La sala di lettura

Roberto Barni
Roberto Barni

Ci sono libri che vogliono essere letti tutti in un fiato, altri che ti impongono una lettura a rilento. Non dipende dal numero delle pagine, anzi a volte è proprio l’opposto: le lunghe saghe scorrono come un torrente in piena, mentre può accadere che un libro di poche pagine ti richieda un impegno maggiore e non ti permetta la velocità; addirittura capita che ti rimanga così vicino da richiedere del tempo prima di essere riposto nella libreria.

Uno di questi libri mi è capitato di recente e si intitola Il posto di Annie Ernaux, edito nella versione italiana da L’orma editore. L’ho incontrato per curiosità; non avevo mai letto niente di questa autrice francese, ma ero stata attratta dal fatto che l’editore Gallimard avesse deciso di raccoglierne gli scritti nella famosa edizione Quarto.images

Il libro ripercorre la storia della famiglia della scrittrice, in modo particolare si concentra sul ritratto del padre. Perciò, anche se Annie Enraux nasce negli anni Quaranta, nel libro si attraversano le due guerre mondiali, con il loro corollario di povertà e con la sensazione di perdere tutto e dover ricominciare da capo, lavorando duro e senza fermarsi mai. Coi propri sacrifici, la famiglia permette alla figlia di studiare e di elevarsi socialmente. Tutto questo è raccontato in modo esemplare ed è assolutamente vero, come si legge nella quarta di copertina. Annie Ernaux ha “una scrittura tesissima, priva di cedimenti di una raffinata semplicità” semplice, aggiungo io, come le cose più belle.

Lei stessa avverte il lettore che da poco ha cominciato a leggere il libro: ”Nessuna poesia nel ricordo, nessuna gongolante derisione”.

Alcuni tratti mi hanno commosso, perché mi sembra di averli da sempre conosciuti in tante persone di una certa età che mi è capitato di incontrare; ad esempio quando, ormai raggiunto un po’ di agio nella vita, i suoi genitori vivono “sotto la felicità , l’irrequietudine di un agio conquistato con fatica-oppure- il timore di essere fuori posto”.

In questa vita lei cresce, si laurea vince un concorso per insegnare al liceo e cambia la propria condizione sociale, distaccandosi dai genitori. L’orgoglio di questi ultimi è sobrio, ma è anche avvolto in una grande malinconia. Ormai genitori e figlia vivono due mondi diversi, parlano due lingue diverse. Questa frattura generazionale è anche frattura sociale e culturale ed è irreparabile, divenendo fonte di sofferenza per l’autrice, che quasi ce la presenta come la confessione di un tradimento operato nei confronti delle proprie radici.

Dopo aver letto questo libro ho pensato ai racconti di mia madre; in fondo era della stessa generazione, anche lei era passata attraverso la guerra ed era stata sfollata conoscendo la povertà, cui avevano fatto seguito il miglioramento della propria condizione sociale e il benessere. Non la ringrazierò mai abbastanza, mia madre, per avermi sempre detto, come una fiaba, che anche quando era povera e tutto era difficile, lei era sempre stata molto felice.

Un libro assolutamente da leggere per scoprire quanti mondi interiori possano coesistere in ognuno di noi.

Autore: italianintransito

Storica per amore dei fatti, accanita lettrice per passione, scrittrice a tempo perso. Il blog è una finestra sul mondo, un modo per far sentire la propria voce da un luogo non lontano geograficamente, ma distante anni luce dal mio passato. Condivido ciò che scopro e ciò che so cercando di non perdere mai l'entusiasmo per quello che vedo.

2 pensieri riguardo “La sala di lettura”

  1. In questi ultimi due anni , mi e’capitato di leggere moltissimo sul periodo sia della prima che della seconda guerra mondiale…
    Alcuni libri erano già in casa , ma parecchi sono stati scritti recentemente , come se un’urgenza collettiva spingesse gli autori verso questa tematica.
    Vi risulta?
    Un po’ per ricordi personali e di famiglia , ma soprattutto per l’impatto che questi avvenimenti hanno avuto nella storia recente , a me interessano molto e questo libro di Ernaux e’ già mio…
    Grazie

    1. Credo che tutti noi siamo il prodotto della memoria, non solo particolare, familiare, ma collettiva. Riflettere sul passato ci fa spesso entrare meglio nel presente. Sono d’accordo con te quando dici che c’è “un’urgenza collettiva” che ci fa volgere verso alcuni temi del nostro passato che ancora oggi pesano (pensa alla vicenda dei quadri ereditati dal Museo di Berna) sul nostro presente e forse è il bisogno di capire che ce li fa amare. Grazie di essere sempre con noi!

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