David Comer Kidd ed Emanuele Castano, psicologi presso la New School for Social Research di New York, hanno provato in un recente studio, supportato da 5 esperimenti su un campione di 1000 partecipanti alla loro ricerca, che leggere buona letteratura migliora la capacità di individuare e comprendere le emozioni degli altri, competenze fondamentali per le relazioni sociali complesse.
Infatti ciò che lo scrittore ottiene con la buona narrativa è che il lettore sia completamente assorbito da ciò che l’autore narra, tuttavia la naturale incompletezza dei personaggi trasforma la mente del lettore, il quale è spronato a dare pienezza ai personaggi cercando di intuirne la mente sviluppando e potenziando le doti di empatia e mettendo in gioco le personali risorse interpretative flessibili.
Ma attenzione, è solo con la buona letteratura che si ottiene lo sviluppo delle capacità empatiche e di comprensione del lettore, attraverso quei testi che Roland Barthes definiva “scrivibili”, cioè che incoraggiano il lettore a produrre significati. Diversa è la funzione del testo “leggibile” (sempre secondo la definizione di Barthes ne Il piacere del testo) che consentono al lettore solo di essere consumatore della parola scritta.
Secondo gli autori dello studio “trasferire l’esperienza di lettura narrativa in situazioni del mondo reale è un salto naturale” perché gli stessi processi psicologici si applicano sia alla fiction sia ai rapporti reali. La narrazione non è solo un simulatore di un’esperienza sociale, ma diviene una esperienza sociale.
Ecco perché un buon libro ci massaggia il cervello, ci allunga la vita e ci rende più felici!
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