…da ricordare

Umberto_boccioni_la_città che_saleIl 2016 è appena cominciato e qui di seguito ecco un breve appunto per RICORDARE e risvegliare in noi la memoria:

  • Seicento anni dalla morte del pittore Giovanni Bellini (1430-1516)
  • Cinquecento anni dalla fondazione del primo Ghetto ebraico (Venezia 1516)
  • Quattrocento anni dalla morte di William Shakespeare (1564-1616)
  • Quattrocento anni dalla morte di Miguel de Cervantes (1547-1616)
  • Cento anni dalla nascita del movimento Dada fondato nel locale Cabinet Voltaire di Zurigo(1916).
  • Cento anni dalla morte dell’artista Umberto Boccioni (1882-1916)
  • Cento anni della Pasqua di sangue in Irlanda
  • Cinquanta anni dalla morte dell’artista Alberto Giacometti (1901-1966)
  • Cinquanta anni dalla morte di Walt Disney (1901-1966)
  • Cinquanta anni dall’alluvione spaventosa che, il 4 novembre 1966, piegò Firenze
  • Cinquanta anni dall’Inizio della Rivoluzione culturale in Cina

Ma anche

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  • Quindici anni dalla nascita della rivoluzionaria enciclopedia Wikipedia (2001)
  • Quarant’anni dall’uscita di Taxi Driver
  • Dieci anni dalla nascita di Twitter
  • Dieci anni dall’ultima coppa del mondo di calcio vinta dall’Italia

Nella speranza di festeggiarli insieme vi auguriamo un buon 2016!

Precarietà

Pietro Manzoni
Pietro Manzoni, Corpo d’aria, 1960

Incertezza, instabilità.
La precarietà non è una parola antica, appare nella lingua scritta attorno alla metà del XIX secolo. Secondo me non è un caso che l’arte la faccia sua quasi da subito, cominciando con le avanguardie per poi continuare a rifletterci e a girarci attorno per più di un secolo. E’ sulla base di questa riflessione sulla precarietà che si sviluppano tecniche non tradizionali e che le opere d’arte del secolo appena trascorso non sono più concepite per durare ma divengono deperibili, lasciando a noi il peso della responsabilità di decidere come e se sia giusto restaurarle (penso, ad esempio, all’opera di Pietro Manzoni Corpo d’aria, del 1960, composta da un palloncino gonfiato col fiato dell’artista).
Il bambino, quando viene al mondo, non ama la precarietà. Chi ha esperienza di bambini sa che essi amano in maniera naturale, direi spontanea, le certezze e la ripetitività dei gesti. Amano la chiarezza e cercano tutto ciò che è certo, sicuro e indubitabile. A proposito di questo, sono rimasta sconcertata di come oggi, anche quando ci si rivolge ai piccoli, si passino messaggi incentrati sull’incertezza e sul dubbio. Vi faccio due esempi lampo, tratti da due film. Il primo è Frozen di Walt Disney in cui una ragazzina innamorata di un giovane principe scopre che in realtà quest’ultimo è un mascalzone il secondo è il film Maleficent, dove addirittura la principessa si deve ricredere sull’affetto del padre, quando scopre che è un poco di buono e che invece l’unica a volerle bene è sempre stata la strega. Niente sicurezze assodate: tutto da rivedere.

Brigitte Niedrmair, Let's Get Married,2011
Brigitte Niedrmair, Let’s Get Married,2011

Mi viene di pensare alla precarietà di tutti gli immigrati che cambiano il loro paese per cercare lavoro: i più arrivano in un luogo ma non sanno mai se sarà l’ultima tappa del loro viaggio.
Il precariato sembra essere la condizione sociale delle generazioni future; dovremo farci l’abitudine, adeguandoci all’instabilità lavorativa. Niente potrà rimanere fermo, dovremo sempre essere pronti a recepire le novità. Eppure qualcosa dentro di noi si strappa ogni volta che lasciamo una sicurezza e che ci imbarchiamo verso l’ignoto. In qualche maniera ne è una spia l’ansia che sempre aumenta dentro ciascuno di noi: a me sembra che mai come oggi si cerchi di conciliare questa vertigine dell’essere appeso per un filo, con un naturale e crescente bisogno di stabilità. Più il mondo ci offre la precarietà come stile di vita, più si cerca una continua e durevole esistenza.
Arte è ciò che sopravvive alla materia, scrive Karl Kraus (Jonathan Franzen, Il progetto Kraus, Einaudi, p.179) il nostro spirito sarà l’ultima cosa che sopravvive alle nostre esistenze in continuo cambiamento.