La sala di lettura

Roberto Barni
Roberto Barni

La nostra sala di lettura è ricca di buoni consigli su libri da leggere, ma vuole anche essere un modo per rispolverare il ricordo di libri già letti, che in un modo o in un altro sono stati formativi e importanti.

Per me uno di questi è Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, scritto nel 1951, in cui l’imperatore in prima persona parla della sua vita, della sua storia che coincide inevitabilmente con quella di Roma, della sua filosofia di vita, impregnato com’era di quello spirito ereditato dai Greci che ancora oggi è alla base di tutto il pensiero occidentale.

Una figura tragica e poetica, umana e universale. Dove, meglio che in questo spazio riproporre un breve estratto in cui Adriano/Yourcenar parla dei libri?

“La parola scritta mi ha insegnato ad ascoltare la voce umana, press’a poco come gli atteggiamenti maestosi e immoti delle statue m’hanno insegnato ad apprezzare i gesti degli uomini. Viceversa, con l’andar del tempo, la vita m’ha chiarito i libri.

Ma questi mentono. anche i più sinceri. I meno abili in mancanza di parole e di frasi nelle quali racchiuderla, colgono della vita un’immagine povera e piatta; altri, come Lucano, l’appesantiscono, l’ammantano di una dignità che non possiede. Altri ancora, al contrario, come Petronio, l’alleggeriscono, ne fanno una palla vuota e saltellante, che é facile prendere e lanciare in un universo senza peso. I poeti ci trasportano in un mondo più vasto, o più bello, più ardente o più dolce di quello che ci è dato; per ciò appunto diverso e in pratica pressoché inabitabile. I filosofi  sottopongono la realtà, per poterla studiare allo stato puro, press’a poco alle stesse trasformazioni che subiscono i corpi sotto l’azione del fuoco o del macero: di un essere o di un avvenimento, quali li abbiamo conosciuti noi, pare non sussista nulla in quei cristalli e in quella cenere. Gli storici ci propongono una visione sistematica del passato, troppo completa, una serie di cause ed affetti troppo esatta e nitida per aver mai potuto esser vera del tutto; rimodellano questa docile materia inanimata, ma io so che anche a Plutarco sfuggirà sempre Alessandro. I narratori, gli autori di favole milesie altro non fanno che appendere in mostra sul banco, a guisa di macellai, piccoli pezzi di carne graditi alle mosche.

Mi troverei molto male in un mondo senza libri, ma non é lì che si trova la realtà, dato che non vi è per intero…”

Da, M. Yourcenar, Memorie di Adriano, p. 23, Einaudi, Torino, 1981

La filosofia della “procrastinazione strutturata”

Se su Wikipedia cerchiamo John Perry, scopriremo che dietro questo pseudonimo si cela Henry Waldgrave Stuart filosofo statunitense, professore emerito di filosofia presso l’Università di Stanford, studioso che con la sua ricerca ha dato contributi significativi ad aree della filosofia quali logica, metafisica e filosofia del linguaggio (particolarmente famoso è il suo lavoro sulle situazioni semantiche).

Al suo attivo il professor Waldgarve ha titoli quali A Dialogue on Personal Identity and Immortality oppure Dialogue on Good, Evil and the Existence of God o ancora Knowledge, Possibility and Consciousness. Tuttavia è molto probabile che l’autore non verrà ricordato dai posteri per questa produzione “seria” del suo essere filosofo, quanto piuttosto grazie ad un libretto scritto appunto sotto il suo pseudonimo che si intitola The Art of Procrastination: A Guide to Effective Dawdling, Lollygagging and Postponing (L’Arte di procrastinare: una guida al bighellonare, trastullarsi e posporre efficaci).

La teoria che il professore con grande senso dell’humour propone è quella della “procrastinazione strutturata”, che sembra una cosa molto complessa, ma che si traduce in “non fare oggi quello che puoi fare domani”. Per attuare ciò però esiste un metodo testato dallo stesso professore: infatti l’elenco dei compiti nella nostra mente è strutturato in ordine di importanza, prima le cose rilevanti poi mano mano quelle con minore urgenza. Tuttavia dedicandosi ai compiti che si trovano in basso nella lista si eviterà di fare le cose in alto, pur tuttavia conservando un certo livello di azione… in tal modo il soggetto sarà occupato agli occhi del mondo sebbene stia deliberatamente lasciando allo sbando gran parte delle priorità.

L’esempio di Waldgrave (o meglio Perry) è simpaticamente illuminante. Da professore residente in università aveva, infatti, da sbrigare una gran quantità di lavoro accademico: correggere compiti, dare voti, preparare lezioni e seminari, esaminare scartoffie di ogni genere ecc ecc. Tuttavia aveva anche la possibilità di stare a contatto ravvicinato con gli studenti stando in mezzo a loro, giocando a ping pong o ascoltandoli parlare nelle loro stanze, occupazioni queste ultime molto più piacevoli e rilassanti. Risultato: fama di eccezionale educatore e mentore, l’unico nel campus capace di stare con gli studenti e capirli a fondo…

Dunque la procrastinazione come arte, come modo di vivere e di affrontare le cose.

Una filosofia di vita? No, piuttosto un alibi che ogni tanto dovremmo adottare!