Io sono una cui in libreria piace balzellare qua e là senza nessun rigore scientifico. Vivendo all’estero, quando ci vado cerco di fare scorta. Per lo più le scelte le divido secondo il tempo a disposizione, vi faccio un esempio, so che quando trascorrerò molto tempo in treno o in attesa forzata in macchina (vedi attesa di una figlia che finisce la lezione di canto di 50 minuti) opto per un giallo (ultimissimo letto Henning Mankell, Il ritorno del maestro di danza, a dire il vero un po’ troppo truce per i miei gusti). Per la sera a letto preferisco leggere qualche saggio serio che mi impegna e mi fa dormire (che razza di scelta direte voi, in genere le mie preferenza vanno all’arte) oppure ho sempre vicino qualche libro di Beppe Severgnini che mi parla di noi italiani, delle nostre manie che mi fanno sorridere e sognare tranquillamente .
Per un momento di malinconia, vai con il romanzo di amore (ti fai un po’ gli affari di qualcun’altra e stai subito meglio). Poi ci sono i libri che ti consigliano le amiche, l’ultimo, divertente e gustoso per noi che viviamo all’estero è stato Pecore nere, quattro racconti di altrettante extracomunitarie che vivono in Italia, edito da Laterza.
Infine ci sono gli autori che ormai per me sono un marchio di fabbrica e come esce un libro acquisto a scatola chiusa, in questo caso ho appena finito l’ultimo libro di Daniel Pennac Storia di un corpo edito da Feltrinelli.
La storia è quella di un padre che lascia alla figlia un diario della sua vita tenuto da quando aveva dodici anni fino ad ottantasei. Il diario non è il solito diario intimo di una persona che racconta i propri stati d’animo, l’autore lo spiega fin dalla prima pagina, questo è un diario in cui il protagonista registra in modo lucido le relazioni intercorse negli anni tra il corpo e la mente. E così a parole Pennac prova a raccontarci come il corpo si manifesta nella mente dell’uomo, come si può a parole esprimere i suoi sintomi di fronte alle paure, alle delizie del cibo, all’amore, alla malattia.
“L’uomo-scrive – nasce nell’iperrealismo per dilatarsi piano piano fino a un puntinismo alquanto approssimativo per poi disperdersi in una polvere di astrattismo”.
Quando termino libri come questo mi sembra di essere stata fortunata, ho fatto centro. Ho scelto giusto e sono davvero contenta.

Grazie della segnalazione. Non pensavo che Pennac si producesse in questo tipo di libri.