Ancora Gomorra

Tv: 'Gomorra - La serie'; dal 6 maggio debutta su Sky Atlantic“Sono nato in terra di camorra, nel luogo con più morti ammazzati d’Europa, nel territorio dove la ferocia è annodata agli affari, dove niente ha valore se non genera potere. Dove tutto ha il sapore di una battaglia finale… In terra di camorra combattere i clan non è lotta di classe, affermazione del diritto, riappropriazione della cittadinanza. Non è presa di coscienza del proprio onore, la tutela del proprio orgoglio. È qualcosa di più essenziale, di ferocemente carnale. In terra di camorra conoscere i meccanismi d’affermazione dei clan, le loro cinetiche di estrazione, i loro investimenti significa capire come funziona il proprio tempo in ogni misura e non soltanto nel perimetro geografico della propria terra. Porsi contro i clan diviene una guerra per la sopravvivenza, come se l’esistenza stessa, il cibo che mangi, le labbra che baci, la musica che ascolti, le pagine che leggi non riuscissero a concederti il senso della vita, ma solo quello della sopravvivenza. E così conoscere non è più una traccia di impegno morale. Sapere, capire diviene necessità. L’unica possibile per considerarsi ancora uomini degni di respirare”.

Così si chiude Gomorra, il potente affresco che Roberto Saviano pubblicò nel 2006, presentando al mondo intero con una prosa secca, precisa e con immagini dure e sconvolgenti il “sistema” camorra. È da questo libro che nel 2008 è stato tratto il film intitolato Gomorra, diretto da Matteo Garrone anch’esso un capolavoro, freddo, crudele senza possibilità di redenzione, come il libro.

E poi sulla scia del successo ottenuto è nata anche la serie televisiva prodotta da Sky, Cattelaya e Fandango, con la regia di Stefano Sollima e la fotografia, fredda e graffiante di Paolo Carnera. La serie è già un mito. Venduta in 40 paesi è stata definita da Aldo Grasso “una corsa spettrale, livida, notturna, che spaventa e seduce, come fosse il racconto di una civiltà esausta, senza redenzione” dove “il male perde i contorni rassicuranti dell’estraneo e ne acquista di più familiari, quelli che ci appartengono”. 

La serie è girata e recitata con grande maestria e competenza (bravi gli attori, perfetti nei loro ruoli, quasi mitica nella sua ferocia la figura del boss Savastano), si intuisce la mano di Saviano che ha aiutato gli sceneggiatori a mostrare questa umanità decisamente perduta. Tuttavia la cosa più sconvolgente, perché è questo che mi ha colpito, è proprio il suo aspetto seducente di prodotto perfettamente confezionato, che ottiene ciò che promette. Guardando questa serie infatti (come guardando gli americani Dexter, o Breacking bad, in cui l’orrore fa da padrone) lo spettatore quasi si affeziona, quasi dimentica che si tratta di bestie feroci, diventa partecipe delle azioni dei protagonisti, fa il tifo per un cattivo piuttosto che per un altro. La televisione ci ha abituato a qualunque tipo di orrore, ed è forse questo allenamento continuo che fa perdere di vista allo spettatore la realtà brutale dei fatti. Ma non dimentichiamo una cosa fondamentale se nelle serie americane l’orrore è “solo” una rappresentazione, qui è la realtà che tragicamente viene messa in scena, ma la perfezione del prodotto ce lo fa dimenticare.

Autore: italianintransito

Storica per amore dei fatti, accanita lettrice per passione, scrittrice a tempo perso. Il blog è una finestra sul mondo, un modo per far sentire la propria voce da un luogo non lontano geograficamente, ma distante anni luce dal mio passato. Condivido ciò che scopro e ciò che so cercando di non perdere mai l'entusiasmo per quello che vedo.

3 pensieri riguardo “Ancora Gomorra”

  1. Vorrei esprimere un’opinione assolutamente personale che non vuole urtare nessuno, né togliere nulla a questi che sono ormai considerati capolavori dai più. Una volta andavano di moda i film western, ma il lontano west, soprattutto per molti europei, era un mondo surreale, una dimensione quasi onirica dove diventava più facile non assumersi troppe responsabilità. Era come leggere fumetti. Qui stiamo parlando di esseri umani contemporanei, vittime e carnefici, di carnefici che prima o poi si trasformano in vittime, di persone nate in famiglie sciagurate con il futuro segnato e mi riferisco soprattutto ai figli, maschi in particolare, dei cosiddetti boss. Non c’importa nulla di certi bambini e adolescenti, di come vengono diseducati, deviati, di come la loro personalità viene corrotta e le loro energie potenziali incanalate in una strada di male? Sinceramente a ‘Gomorra’ preferisco libri come ‘Ali bruciate’ e ‘Gesù è più forte della camorra – I mie 16 anni a Scampia’. Anche quei libri, purtroppo, rappresentano solo una goccia del mare, ma mi sembra che qui ci sia una sorte di attenzione morbosa, non dico perversa, nei confronti di una realtà che ben pochi conoscono a fondo e ancora meno sono quelli che vogliono raccontare la verità tutta intera, cioè le storie personali, i drammi dell’esistenza, i conflitti interiori che qualsiasi essere umano vive, soprattutto in contesti sociali estremi. Io provo un dolore profondo per tutti quelli che sono morti nella faida di Scampia e per coloro che sono finiti in carcere per sempre, e ancora di più per i loro figli. Lo provo indiscutibilmente anche per le vittime innocenti, ma almeno di queste si parla, almeno non versano nello stato di abbandono di altri, almeno qualcuno può piangerli. Forse ho un’idea distorta di questa realtà, ma non vedo grande differenza tra questa storia campana e quella dei ragazzi- soldato del Congo o dei giovani che sono morti in Afghanistan. E’ sempre guerra, cambiano solo i colori delle trincee, delle ‘uniformi’, gli scenari geografici, ma è sempre morte e desolazione. E ricordiamoci anche dei carabinieri e degli agenti della polizia penitenziaria, altre persone spesso condannate e dimenticate da tutti, il cui lavoro sta diventando sempre più vano (me lo confessò una volta un giovane carabiniere di appena 24 anni). I ragazzi avrebbero diritto a un’educazione morale, indipendentemente dalle condizioni personali, famigliari e sociali, compresi i figli ‘dell’Innominato’ per citare Alessandro Manzoni, ma temo che non combatteremo mai per questi valori.

    1. Il tuo discorso non fa una piega. E lo condivido assolutamente. Un’educazione morale che pure dovrebbe fare parte del nostro DNA, ma che troppo spesso viene scalzata dall’interesse personale e dal relativismo. Non assisteremmo altrimenti ad una decadenza sociale di questi livelli.

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