girare » ciò di cui non abbiamo più bisogno, ma che potrebbe servire ad altri, combattendo la tendenza ad accumulare senza sosta qualsiasi bene materiale, sul lungo periodo minimizzerebbe l’impatto ambientale che la domanda di beni e la conseguente produzione determina, e produrrebbe un beneficio anche a livello ambientale con un minore volume di rifiuti.

Il movimento si sta espandendo a macchia d’olio dal sud America è giunto negli Stati Uniti, in Canada e ultimamente è sbarcato anche nel Vecchio Continente.

Una cosa è certa, ovunque si parli di gratiferia l’accento cade sullo scambio di beni « attraverso l’amore », questi mercatini sono un luogo in cui si dona per il piacere di farlo non in attesa di una contropartita, un concetto un po’ decaduto nella nostra società.

Utopia o le cose stanno davvero cambiando?