
Ho visitato un mondo fatto di mostri: ecco come mi sono sentita visitando l’esposizione da poco aperta al Mamco, dedicata a Marnie Weber. C’era da aspettarselo, dal momento che si intitola “Once Upon a Time in Forevermore” (c’era una volta per sempre). Tutto un piano del museo è dedicato a questa artista americana che non conoscevo. Vive a Los Angeles. Il suo lavoro spazia dalla performance, al video, all’installazione, al collage e alla scultura. In verità, qui al Mamco mi sono trovata di fronte a delle figure mascherate, ad altezza naturale, che ricordano quelle che si vedono in giro la notte di Halloween. L’impressione è di essere entrata in un incubo. Poi, sull’opuscolo di presentazione, leggo “Come Alice scende nel paese delle meraviglie oppure Dorothy vola verso il paese di Oz, noi entriamo in una sorte di paese parallelo dove tutto è dominato dalla stravaganza e incoscienza”.

L’industria del divertimento ha un posto molto importante nel nostro quotidiano e anche gli artisti non ne sono esclusi. Anzi, riflettono molto attorno a questo tema. Le opere di Marnie Weber mi rimandano alle origini della Commedia dell’arte (che nasce all’incirca nei primi decenni del Cinquecento), ancor prima di Goldoni, quando veniva respinta dagli uomini di cultura perché accusata di essere animata da “profani comici che pervertono l’arte antica introducendo nelle commedie disonestà solamente a cose scandalose”.

In verità portava già in sé il nuovo nel mondo del teatro. Gli spettacoli della commedia dell’arte proponevano un rovesciamento dell’ordine sociale, i comici recitavano dietro a delle maschere, accentuavano i personaggi e non seguivano un copione: tutto era improntato all’improvvisazione. In questi spettacoli, come nelle opere di Marnie Weber, non si separa il dramma dal riso; tutto si fonde e lo spettacolo diventa una caricatura dell’umanità.
A pensarci bene, nel giorno in cui ci sono andata io, ho trovato molti ragazzi a visitare la mostra: si fotografavano vicini ai personaggi e ridevano di gusto di quelle opere d’arte. Non so come l’avessero presa e cosa avessero colto, ma mi rendo conto che le maschere sanno ancora rompere il mondo elitario della cultura e avvicinare le persone all’arte.

Ciao.
Prima di tutto, complimenti per l’articolo. Mi piace moltissimo la Marnie Weber musicista, prima coi Party Boys e poi con le Spirit Girls, ma non ho mai avuto il piacere di visitarne una mostra. Per ovviare a questa mancanza, ho prenotato per sabato 16 aprile l’albergo a Ginevra…
Il tuo post renderà l’attesa ancora più dolorosa.
non sai come sono contenta sono certa che la mostra e il museo ti piaceranno molto