Buono e bello

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Mimmo Paladino, Portale d’ingresso in terracotta

Ecco un luogo di cui andare orgogliosi. Si trova a Milano ed è il refettorio Ambrosiano. Caritas e Diocesi Ambrosiana lo hanno creato assieme, a partire da un’intuizione del celebre chef Massimo Bottura e di Davide Rampello. E’ dedicato alle persone in difficoltà: rende disponibile un buon pasto per loro, ogni giorno. E già questa sarebbe, di per se stessa, una gran bella cosa. Ma si tratta anche di un’idea assai particolare, soprattutto per il modo in cui è nata: grazie all’impegno di uno chef stellato, di designer, di artisti .Refettorio-ambrosiano010-769x514

In occasione dell’Expo del 2015, Bottura e Rampello pensarono di creare un luogo dove chi vive ai margini potesse mangiare un pasto caldo e dove si potesse anche impegnarsi contro l’ingiustizia dello spreco alimentare. E su questo punto dobbiamo dire qualcosa:  se è vero che basterebbe la metà del cibo che viene sprecato ogni giorno per sfamare i malnutriti di tutto il mondo, perché non accettare la sfida e invertire i termini della questione relativi a questa assurdità?

E dunque, nel refettorio si cucinano ottimo piatti con ingredienti di eccedenza dei supermercati. Durante il semestre di Expo Italia vi sono venuti a lavorare tantissimi chef da alcuni dei piu’ importanti ristoranti internazionali.

Agrodolce
Massimo Bottura

E non finisce qui :  un gruppo 13 designer ha creato i tavoli stessi del refettorio. Nomi importanti, da Alessandro Mendini, a Pietro Missoni, a Terry Dwan . Ogni tavolo è un lavoro a sé e ha un titolo . Nel refettorio, poi, campeggiano i lavori degli artisti  Carlo Benvenuto, Enzo Cucchi, Maurizio Vannucci, Mimmo Paladino e Gaetano Pesce. Mimmo Paladino, infine, ha realizzato il portale d’ingresso in terracotta, chiamato La porta dell’accoglienza.

Il refettorio è un luogo dove, nello spirito di accoglienza, si cerca di dare il pane (nel senso piu’ nobile del termine) e il companatico del calore umano a chi ne ha bisogno, unendo il buono  della nostra cultura gastronomica con il bello dell’arte. Un esperimento nuovo in cui la solidarietà diventa un percorso di sostegno alla dignità.

A Lugano, sulle vette del monte Tamaro una gita tra arte e natura

Una decina di anni fa ho fatto una gita estiva in Svizzera. Da sempre in mezzo all’arte, andai a visitare un luogo suggestivo che non avrei più dimenticato. Si tratta della chiesa di Santa Maria degli Angeli, sulle pendici del monte Tamaro, vicino a Lugano. Questa chiesa ha veramente qualcosa di straordinario, sia per dove è collocata sia per come è stata concepita dall’architetto svizzero Mario Botta, che qui ha lavorato in piena sintonia con l’artista italiano Enzo Cucchi.

Per arrivare alla chiesa occorre prendere la cabinovia che mena all’Alpe Foppa, a circa 1500 metri di altitudine. La costruzione è stata inaugurata nel 1996  e si nota subito in alto, a picco sul monte. E’ un luogo da non perdere perché è stata pensata staccata dalla montagna, come un belvedere sulla valle. In verità vi si arriva salendo più in alto, sul tetto, e poi scendendo dentro la chiesa stessa. Il tetto, oltre che da scalinata, funge anche da anfiteatro e offre punti di vista magnifici sulle diverse montagne del circondario.

Scese le scale, si entra all’interno della chiesa: di forma  semicircolare, strutturata a tre navate, ha al suo centro una piccola abside, inondata di luce intensa, con due grandi mani disegnate da Cucchi sulle sue pareti.

La chiesa ha 22 aperture poste a livello del pavimento, che consentono di ammirare lo splendido paesaggio della valle sottostante. Nelle strombature dei muri, ha una serie di dipinti incisi da Cucchi attorno al tema di santa Maria degli Angeli.

Un’esperienza unica, la visita di questa chiesa; un modo contemporaneo di trattare il sacro che arriva dritto al cuore e alla mente. Il luogo, poi, è anche molto apprezzato da chi ama camminare sui monti, perciò se  potete trattenervi di più potete fare la traversata Monte Tamaro-Monte Lema(circa 4 ore). Io non l’ho fatta, ma dicono che sia facile ed accessibile a tutti: mi piacerebbe provarla.

Ciao Lucio… e grazie!

Lucio Dalla si è spento ieri a Montreaux durante il suo tour in Svizzera, stroncato da un infarto.

L’aver preso congedo dal mondo in un modo così repentino e tragico, ci ha lasciati di stucco. Per un momento è come se si fosse spezzata una parte dei nostri legami con il passato.

Dalla è stato un pilastro della canzone d’autore, ha attraversato con i suoi testi e la sua musica quasi 50 anni di storia italiana. Come tutti i grandi è passato attraverso fasi differenti e si è valso della collaborazione di nomi famosi: uno su tutti Francesco De Gregori.

Lucio Dalla è stato un curioso, ha esplorato tanti campi musicali e le arti in genere come dimostrano le sue frequentazioni  e le sue amicizie con grandi artisti, poeti, intellettuali e scrittori italiani quali Michelangelo Pistoletto, Aldo Mondino, Andrea Pazienza, Pier Vittorio Tondelli, Giacomo Campiotti,  Mimmo Paladino, Enrico Palandri, Enzo Cucchi, Gian Ruggero Manzoni,  Luigi Ghirri, Luigi Oldani.

Forse i più giovani non sono altrettanto colpiti quanto noi da questa perdita, e per noi intendo quelli della generazione dei telefoni a gettoni, del mangiadischi e della Vespa PK. Per noi  Dalla è stato un mito. Ci ha accompagnato nelle contestazioni al liceo e con il suo cappellino di lana in qualche modo ha incarnato chi si voleva ribellare al «sistema».

Negli ultimi anni si era in effetti un po’ perduto in questo sistema, ma la sua musica non ha mai tradito i suoi fan.

Lo vogliamo ricordare così, alla Amarcord, riesumando un suo pezzo che non tutti ricordano ma che ci ha aiutati, noi bambini degli anni settanta, a conoscerlo e ad apprezzarlo.