La porta serve per creare un passaggio.
Ho un’amica che questa settimana mi diceva di aver usato la passione per il colore come porta per arrivare a Dio. Il Papa ha aperto in questi giorni la prima Porta Santa del Giubileo in un paese africano sconvolto dalla guerra civile.
La porta graffiata e consumata dipinta da Giacomo Balla nel 1902 e intitolata Fallimento mi ha sempre impressionata: una porta chiusa, dipinta per metà e che si apre sulla strada E’ malinconica, esprime un senso di abbandono ma poi sembra anticipare, in quei graffi arrabbiati e arruffati che porta su di sé, il primo modello per il linguaggio della street art.

Due giovani artisti bolognesi (si fanno chiamare con un nome solo: Antonello Ghezzi) hanno realizzato due anni fa un’opera che consisteva in una vera porta: si apriva solamente quando le si sorrideva.
La maggior parte delle città italiane si distinguono per avere delle porte che si aprono nel perimetro delle vecchie cinte murarie. Ognuna di quelle porte oggi è un anello della storia locale.

Nel 1401 viene indetto a Firenze il concorso per la decorazione della porta Nord del Battistero e fu vinto da Lorenzo Ghiberti. Da lì comincia l’Umanesimo.
Nel paese delle meraviglie, Alice segue il coniglio bianco e raggiunge un vestibolo con tante porte chiuse; l’unica porta che le riesce aprire con la chiave d’oro è piccolissima e ciò’ la costringe a bere una pozione magica per potervi passare.
La porta offre due possibilità aprire o chiudere.
Il nuovo anno è alle porte: apriamoci alle novità e alle persone che ci circondano.