Arte pubblica e cultura pop

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Mai come in questo periodo sono andati più di moda i morti viventi. Vittorio Zucconi su La Repubblica di venerdì scorso ci ha addirittura informato che, negli Stati Uniti, il Pentagono, ha finanziato un progetto (nel 2009) chiamato “Progetto 8888”, finalizzato a preparare un piano di difesa anti-zombie. Le mie figlie, ahimè, sono affascinate dalle saghe sui vampiri che, partite con Twiligth, sembrano non cessare di riprodursi in forma di romanzi per adolescenti.

Forse è per anche per questo che non mi sono stupita quando ho ricevuto un invito per l’inaugurazione di   una nuova scultura permanente, collocata in una delle più grandi piazze di Ginevra: Plainpalais. Titolo della scultura. Frankie a.k.a The creature of Doctor Frankenstein. L’opera in bronzo è realizzata dal gruppo Klat (un collettivo di tre artisti fondato a Ginevra nel 1997).

All’’attenzione delle nuove generazioni per i temi dark e gotici, si deve aggiungere che a Ginevra è legata in modo particolare a Frankenstein dal momento che la storia fu scritta da Mary Shelley durante un suo soggiorno in questa città.

Klat, Frankestein, Geneva 2014
Klat, Frankie a.k.a The creature of Doctor Frankestein, Geneva 2014

L’inaugurazione è stata all’altezza dell’horror contenuto nella storia originale. Verso le nove di sera, con contorno di una musica appropriata, è stata svelata la scultura del mostro, subito colpita da una ripetuta scarica elettrica. Grazie a due trasformatori ad alta tensione sono riusciti a creare dei fulmini che sono  piaciuti molto a tutti i presenti. I fulmini si intrecciavano tra loro e colpivano l’opera dando vita alla scultura.

La moda e la cultura cinetelevisiva in cui tutti siamo immersi ha fatto da cornice a tutta la serata, perché come scrisse David Foster Wallace: “La cultura pop è la rappresentazione simbolica in cui la gente già crede”. Basta pensare al piano del Pentagono per sincerarsene.

Ma proporre per arte ciò in cui la gente già crede è mistificante, non è arte, è divertimento facile in cui ci si trova a nostro agio. Invece l’arte è qualcos’altro: uno stimolo al dubbio e alla rimessa in discussione, un invito a vedere in modo diverso le cose del mondo.

Comunque da oggi una nuova “opera pubblica” è installata a Ginevra .

 

50 sfumature di… noia

Se ne è parlato e discusso a lungo. Da una certa critica è stato acclamato come il capolavoro erotico del 21 esimo secolo. Pare, ma non ne sono certa, che negli Stati Uniti stiano già realizzandone il film. Sto parlando del controverso feuilleton in tre (voluminosi) tomi 50 sfumature di grigio, al quale seguono 50 sfumature di rosso e 50 sfumature di nero… Il che, tutte insieme, realizzano 150 sfumature di noia mortale. Scritto come una sceneggiatura da una casalinga inglese 48enne, E. L. James, pseudonimo di  Erika Leonard, laureata in storia medievale e con figli adolescenti (e qui scatta anche una certa dose di invidia pensando al parallelismo fra me e lei… non ci potevo pensare prima io a scrivere un best seller, accidenti!) che in poche settimane con il suo libro ha scalato le classifiche di vendita, piazzandosi ai primi posti in Europa e Stati Uniti. È la storia di un amore (?) sadomaso, fra una 21enne, chiaramente disadattata e problematica, Anastasia, (personaggio che ricorda la protagonista di un’altra famosa saga contemporanea: Twilight, alla quale l’autrice ha candidamente ammesso di essersi ispirata), la sottomessa, e uno straricco/bello/sexy/giovane/neppure bavoso/misterioso capitano di industria 27enne (ma non eravamo nell’epoca dei bamboccioni? Quelli che rimangono da mammà fino ai quaranta? Ah no scusate si parla della ricca America), bello come un dio greco, e con chiare turbe della personalità, il dominatore. La trama in sostanza è questa: colpo di fulmine, corteggiamento, accoppiamento.
A più riprese si è parlato di questo libro come capolavoro, zozzeria, manuale erotico e chi più ne ha più ne metta. È stato indicato come segno dei tempi in cui la donna, raggiunta la presunta parità dei sessi, sente il bisogno, oggi più che mai di lasciarsi andare alla sottomissione come antico e rassicurante stereotipo (???). Qui inoltre la sottomessa oltre ad aver fatto colpo sullo scapolo piú bello e corteggiato del Nord America ne riceve come beneficio cene con ostriche, passaggi in elicottero, suites principesche, guardaroba invidiabili… In effetti in qualche raro momento di lucidità la poverina si chiede se questo può significare essere una “mantenuta”, ma tutto viene sacrificato sull’altare del presunto dio amore.
Sono sinceramente perplessa, devo dire che il primo libro non ha suscitato in me nessun pensiero controverso, sono certa che alcuni romanzi Harmony si spingano più in là e a volte sono addirittura scritti meglio. Devo dire che la noia mortale mi ha preso fin dalla descrizione del terzo o quarto amplesso (non ricordo esattamente visto che sti due ci danno dentro in continuazione) e ho faticato ad arrivare alla fine (rimpiangendo i romanzi Delly della mia infanzia). Dubito che leggerò il seguito, ma trattandosi di libri da ombrellone, se ne avrò la forza, saltando pagine e pagine (che spreco di parole!) di dettagliate descrizioni dei più fantasiosi atti sessuali, non mi spiacerebbe sapere che fine faranno quei due, preferendo la storia romantica alle manette e ai frustini.
Posso sbilanciarmi? Poiché il libro é scritto come una sceneggiatura devo dire che mi ha fatto rimpiangere le atmosfere (quelle sì torbide e sensuali) di un classico del cinema Ultimo Tango a Parigi… Sarà stato per l’attempato e inarrivabile Marlon Brando, carico di una attrattiva veramente animalesca (altro che il giovincello del romanzo)? Ma forse è solo una questione di età…