In tempi non sospetti avevamo scritto di Kazuo Ishiguro e di quanto i suoi romanzi fossero mossi da una grande forza emotiva. Oggi per l’autore Anglo Giapponese è arrivato il Nobel per la letteratura. Ce lo eravamo augurato e una delle motivazioni dell’assegnazione del Nobel è stata che Ishiguro “ha svelato l’abisso del nostro illusorio senso di connessione con il mondo”. Non possiamo essere più d’accordo e vi riproponiamo gli articoli del blog scritti nel 2012 e nel 2016, sperando di invogliarvi a leggere questo improbabile mix di oriente ed occidente il quale ricevendo la notifica del premio ha affermato: “E’ una notizia sorprendente e totalmente inaspettata. Arriva in un momento in cui il mondo è incerto sui suoi valori, sulla sua leadership e sulla sua sicurezza. Spero solo che ricevere questo grande onore, anche se nel mio piccolo, possa incoraggiare in questo momento le forze del bene e della pace”.
NEVER LET ME GO
Letto e dimenticato. Già… lo avevo letto, con fastidio, e dimenticato in un cassetto della memoria, volutamente.
Quando mi trovai per le mani Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro, ero ancora guidata dall’impossibilità di lasciare un libro a metà (poi per fortuna mi è venuto in aiuto Pennac con il suo Come un romanzo) e dunque mi trascinai penosamente fino alla fine del volume, soffrendo, profondamente, con i protagonisti di questa ingiusta, intensa e visionaria storia d’amore. Era il 2006 e presa da mille altre cose non ero riuscita ad apprezzare questo duro e improbabile romanzo. A metà fra fantascienza e feuilleton.
Ricordo che non potevo rassegnarmi al tragico destino dei protagonisti, ma soprattutto non potevo rassegnarmi al loro immobilismo, al fatto che neanche per una volta, nell’intero libro, nessuno di loro aveva pensato solo per un momento a ribellarsi con risolutezza al fato.
Ringrazio ora di aver avuto l’occasione di leggere questo romanzo, che mi è ritornato in mente dopo averne visto la versione cinematografica, superbamente interpretata da Carey Mulligan (splendida protagonista di An education), Andrew Garfield (l’Eduardo di Social Network) e Keira Knightley.
In un mondo parallelo al nostro, in un’epoca che combacia quasi con la nostra, si dipana la storia dei tre personaggi, Katy, Tommy e Ruth, legati fra loro da profonda amicizia e amore. I ragazzi sono sospesi per tutta la durata del romanzo in un presente di cui non conoscono e non capiscono le regole.
La fanciullezza viene passata a Hailsham, un collegio nella campagna inglese, in un clima ovattato, lontano persino dagli echi della “civiltà”, dove i piccoli sono accuditi e lasciati volutamente nell’incertezza sulle loro origini, ma allevati nella convinzione di essere in qualche modo speciali. Qui i bambini sono invitati a coltivare la loro creatività attraverso l’arte, la letteratura, la musica e solo alla fine del racconto si scoprirà che tutto ciò fa parte di un esperimento per provare che anche i cloni, ciò che questi bambini sono in realtà, sono forse più umani degli umani. Ad Hailsham, infatti, i bambini (e il lettore) iniziano lentamente a comprendere il tragico destino al quale sono chiamati: divenire “parti di ricambio” per un’umanità malata.
I ragazzi, cresciuti, passano gli anni del compimento degli studi, della definizione della personalità, della consapevolezza del tempo che rimane loro ai Cottages, dove godono di una certa libertà. L’ultimo capitolo racconta l’età della fine, del compimento dello scopo per il quale i cloni sono stati creati.
La storia è condotta in modo delicatamente orientale, senza contrasti o atti di ribellione al destino, cosa che nel lettore (abituato più spesso ad un agire eroico) lascia spazio allo sconcerto, fatta di atmosfere attutite e lievi. Si è condotti per gradi a scoprire la devastante verità e quasi non la si vuole scoprire tanto è agghiacciante e scioccante.
Così Ishiguro ci lascia il suo messaggio che non credo sia una riflessione morale sulla bontà o meno della creazione di cloni come parti di ricambio e neppure sulla bontà o meno di una società che accetta questa pratica. Credo piuttosto che il desiderio dell’autore sia quello di comunicarci che, alla fine, solo l’arte e l’amore restano all’uomo per dichiararsi tale, al di là di ogni volontà di cancellazione e annullamento.
Non è la prima volta che Ishiguro da prova della sua maestria nel raccontare con suprema bravura il viaggio interiore dei suoi personaggi (vorrei solo ricordare un altro suo capolavoro: Quel che resta del giorno). Detto ciò, fra le mille sensazioni che questo libro singolare lascia, si preferirebbe che questi cloni, tanto gentili, indifesi e inoffensivi fossero fornitori di organi senza anima… tutto sarebbe più accettabile. Da non perdere.
IL GIGANTE SEPOLTO DI ISHIGURO
È meglio nell’esistenza non solo dei singoli, ma anche dei popoli, avere memoria di ciò che è accaduto nel passato o piuttosto crogiolarsi nell’oblio di se stessi e della storia? La cattiva memoria è la strada giusta per la felicità? L’oblio è la condizione ottimale per l’armonia fra i popoli? Queste sono le domande che Ishiguro, già autore di Quel che resta del giorno e Non lasciarmi, ci pone nella sua nuova fatica: Il gigante sepolto.
Il gigante del titolo non è altro che il ricordo, la memoria, che consciamente o inconsciamente può rimanere sepolto oppure può affiorare con uno sforzo immane a condizione che si sia disposti a pagare le conseguenze di ciò che è stato nel passato nel bene o nel male.
La storia di Axl e Beatrice, una coppia di anziani avvolta dalla nebbia dell’oblio, che si scoprirà essere generata dall’alito del drago Querig, è il pretesto per Ishiguro per confrontare “i dilemmi di un vincolo personale a quelli di una nazione”.
Ma se per i due anziani coniugi alla fine la speranza è quella che “Iddio saprà riconoscere il passo lento dell’amore di due vecchi uno per l’altro e comprendere come le ombre scure ne facciano parte”, gli odi razziali, transnazionali, etnici possono essere ricomposti al di fuori dell’oblio o è meglio in fondo lasciare che l’alito del drago continui a provocare la nebbia dell’indefinito?
Il libro è considerato il più “politico” di Ishiguro in quanto secondo l’autore ogni popolo ha il proprio Gigante sepolto, un passato da nascondere e dimenticare affinché la convivenza e l’armonia possano reggere .
Come sempre Ishiguro lascia aperti tutti gli interrogativi in modo che sia il lettore a decidere come andrà a finire.
È necessario poi spendere una parola sulla forma che l’autore ha voluto dare al libro. Infatti egli ha adottato la formula del fantasy che gli è costata feroci critiche, ma che tuttavia ha reso la materia narrata impalpabile come quella dei sogni o terrificante come quella degli incubi.