
Di graphic novel non ne so molto ma mi sono incuriosita quando ho letto che il giovane disegnatore Zerocalcare è candidato al Premio Strega, per il suo ultimo lavoro intitolato Dimentica il mio nome. Un fumetto? mi è sembrato strano. Così l’ho acquistato e mi sono dedicata alla lettura. Non era come mi aspettavo, per essere chiari non lo capivo, facevo fatica ad associare le immagini che mi proponeva con la storia: dopo poche pagine l’ho abbandonato. Ma non riuscivo a farmene una ragione e ormai mi aveva incuriosito: per questo l’ho ripreso, questa volta, in maniera più cosciente e disposta ad entrare nella mente e nel cuore di questo giovane disegnatore. E così mi sono ritrovata ancora una volta alle prese con questo linguaggio innovativo, confuso, ironico e serrato; con i dialoghi simili a quelli di un film di Woody Allen. Nel libro si trattano temi profondi come l’incontro con la morte, le relazioni familiari, la memoria delle cose vissute e quelle raccontate e comuni aspetti quotidiani della vita, il tutto condito con una cruda determinazione a dire la verità, qualunque essa sia. Le sue storie sono state definite “favole sotterranee e metropolitane”. Ormai è andata, Zerocalcare mi ha adescato nella sua rete, ora le sue storie, i suoi disegni surreali, mi fanno sorridere e commuovere; sento tutta la fragilità di quel ragazzo con le grandi sopracciglie nere, le sue paure, ma anche la sincerità spiazzante che per la gente della mia generazione sembra diventata un ricordo del passato.