Chiacchiere del lunedì

Prova mafalde

Corrado Levi, La panchina rosa triangolare, Torino
Corrado Levi, La panchina rosa triangolare, Torino

Mi piace pensare che nel calendario il 27 gennaio sia in Europa la giornata alla memoria delle vittime del nazismo. Questo perché mi ha dato lo spunto per parlarne in famiglia, in modo particolare con la figlia più giovane che da pochi giorni ha visitato con la scuola il Museo di Anna Frank ad Amsterdam, dove, come lo stesso  direttore ha affermato, ogni giorno è la giornata della memoria.

Il 27 di gennaio è la data in cui furono abbattuti i cancelli di Auschwitz e la Repubblica Italiana con la legge 211 del 20 luglio 2000, ha istituito il “Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati”. 

Una falsa scienza è stata il perno su cui si è basato lo sterminio di tante persone: esistono uomini che da un punto di vista genetico sono sbagliati, diversi da noi e dunque occorre sopprimerli. Una falsa biologia che è penetrata così a fondo nella mente delle persone, che hanno finito per crederci veramente. Oggi fa paura pensare che si possa aderire in tanti piegandosi ad una tale falsità. Come si può essere distorti ? Dove affonda questo orrore? Le sue radici oggi sopravvivono in chi non si vergogna di diffondere e alimentare il negazionismo, ma anche in chi in modo più sottile ritiene ineluttabile che al mondo i forti debbano sempre vincere sui più deboli.

Chi arrivò per primo in quei campi dell’orrore non ha potuto più dimenticare. Gli alleati furono incoraggiati dai loro stessi comandi a documentare con fotografie e riprese filmate ciò a cui assistevano… per non dimenticare. Gli scampati hanno conservato la memoria di ciò che accadde. Una follia collettiva che contagiò mezza Europa. Come poter pensare che tutto ciò non sia avvenuto? Eppure una certa storiografia nega che tali orrori siano mai successi. A volte rimuovere fa meno male che affacciarsi a baratro dell’orrore.

Così ben vengano i memoriali, i monumenti e le occasioni per ricordare. Vorrei segnalare l’installazione inaugurata l’anno scorso a Berlino dall’artista israeliano Dani Karavan in memoria dei Sinti e dei Rom d’Europa sterminati sotto il regime Nazional Socialista e a Torino la panchina inaugurata ieri dell’artista italiano Corrado Levi dedicata alle vittime omosessuali.

Quando una storia viene raccontata, anche attraverso l’arte, non la si può più dimenticare

Dani Karavan, Memoriale ai Sinti e ai Rom, Berlino
Dani Karavan, Memoriale ai Sinti e ai Rom, Berlino

È bene che l’arte venga in aiuto alla memoria è bene che occupi lo spazio delle nostre città e in modo libero racconti la storia alle generazioni future.

L’uomo è un albero del campo

Per me l’ULIVO è come un nonno, con il tronco corto e contorto, rugoso, arcigno e ben piantato, non ha delle fronde rigogliose, le sue foglie lanceolate sono verdi e grigie ma nell’insieme e da lontano i suoi colori ricordano l’argento. E’ una pianta longeva cosicché gli ulivi più vecchi hanno visto tanta storia passare. E’ una pianta generosa: non manca mai di dar frutto.

Da sempre è simbolo della pace. Per le nostre tradizioni è anche segno di  rinascita di riconciliazione tra gli uomini e Dio. Tutti infatti ricordano la colomba con in  becco un ramoscello di ULIVO quando vola verso Noè per avvisare la fine del Diluvio.

Originario dell’Asia Minore l’ULIVO è come il patriarca della cultura mediterranea che unisce tutti i paesi affacciati    sul mediterraneo. E’ sacro per i cristiani e per gli ebrei e per i musulmani.

Dall’ULIVO già i fenici, i greci e i cartaginesi commerciavano l’olio usato come alimento ma anche come unguento per il corpo o per l’illuminazione, come alimento per le lucerne..

In arte l’ULIVO ha trovato sempre un posto importante basta ricordare i ramoscelli di ulivi tenuti in mano dagli angeli dipinti nella Natività mistica  di Sandro  Botticelli (1501 National Gallery di Londra ) o ancora la bella testa di Pallade, nel dipinto  Pallade e il centauro sempre di botticelli, cinta di una corona d’ulivo.

E anche ai nostri giorni richiama l’attenzione de gli artisti. Tra gli altri, ricordiamo l’artista israeliano Dani Karavan e il suo lavoro Tzmicha-Crescita del 2001-2002 realizzato per il parco della Padula a Carrara durante la XI Biennale Internazionale di scultura.

In questo lavoro l’artista ha provocato un’esplosione in una  lastra di marmo, creando un vuoto al centro nel quale ha piantato un albero di ULIVO.  Da un’atto violento come un’esplosione si è generato  uno spazio per la pace.

Così ha detto l’artista “le sue foglie sono verdi e grigie l’albero legherà la scultura al luogo, le sue radici legheranno il marmo con la terra, e se un giorno qualcuno vorrà spostare la scultura dovrà sradicare anche l’albero: l’ulivo”.

Sulla lastra si trova incisa  una frase in ebraico dalla Bibbia : “l’uomo è un albero del campo Deuteronomio 20.19.