
Si è aperta il 10 settembre la 13esima Biennale di Lione. Quest’anno il suo curatore-Ralph Rugoff- l’ha intitolata: la vita moderna. Sono stata a visitarla e dopo aver visto le opere dei sessanta artisti invitati da trenta diversi paesi, sono arrivata alla conclusione che la vita moderna, così come intesa dal curatore, è oggi improntata principalmente a angoscia e attesa per un cataclisma in arrivo.

Si comincia, infatti, con il grande manifesro che rappresenta il tema della Biennale: è una foto tratta da una scena del video di Yuan Goang-Ming che poi troverete in due luoghi della Biennale (alla Sucriére e al Musee des Confluences). Vi si vedono una spiaggia, tanti ombrelloni colorati, il mare invitante e poi sullo sfondo una grande centrale nucleare che incombe su tutto, enorme e minacciosa.
Nella Sucrerie, posta in un quartiere sul fiume in piena evoluzione architettonica e sempre molto stimolante da visitare, l’eposiyione è allestita in modo molto chiaro. Al primo occhio ci si rende conto che il curatore ha puntato su poche opere, esposte come se ci si trovasse in una galleria ( questo aspetto mi ha ricordato l’Arsenale della arttuale Biennale di Venezia). L’idea dell’incombente disastro torna però subito alla mente quando, improvvisamente , comincia a suonare una batteria di tamburi posta al centro della sal e priva di musicista . Il suono-si capisce dopo- è prodotto da noccioli di ciliegia che cadono dal soffitto sui tamburi e sui piatti: siamo noi, con i nostri cellullari, le cui vibrazioni eletromagnatiche che vengono captate da un dispositivo , a causarne la caduta. L’opera di Celeste Boursier-Mougenot, è molto coinvolgente e cattura l’attenzione di ogni visitatore.
Angoscia per qualcosa che è già accaduto invece me l’ha procurato il lavoro di Nguzen Trinh Thi, l’artista vietnamita che ha presentato una serie di fotografie e filmati in cui si vedono delle persone, ritratte da sole e intente a indicare, col braccio teso e l’indice allungato, un luogo. Un lavoro sulla memoria, il cui senso è percepibile dal titolo “Landascape as the silent witness of history”. Non sappiamo cosa indicano quelle persone , ma il solo indice alzato ci fa pensare al ricordo di qualcosa di tragico, di inaspettato, di terribile.

Di sospensione e di attesa mi è sembrato parlasse anche la curiosa installayione video dell’ artista cinese He Xiangyu, esposta nella seconda sede della mostra , al MAC . Qui si entra in un labirinto di video dove su ogni schermo si vede una persona che si sta addormantando o che dorme già. Uomini e donne ripresi tra la veglia e il sonno.
In bilico su un cornicione, a guardare qualcosa di distrutto, risultato di un evento già avvenuto , invece mi ha collocata l’artista taiwanese Lai Chih-Sheng. Immaginatevi una stanza con a terra dei resti di imballaggi e un cornicione stretto ma percorribile posto in alto , a contornare tutta la stanza. L’artista ti invita a salire e a percorrerlo rimanendo ben vicina al muro, in modo da non cadere giù. In realtà i resti da vedere in basso sono gli avanzi degli imballaggi delle pere della biennale. Guardandoli, ti viene spontanea la domanda: cosa resta al visitatore della mostra, una volta che essa è finita?

Di opere ce ne sono state tante altre e molto interessanti. Comunque , l’ide aid modernità proposta da questa biennale è delineata dal senso di angoscia per un futuro incerto e dall’incoscienza di chi vive inconsapevolmente su un pianeta alla deriva.
Di modernità in senso positivo come immaginayione creatrice e ottimistica, senso di meraviglia e stupore per il Creato , non sarei riuscita a trovare traccia se non fosse che, rimastomi un po’ di tempo , per fortuna mi sono recata a visitare una seyione staccara della biennale stessa, collocata fuori Lione, presso il convento de la Tourette. Qui l’artista Anish Kapoor si è voluto confrontare con l’utlimo capolavoro dell’architettura di Le Courbusier.

Ed è in quella creazione architettonica della fine degli anni Cinquanta, in quei volumi, in quei tagli di luce e in quella concezione dello spazio, che hi ritrovato il senso vero e ottimistico della modernità.