Prego, due parole sulla satira.
Innanzitutto la definizione. Si definisce satira in modo estensivo “ogni scritto, discorso, spettacolo ironico, caustico, sferzante, che mette in ridicolo vari aspetti del mondo, che mette a nudo con tono di scherno, ridicolizzandoli, i costumi, i comportamenti, le idee e le passioni dell’umanità intera, di una determinata categoria di persone o di un solo individuo” (Dizionario Hoepli della Lingua Italiana).
La satira a volte fa ridere, a volte no, ma il suo senso profondo è quello di indurre a una riflessione.
La satira in Italia non si può fare, o meglio non si può fare a cuor leggero, probabilmente a causa del fatto che in Italia, vuoi grazie alla cultura vuoi grazie al sentire comune, si tende a tutelare più l’oggetto della satira che l’autore, dimenticando che la libertà di espressione si manifesta proprio nel momento in cui si dicono cose che nessuno vorrebbe sentire.
Ecco allora che si grida allo scandalo, ancora una volta a causa di una vignetta di Charlie Hebdo, senza comprendere che “il bersaglio di tanta rabbia non può essere Charlie Hebdo, ma dovrebbe essere l’incompetenza, la lentezza nell’affrontare una situazione che si stava dispiegando come drammatica ora dopo ora prima della tragedia” (grazie Daniela ti ho citata così come ti ho letta!).
Faccio mie le parole di un amico francese, rattristato dalla aggressività dimostrata da chi non ha imparato a leggere la realtà ma si è fermato alle apparenze: “l’humour francese non si impara, ogni popolo ha il suo ed è quasi impossibile fare proprio quello degli “stranieri”… un poco come il sapore del cibo nella cucina dei tuoi bisnonni, intraducibile, un poco come la poesia, un poco come l’ arte, ognuno sente qualcosa di indescrivibile ma che nutre il cuore e l’anima. Ma per fare ciò bisogna anche non avere timori, lasciarsi andare e mettere da parte i préjugés e avere fiducia negli altri, anche se non si capiscono. Questa credo sia il riflesso giusto, il riflesso del viver assieme ognuno nelle nostre diversità” .
Infine, se non ti senti Cherlie Hebdo nessuno te ne fa una colpa, in fondo basta chiudere il giornale e incartarci le uova come facevano le nonne, ma la polemica come al solito è sterile e non fa altro che esacerbare gli animi.
Eccellente articolo!