
Conversazioni: quante se ne fanno; a volte aiutano a trascorrere il tempo, altre volte sono la causa del vuoto che ti lasciano dentro.
Nei primi giorni dell’anno, leggendo “Ascolto il tuo cuore, città” di Alberto Savinio (pittore, scrittore, musicista , fratello di Giorgio De Chirico) ho trovato la più bella descrizione di questa forma di umana interazione, che tanto ci attira e ci coinvolge.
Parlando della conversazione in un salotto di signore, egli la descrive cosi: “(…) era come se si aprisse un gioco di acque. Leggere, agili. Volanti, le frasi partivano a razzo, si curvavano ad arco, si univano si separavano, si riunivano , s’intersecavano, s’intrecciavano, si serravano a mazzo, ricadevano a petali di crisantemi, salivano, scendevano, crescevano, diminuivano, si accendevano, si spengevano , correvano o rallentavano avanzavano diritte o a scatti , d’un sol pezzo o a frammenti , arricciate o lisce, rubiconde o pallide, brillanti o opache , a stella filante o a coriandoli, sussurrate o declamate , forti o deboli (…) e quando la conversazione era finita ci si accorgeva che in quella conservazione così ricca, così spumosa, così brillante , non era stato detto nulla”.
Bellissima descrizione sembra di vedere le onde in movimento, come fossero un dipinto, ma anche di ascoltare la conversazione come fosse musica “catturare il piacere– scrive Savinio- di mettere la vita in musica”.
La conversazione è un’arte senza sostanza, ma può renderti per un po’ felice: è come dedicarsi all’arte dell’ornamento, “adornare di suoni leggeri e passeggeri” l’ambiente che ti circonda. Chi di noi non l’ha fatto?
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