
Se c’è una cosa che non possiamo più fare nel nostro mondo ricco è quello di vivere in ambienti squallidi e poco affascinanti. Ho un’amica che pochi giorni fa mi esprimeva il suo bisogno di luoghi belli per non deprimersi. Così dicendo mi raccontava di non recarsi mai in cinema di periferia o in luoghi non sorridenti e accoglienti.
Nel nuovo film di Woody Allen, quando la bravissima Cate Blanchett, nel ruolo di Jasmine la sorella ricca caduta in disgrazia, va a vivere dalla sorella povera, trova sconforto e disperazione.
E non solo per la propria nuova povertà ma anche perché trova improponibile il suo accostamento con un’ ambiente popolare e privo di bellezza estetica. Jasmine accusa la sorella di non volere di più dalla vita. Ma volere cosa? Più affetto, più relazioni forti, più amici veri? No : la accusa di non volere più cose belle, abiti, macchine, case. Solo questo genere di cose la rassicura.
Dunque, ricapitolando, si esclude il brutto, il fatto male, il poco, e si preferiscono luoghi che ci proteggono, in atmosfere rilassanti dove tutto è più gradevole e apparentemente armonioso.
Due considerazioni una per gli architetti e una per gli artisti: queste oasi di pace, alla luce della situazione che viviamo oggi, dove il dolore dilaga e ogni giorno le persone muoiono per cercare da noi una vita migliore – ancora ieri la tragedia di centinaia di profughi, tra cui donne e bambini, morti per raggiungere le nostre sponde – come dovranno essere costruite? Dovranno avere delle mura alte e solide, simili a delle nuove forme di castelli fortificati ? Seconda considerazione : e l’arte, che strada vorrà percorrere?

Cercherà di rivestire questi castelli, si adeguerà a quel senso pacato di lusso e pace o non troverà pace finchè non avrà modo di raccontare cosa succede? Una bella sfida per gli artisti delle prossime generazioni.