Côté Suisse

vuesaeriennes01_copyright_geneve_tourisme_1Su un territorio di appena 16 Km quadrati, tale è l’estensione della città di Ginevra, ci sono 20 musei, fra pubblici e privati. La città spende il 22% del suo budget annuale per la cultura. Tuttavia come Philippe Vignon, patron di Genéve Tourisme  ha dichiarato “Ginevra è molto brava nel savoir-faire ma decisamente mediocre nel faire-savoir”, infatti la sua pecca principale è quella di non essere in grado di fare una convincente “promozione culturale”.

Finalmente chi doveva interessarsi di questa fondamentale verità se n’è accorto. Ginevra finora ha vissuto un singolare paradosso. Città attivissima dal punto di vista culturale, capitale della musica classica ed elettronica, della danza moderna e del teatro d’avanguardia non si è mai preoccupata di promuovere questa sua vocazione, tagliando fuori di netto le migliaia di possibili frequentatori stranieri degli eventi e creando quasi una casta di iniziati al corrente delle diverse offerte culturali.

Alexandre Demidoff, editorialista di Le Temps ha messo il dito nella piaga affermando che Ginevra a tal argomento si dimostra : “Aristocratica fino all’indifferenza, e favorisce una cultura tra pochi, a prescindere dai profitti, simbolici, narcisistici ed economici, che tale offerta può portare”.

La soluzione a ciò che è stato definito “calvinismo in materia di politica culturale” è quella di puntare sui musei nonostante le loro pecche e i loro ritardi nelle infrastrutture, gli esperti hanno riscontrato che per far risorgere Ginevra come capitale culturale al pari di altre città europee è necessaria un’icona, come il Guggenheim per Bilbao, come la Fondazione Beyeler per Basilea. Chissà se la sfida verrà accettata dalla municipalità. Per quanto riguarda noi italianintransito e tutti gli altri expat della città non vediamo l’ora che le cose cambino per poter godere in qualche modo della vitalità culturale di Ginevra, per noi semi sconosciuta! Che dire? Ci auguriamo che la città di Ginevra si accorga e sia clemente con i non iniziati, ma affamati di cultura… e ce ne sono tanti!

 

English version

Over a land area of just 16 squared kilometres, in the westernmost tip of Switzerland, you will find the city of Geneva and its 20 museums. The city spends 22% of their annual budget on culture. However, as Philippe Vignon, head of Genéve Trouisme, states ‘Geneva has plenty of savoir-faire, but is mediocre in the field of faire-savoir’. The city’s biggest fault, in fact, is the lack of a successful marketing campaign to publicise the existence and extent of their numerous cultural attractions.

Recently, the people that were meant to take care for this aspect of Geneva’s cultural heritage, realised their mistakes. Until now, the city of Geneva has been paradoxically both very active in the cultural field, with important events taking place spanning from music, dancing, and theatre performances, while at the same time never really bothering to let people know about them, cutting out thousands of potential foreign visitors from seeing the city for the culturally rich environment it sustains. This creates a small group of privileged few that know about these events.

Alexandre Demidoff, editor of Swiss newspaper Le Temps, caused a stir stating that Geneva, when faced with the argument, is ‘aristocratic to the point of indifference, and favours a culture reserved for a fortunate few, without regards to the economic, symbolic and narcissistic profits that doing the opposite would bring’.

The solution to what was defined ‘calvinism in the field of political culture’, is to wager in favour of these museums regardless of their faults such as their lateness in building infrastructure. Experts’ reports claim that in order for Geneva to become an important cultural focal point like its European counterparts, it needs to find its iconic establishment, much like the Guggenheim in Bilbao or the Beyeler Foundation in Basel. Who knows whether this challenge will be taken up by the city’s municipality, who holds the power to make this change happen. All we know is that us Italianintransito, along with countless expats, cannot wait for a change in the city’s politics in order to enjoy the vitality around Geneva’s cultural life so unfamiliar to us. What else? We hope that the city of Geneva realises its mistakes for the culture-hungry population… After all, there are plenty of us!

Perchè odio l’arte di Jeff Koons

Le opere di Jeff Koons sono presenti in questi mesi in Svizzera, alla Fondazione Beyeler, con una grande mostra a lui dedicata.

Consiglio di vederla, ma fate attenzione perché chi vedrà le sue opere per la prima volta potrà rimanerne affascinato o irritato. A me succede sempre di provare il secondo stato d’animo.

A dire il vero, il mio primo incontro con le sue opere è avvenuto a Venezia, alla biennale del 1990. Ero in compagnia di mio padre e alle Corderie mi trovai di fronte ad una grande scultura policroma, a grandezza naturale, che ritraeva l’artista stesso in un amplesso con la porno star Cicciolina, all’epoca sua moglie.  Avevo poco più di venti anni ma ricordo il senso di disagio e imbarazzo.
Oggi sono certa che la mia irritabilità nei suoi confronti non è più imbarazzo, ma rabbia. Perché so che questo artista americano, definito un’artista neo-pop, manipolatore dei mezzi di comunicazione, illustratore ironico della vita americana e del consumismo, ha fatto centro e le sue opere hanno colto appieno la nostra epoca.

Nel suo mondo ludico, di giochi e pupazzi giganti, leggo il fallimento dell’occidente, dove l’uomo ha messo al centro della sua vita l’apparenza e dove tutto è merce di scambio, per alimentare una macchina che produce ricchezza materiale. Non c’è sobrietà nelle opere di Koons, come non c’è sobrietà nella società in cui vivo. Allora davanti alle sue opere tutto è possibile, ci si ritrova come su una giostra: si vivono attimi intensi di svago in un caos quasi piacevole e anestetizzante.

Ecco perché odio l’arte di Jeff Koons: perché mi ricorda tutto quello da cui vorrei sottrarmi.

La mostra sarà alla Fondazione Beyeler  dal 13 maggio al 2 settembre. In mostra troverete molti dei suoi lavori e nel giardino della fondazione potrete ammirare la scultura monumentale composta di fiori intitolata Split-Rocker.