Non piangere più

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Il mio desiderio di diventare mamma, di cullare  un esserino, di coccolarlo, di non farlo piangere, di spogliarlo, rivestirlo per poi spogliarlo e rivestirlo ancora, mi è sorto un bel po’ di anni fa quando i miei genitori, in occasione di un natale dei primi anni Settanta, mi regalarono l’unico e inimitabile Cicciobello. Non c’è dubbio che la mia generazione si divideva tra quelli che giocavano con Cicciobello e quelli che,  molto più alla moda, si baloccavano con le Barbie. I primi andavano piano, seguendo  la tradizione, gli altri  sentivano già aria di cambiamento e, dando molta importanza all’aspetto fisico e al look, facevano mille esperienze con costumi smaglianti, sandali di ogni colore e scampagnate dentro un camper rosa di plastica.imgres-1

E così quando ieri ho saputo che era morto il designer Gervasio Chiari, inventore di Cicciobello,  ho fatto un tuffo indietro negli anni. Ricordo esattamente perché questo bambolotto mi sembrava incredibile: prima di tutto piangeva come un matto e io potevo consolarlo e quindi calmarlo, poi il corpo morbido di tessuto con le gambette di plastica mi permetteva di tenerlo in braccio come fosse un vero bambino; cosa impossibile con le bambole tutte rigide, perché interamente in plastica o troppo morbide perchè di tessuto. E poi ho nell’orecchio le parole di una cara zia che spesso mi diceva: “Quando è nato, tuo fratello aveva dei grandi occhi blu; era così bello che sembrava Cicciobello”.

E con queste parole il bambolotto si è fatto mito e dunque per me è indimenticabile.

Perchè odio l’arte di Jeff Koons

Le opere di Jeff Koons sono presenti in questi mesi in Svizzera, alla Fondazione Beyeler, con una grande mostra a lui dedicata.

Consiglio di vederla, ma fate attenzione perché chi vedrà le sue opere per la prima volta potrà rimanerne affascinato o irritato. A me succede sempre di provare il secondo stato d’animo.

A dire il vero, il mio primo incontro con le sue opere è avvenuto a Venezia, alla biennale del 1990. Ero in compagnia di mio padre e alle Corderie mi trovai di fronte ad una grande scultura policroma, a grandezza naturale, che ritraeva l’artista stesso in un amplesso con la porno star Cicciolina, all’epoca sua moglie.  Avevo poco più di venti anni ma ricordo il senso di disagio e imbarazzo.
Oggi sono certa che la mia irritabilità nei suoi confronti non è più imbarazzo, ma rabbia. Perché so che questo artista americano, definito un’artista neo-pop, manipolatore dei mezzi di comunicazione, illustratore ironico della vita americana e del consumismo, ha fatto centro e le sue opere hanno colto appieno la nostra epoca.

Nel suo mondo ludico, di giochi e pupazzi giganti, leggo il fallimento dell’occidente, dove l’uomo ha messo al centro della sua vita l’apparenza e dove tutto è merce di scambio, per alimentare una macchina che produce ricchezza materiale. Non c’è sobrietà nelle opere di Koons, come non c’è sobrietà nella società in cui vivo. Allora davanti alle sue opere tutto è possibile, ci si ritrova come su una giostra: si vivono attimi intensi di svago in un caos quasi piacevole e anestetizzante.

Ecco perché odio l’arte di Jeff Koons: perché mi ricorda tutto quello da cui vorrei sottrarmi.

La mostra sarà alla Fondazione Beyeler  dal 13 maggio al 2 settembre. In mostra troverete molti dei suoi lavori e nel giardino della fondazione potrete ammirare la scultura monumentale composta di fiori intitolata Split-Rocker.

Quante mogli quanti mariti?

Chissà se è capitato anche a voi di giocare ad un vecchio gioco che si faceva in Toscana dal titolo Quante mogli quanti mariti?. Un gioco “bischero” come viene definito dai due autori del libro Si giocava a schioppapalle, Vittorio Innocenti e Tiziana Vivarelli (ed. Polistampa).

Bischero,  per noi vuol dire un po’ grullo e la parola, tutta toscana,  si associa alla famiglia fiorentina dei Bischeri, che durante la progettazione di Santa Maria del Fiore si rifiutarono di vendere al Comune , ad un prezzo molto buono, l’area su cui sorgevano le sue case per poi svenderle successivamente quando vennero bruciate da un incendio.

Il gioco, che appunto ho ritrovato in questo curioso libro di giochi e giocattoli della tradizione, si faceva in primavera nei prati, dove si raccoglievano dei fili d’erba particolari che avevano spighe sottili e si usavano per tirarle addosso ai compagni. Le spighe rimaste attaccate ai vestiti del portatore avrebbero rivelato il numero delle moglie e dei mariti (a secondo se era un bambino o una bambina) che sarebbero toccati da grandi.

Anche io ho sorriso quando ho ritrovato quel gioco nel libro e mi sono ricordata quante volte l’ho fatto e quanta attenzione mettevo al numero che usciva!