Basta essere medici per curare al meglio le malattie oppure per far guarire coloro che si affidano alle cure di un medico è necessario che egli rappresenti qualcosa in più di una figura professionale, sebbene specializzata e competente?
Recenti studi rivelano come la tendenza a trascurare la componente dell’umanizzazione delle cure provochi un calo dell’empatia del medico che ben presto si ripercuote negativamente sulla guarigione del paziente.
Si è calcolato che in media un medico offre al paziente solo una ventina di secondi della propria attenzione durante la visita e in genere non si preoccupa di capire come il paziente viva la propria malattia. A questo vuole porre rimedio la Medicina Narrativa, una branca della medicina tradizionale che si è sviluppata negli Stati Uniti, e si occupa di recuperare il legame “umano” che unisce il paziente al medico. L’umanizzazione delle cure che ne consegue non è una forma di buonismo o peggio di pietà verso l’ammalato ma una competenza di base legata al patrimonio delle scienze sociali che contribuisce a migliorare il modo di lavorare, fornendo gli strumenti concreti per un approccio di cura basato sull’ascolto.
Secondo i dettami della Medicina Narrativa la pratica efficace della medicina richiede competenza narrativa, cioè la capacità di riconoscere, assorbire, interpretare, e agire sulle storie e sulle difficoltà di altri. Attraverso di essa i medici, ma anche altre figure del panorama sanitario, possono raggiungere e unirsi ai loro pazienti nella malattia, riconoscere il proprio personale viaggio attraverso la medicina, colmando il divario che separa il medico dal paziente. La narrazione dell’esperienza personale, dunque, dovrebbe avere un ruolo significativo nelle relazioni di cura perché quando la sofferenza viene inserita in racconti reali e diventa condivisibile si trasforma in risorsa.
Si tratta di una bella sfida, basata soprattutto sulla volontà di “mettersi in gioco” da parte del medico. Un accostarsi verso chi soffre privi di quella corazza che crea una distanza più facilmente gestibile a livello emozionale, ma che rende colui che dispensa le cure un essere algido e irraggiungibile.
Cosi’il medico non curerebbe solo la malattia,ma anche il malato….
Hai perfettamente capito il senso della cosa!