I fantasmi dell’impero

mappa_Africa_Orientale_ItalianaOmicidi efferati, un complotto politico frutto di lotte per il potere, l’Abissinia (oggi Etiopia) occupata, amori più’ o meno fortunati e le velleità imperiali (e criminali) del Fascismo. Ingredienti per un giallo mozzafiato ambientato in quella che fu l’Africa Orientale Italiana, con un avvocato militare italiano impegnato in una missione strettissima e quasi stritolato da un gioco più’ grande di lui.  Un libro di tre amici – intitolato I fantasmi dell’impero – che hanno compiuto anni di ricerche per costruire una storia (di finzione) incentrata su tante storie individuali vere e su una conoscenza dei luoghi e delle istituzioni imperiali eccezionale. Leggendo il libro, ci si cala negli anni trenta e si viaggia fra Addis Ababa, Dessié, Macallé, Gondar, Bahar Dar; si attraversano la provincia del Goggiam e le montagne dell’Etiopia settentrionale. 51BdBPiVrSL._SY346_

Si incontrano le situazioni dell’impero: gli ascari, le scellerate bande di irregolari, i residenti italiani e i costruttori di strade, le città italianizzate (mi viene in mente il viale Mussolini a Addis, che oggi si chiama Churchill road), le camice nere in cerca di gloria, l’esercito. Si vive quella stagione della nostra storia in cui tanti italiani si recarono in Africa convinti di portare la civiltà, trovandosi invece sotto un’amministrazione che non esitava a usare ogni crudeltà, in virtù’ di puro razzismo e in barba alle regole del diritto internazionale umanitario. Tanti dei nostri eroici leader di allora oggi sarebbero solamente dei criminali internazionali, buoni per la corte dell’Aja. Il libro fa trasparire tutto questo in maniera molto intelligente, attraverso le storie dei singoli. Una bella storia e un monito: per quanto civili ci si senta, la barbarie è sempre dietro l’angolo.

Noi gente di mezzo a quale secolo apparteniamo?

E’ scomparso Eric Hobsbawm, lo storico. Se ne è parlato molto perché è uno di quegli intellettuali conosciuti anche dal grande pubblico. Il suo libro più celebre, The age of extremes (in italiano Il secolo breve, ed Bur), è sempre citato, quando si parla del secolo appena trascorso, anche se lui in verità era uno storico dell’800. Ed è proprio di questo libro che vi parlo. Il fatto è che si tratta di un’opera che ha fatto fortuna, anche perché offre una lettura sempre interessante su molti aspetti di quel periodo storico, mettendone in luce le caratteristiche salienti a ogni livello, sociale, politico, culturale. Lui lo ha chiamato il secolo breve, il 900, racchiuso tra prima guerra mondiale e dissoluzione dell’Unione Sovietica, per contrapporlo all’800, il secolo lungo, da lui fatto iniziare con la rivoluzione francese del 1789 e finire con la prima guerra mondiale, nel 1914.

Nel libro si trovano tanti riferimenti anche all’Italia e non solo per il fascismo o la guerra, ma anche per gli anni del boom e per la cultura. E questo è, secondo me, il tratto che rende Hobsbawm interessante per un blog come il nostro. Amava l’Italia e la nostra cultura. Poco tempo fa aveva registrato una lettera video a Gramsci. Al di là delle sue opinioni su Gramsci e sul suo ruolo nella storia, personalissime come ogni opinione, colpiva il fatto che questo  grande storico, vissuto sempre nel mondo anglosassone,  ma anche a Vienna e a Berlino,  parlava bene l’italiano e conosceva la nostra storia meglio di tanti di noi.

Già: un tempo le persone colte avevano un gran rispetto per l’Italia. Imparavano la nostra lingua, studiavano le nostre vicende. E offrivano un’immagine migliore del nostro paese, a chi veniva in contatto con loro. Ma che fine ha fatto questo rispetto? Che fine ha fatto il ruolo che l’Italia aveva nella cultura mondiale?