
Sembra che abbiamo appena vissuto un momento storico nel campo della ricerca scientifica. Sono state misurate per la prima volta le onde gravitazionali e così sono state confermate le vibrazioni dello spazio-tempo, ipotizzate da Albert Einstein. In questa scoperta, leggo e cerco di capire, abbiamo avuto la prova diretta dell’esistenza dei buchi neri. E qui mi fermo; non sono in grado di andare oltre: tutto ciò che so sui buchi neri l’ho visto nel bellissimo film di fantascienza di Christopher Nolan, Interstellar.
Ma pensandoci bene, in questi giorni non potevo fare a meno di vedere in questa scoperta il compimento di un desiderio, di un sentire, che con Einstein si è trasformato in legge scientifica; mentre con l’artista Lucio Fontana si sarebbe trasformato in un modo diverso di percepire lo spazio.

E cosi, tornando indietro negli anni, ho ripensato a quella spinta propositiva e futuristica che è stato il movimento dello spazialismo. Un movimento d’arte apparso nel secondo dopoguerra, grazie alla mente di Lucio Fontana e alle sue teorie. Non c’è dubbio che le opere dello spazialismo erano influenzate dalle prime esperienze scientifiche nello spazio. Nella serie dei Buchi si vede come “ la superficie del quadro- scrive Angela Vettese- si riempiva di crateri irregolari come cieli stellati”. Le sue tele, i suoi squarci, sono il tentativo di raccontare il vuoto, il desiderio di tuffarci in un’altra dimensione. Non guardiamo un quadro; un concetto spaziale è un viaggio dentro l’opera, oltre la tela. Un quadro, dunque, che offre un’esperienza spazio-temporale diversa.
Fontana ha trovato un nuovo spazio per l’immagine, e la sua scoperta è ricca di conseguenze: nell’arte lo hanno seguito in tanti e molti ancora lo seguono . La sua risposta artistica alla scienza non è lontana per, influenza e valore, a quella che fece Brunelleschi con la prospettiva.
