L’oblio e l’identità dei popoli

Minareto di AleppoVorremmo parlare brevemente e in modo differente dal solito della guerra civile in Siria. Il grido di dolore lanciato da Papa Francesco per fermare la strage, soprattutto dei i più piccoli (finora si stimano 8000 bambini morti), sovrasta ogni nostra possibile riflessione e da’ la misura della strage che si sta compiendo in quella terra. Neppure vogliamo prendere in considerazione le ragioni di una parte o dell’altra convinti che, comunque, una guerra con il carico di orrore che si trascina dietro non è mai giustificabile.

Vogliamo affrontare l’argomento da un altro punto di vista, infinitamente meno importante rispetto alla perdita di vite umane, ma che può far capire come, preso nella morsa degli eventi, un intero popolo possa dimenticare se stesso e la propria identità.

Identità che è scritta nella cultura, nell’arte, nei monumenti prodotti nei secoli che modellano le città e le rendono uniche. Cosa sremmo noi senza un Colosseo, senza una basilica di San’Ambrogio, senza una mole Antonelliana: infatti quel filo che ci unisce al passato e che ci rende unici senza di loro sarebbe irrimediabilmente reciso.

Purtroppo questo é ciò che sta accadendo in Siria. È di ieri la notizia che l’antico minareto della Grande Moschea Omayyade di Aleppo è stato distrutto. Simbolo di un’intera nazione, proclamato patrimonio dell’umanità dall’Unesco è stato abbattuto, forse per errore, il che rende ancora più tragico l’accaduto, come se non si trattasse di un pezzo della storia siriana, come se non appartenesse a quel popolo.

Sul sito dell’Unesco si legge che la città vecchia di Aleppo riflette le ricche e diverse culture che in essa si sono non solo sviluppate, ma susseguite. Resti che risalgono agli Ittiti, all’epoca ellenistica, romana, bizantina si mescolano con più recenti costruzioni arabe. La Grande Mosche fondata dagli Omayyadi nel 715 e ricostruita totalmente nel XII secolo, si trova in un fitto tessuto di suqs, khan e madrase (scuole coraniche) fra le quali la più famosa è quella che racchiude le vestigia dell’antica cattedrale cristiana di Aleppo: la madrasa Halawiye. Sulla moschea fino ad oggi svettava il minareto dei Mamelucchi, che era stato costruito nel 1090 ed era sopravvisuto a saccheggi e catastrofi naturali, con la sua forma sottile e le sue iscrizioni cufiche, splendido esempio di architettura araba.

Su tutto ciò ha prevalso l’oblio, l’odio di parte, un pezzo della storia siriana è stato cancellato e noi non possiamo fare altro che rammaricarci della perdita, ma ancora prima di questo, non possiamo che provare orrore e dolore per un popolo che ha perso se stesso e che, speriamo, possa presto riprendere a vivere.

… ci piace

Ci piace, ma si poteva fare di più, l’accordo sottoscritto ieri a Ginevra per tentare di normalizzare la situazione della Siria. Sebbene Kofi Hannan, negoziatore fra le parti in causa avesse suggerito una più severa risoluzione dell’ONU che favorisse la transizione a un governo nazionale, impedendo ad Assad di parteciparvi, il veto di Mosca ha fatto fare marcia indietro, dimostrando i troppi interessi della Russia in Siria.
Finalmente, sebbene viziata da questo compromesso, pare che la comunità internazionale si sia accorta delle stragi e delle centinaia di morti che questo strascico della “primavera araba” ha creato in quella regione.

Da donna a donna

Asma AssadA metà aprile è stato postato su You Tube un importante appello. Le mogli degli ambasciatori tedesco e britannico presso l’ONU a New York, Huberta von Voss Wittig e Sheila Lyall Grant, si sono messe personalmente in gioco inviando una lettera pubblica alla moglie del leader siriano Bashar al-Assad, Asma, pregandola di intervenire presso il marito per fermare il massacro che si sta perpetrando nella regione.

Il video di quattro minuti si rivolge direttamente alla moglie del premier nata ed educata in UK, che é sempre stata attiva nella promozione della figura all’estero di Bashar. Icona di bellezza ed eleganza, Asma era il volto rassicurante che fungeva da trait d’union fra il regime medio orientale e l’occidente. Attivissima presso il suo popolo, all’inizio del 2012 aveva stupito tutti supportando, attraverso una lettera al Times di Londra, la dura linea repressiva del marito.

Alcuni osservatori ne avevano giustificato l’atteggiamento affermando che come moglie di un premier non avrebbe potuto e dovuto fare altro… ma la storia è piena di donne che con coraggio si sono ribellate allo staus quo innescando circoli vituosi. È prerogativa femminile.

Il filmato su You Tube è duro, molto duro, e invita tutti a firmare questa lettera. Il video è capace di toccare le corde del cuore di una donna, rende più vicino lo strazio di madri, mogli, sorelle che giorno dopo giorno si vedono sottrarre dalla guerra le persone amate senza avere la possibilità di fermare il bagno di sangue.

Non so se Asma in questo momento può e vuole ascoltare le parole di altre donne, ma credo che un atto di amore incondizionato verso il proprio popolo, come solo una donna può fare, con un appello pubblico contro la violenza di questi ultimi mesi, potrebbe aiutare a riportare un po’ di pace in questa terra martoriata.