E se l’arte sparisse?

centro-pecci-prato
Centro Pecci, Prato

Questo autunno, caratterizzato dall’apertura di nuovi Musei, ci offre la possibilità di pensare a nuove gite, da organizzare per le prossime festività. Nella mia città, a Prato, è appena stato riaperto, dopo dieci anni di chiusura, il Museo  Pecci. E’ stato tutto rinnovato e cambiato, sotto la guida dell’architetto olandese Maurice Nio.

La nuova forma esterna del museo è ispirata a quella di un’astronave: un grande oggetto spaziale atterrato nel cuore di Prato, con una lunga antenna sul tetto che cercherà di captare i segnali delle ultime ricerche nel campo dell’arte contemporanea.

imgres
MAAT , Lisbona

Intanto a Lisbona, sempre in Ottobre, si è aperto il MAAT Museu de arte, Arquitetura e Tecnologia. Il museo è dedicato alla cultura contemporanea attraverso le arti visive, i nuovi media, la tecnologia e la scienza. Realizzato da Amanda Levete, dello studio londinese AL_A, il museo è stato inaugurato con una grande installazione interattiva dell’artista francese  Dominique Gonzales-Foerster, dal titolo Pynchon Park.

Per chi non l’avesse ancora visitata, c’è la nuova ala – inaugurata sempre nel 2016 – della Tate Modern. Opera di  Herzog & de Meuron; gli stessi che avevano progettato la ristrutturazione del primo edificio.

url
Nuova ala Tate Modern

E le cose non si fermano qui: è notizia recente cha anche in Svizzera sono in atto dei rinnovamenti presso la celebre Fondazione Beyler. E’ stato scelto lo studio Peter Zumthor per ampliarla e rinnovarne la sede (storico progetto di Renzo Piano). Si prevedono 80 milioni di franchi di spese.

Nel 2017 si apriranno anche le porte del nuovo Louvre, progettato da Jean Nouvel ad Abu Dhabi. L’edificio è costruito come “una struttura a cupola galleggiante”.

Tutto un fermento di novità ed investimenti. Mentre i nuovi musei si stanno preparando per ricevere i primi visitatori,  ce n’è uno a Metz, in Francia, non troppo vecchio, nato come distaccamento del Centre Pompidou, che proprio in questi giorni ha inaugurato una mostra dal titolo: Un Musée Imaginé: et si l’art disparaissait? La mostra vuole farci riflettere sul valore dell’arte e sull’importanza di preservarne la memoria: ci si immagina  di essere nel 2052 e che l’arte sia minacciata di estinzione. Il gruppo di opere esposte dovrà cercare di preservare e trasmettere alle generazioni future il senso e la memoria di cosa sia l’ arte. Una mostra intelligente che ci chiede se dobbiamo davvero lottare perché le nostre città conservino e promuovano l’arte, con una domanda di fondo: l’arte è essenziale per la nostra società?

Per chi fosse interessato: centrepompidou-Metz.frweb_genzken_oil_2007-jpg-crop_display

Tutti presenti per Art Basel

resized_650x365_461022

Due momenti diversi, entrambi vissuti da poco, mi vengono in mente pensando ad Art Basel la fiera d’arte contemporanea più famosa del mondo, da ieri lanciata con le anteprime dedicate ai vip e aperta fino al 22 giugno.

Il primo è una visita a Palazzo Vecchio, a Firenze, il secondo invece è una sfilata di moda a cui ho assistito in questi giorni a Ginevra. Palazzo Vecchio, che divenne dal 1540 la dimora della famiglia Medici, impressiona per i sontuosi ambienti e mostra come l’arte possa essere al servizio della potenza e del prestigio dei suoi collezionisti. La sfilata di moda, invece, presentava bellissime modelle con i loro abiti preziosi e scintillanti, mostrate quasi come opere d’arte viventi, come oggetti animati del desiderio, su dei piedistalli, alla fine della sfilata vera e propria.

Dunque io compro se vengo attratto dal desiderio di possesso e compro l’arte se essa può essere messa al servizio della mia persona.

A Basilea sono attesi per l’evento 70 mila tra collezionisti e appassionati d’arte di tutto il mondo. E così mentre 285 gallerie da 34 paesi e 4.000 artisti si stanno collocando con le loro opere in vendita nel padiglioni della fiera, cerco di immaginarmi il ritratto del collezionista del XXI secolo. Ne viene fuori una figura multiforme: in primis un investitore, ma anche una persona che vuole esserci, qualcuno attratto da tutto ciò che è fermento e novità artistica, che vuole possedere, che non ama restare indietro. Il collezionista del XXI secolo sa bene che l’arte può essere usata come un veicolo per la propria visibilità, soprattutto nell’ambito del mondo che conta.

E’ poi un male tutto questo? Anche se la figura non sembra essere tra le più simpatiche, basta pensare alla bellezza del salone del Cinquecento a Firenze. Se l’arte rimane un desiderio, con buona probabilità, farà la fortuna delle generazioni future.

Così in marcia, caro collezionista di oggi, perché a Basilea un solo giorno non ti sarà sufficiente per vedere tutto: ad esempio quest’anno per la prima volta ci sarà una sezione dedicata alla performance (da non perdere, la sezione si intitola 14 Rooms); ci sarà poi una nuova estensione della fiera, progettata da Herzog & De Meuron. Potrai, collezionista contemporaneo, anche andare a spasso per la città a visitare la sezione Parcours, composta da installazioni urbane. Prima di perderti tra le gallerie, avrai l’appuntamento con Unlimited dedicata a installazioni ambientali di grandi dimensioni, pensate per collezionisti molto coraggiosi o per musei in cerca di opere permanenti.

Inutile poi ricordare che per l’occasione anche i musei della città ospitano cose molto interessanti come la mostra dedicata a Gerard Richter, alla Fondazione Bayler, o quella sul designer Konstantin Grcic, al Vitra Museum.

Vitra Museum
Vitra Museum,Konstantin Grcic

Chiacchiere del lunedì

Delphine Boël, The Golden Rule blabla
Delphine Boël, The Golden Rule blabla

La parola scelta oggi per descrivere la settimana passata è SECESSIONE. Nei secoli se ne è parlato in termini di distacco di un gruppo dall’unità politica, sociale, militare di cui faceva parte, ma anche come di separazione netta di parte del territorio, con la sua società, da uno Stato.

Così di getto sembra che in questa sua seconda accezione, di cui oggi si parla in Italia, la parola vada a cozzare con solidarietà. Un territorio che si trova a essere più ricco o meglio organizzato si stacca dal resto di un paese perché lo ritiene una zavorra nella quale non vale la pena investire. A me sembra un po’ come abbandonare una persona malata, semplicemente perché non se ne può più ottenere niente.

Ma se guardiamo al passato le secessioni possono anche anticipare un cambiamento, una voglia di reagire per cercare di introdurre una novità. È accaduto con movimenti politici e anche artistici: fu infatti il nome conferito a un movimento artistico europeo, tra fine del IX e inizio del XX secolo, che si contrappose alla pedante mancanza di originalità di un certo mondo accademico, rinnovando il fare artistico di quell’epoca. Quella secessione si chiamò anche Art Nouveau o Jungendstil, e nella spregiudicatezza lasciava presagire l’arrivo della modernità. In questo caso secessione fu sinonimo di libertà di espressione e di innovazione.

Secessione fu anche il termine dato alla guerra civile combattutasi sul territorio degli Stati Uniti, tra 1861 e 1865. In quel caso, la separazione fu proclamata da 11 stati del Sud che si opponevano all’abolizione della schiavitù. Ancora peggio della mancanza di solidarietà. Qui c’era addirittura chi combatteva a favore d’una pratica disumana.

Insomma, a volte si vuole una secessione per non cambiare un assetto economico, sociale o culturale; mentre a volte la si vuole rompere per voltare pagina. Ho pensato che un po’ di secessione la fanno anche i nostri figli adolescenti quando ci contestano e cambiano i piani che avevamo fatto per loro. E la pedagogia ci ha insegnato che lo strappo da noi li aiuta a crescere meglio.

E quindi questa gran voglia di secessione in Italia è l’anticamera di un mondo nuovo e più moderno, o il desiderio di isolarsi da un mondo che non si capisce più? È il bisogno di evolversi o quello di dare sfogo a un istinto egoistico?

Vedremo. Nel frattempo, chi volesse dedicarsi in qualche misura alla secessione come movimento artistico può recarsi a Basilea, alla Fondazione Bayler per godersi l’opera di uno dei massimi pittori della Secessione: Odilon Redon. In mostra, fino al 18 maggio, potrete vedere il lavoro di un’artista che amò molto dipingere la natura, i fiori, i boschi. Il tutto avvolgendo i quadri in un’aurea quasi esoterica e magica, animata da figure diafane.