Arte soggetta a deperimento

Dieter Roth, ritratto dell'artista, multiplo, 1968, cioccolato
Dieter Roth, ritratto dell’artista, multiplo, 1968, calco di cioccolato con cibo per uccelli

Oggi fino al 9 febbraio si inaugura, a HangarBicocca di Milano, una mostra antologica dedicata a Dieter Roth. Un’artista difficile da capire per chi si discosta mal volentieri dai canoni tradizionali dell’arte. Ma, se lo andate a vedere, credo che abbia la capacità di incuriosirvi e farvi riflettere sugli sviluppi e le trasformazioni dell’arte contemporanea.

Dieter Roth (1930-1998), poeta, grafico, esperto di musica e design, ha spaziato in campi diversi sperimentando sia nel campo della tecnica che in quello dei materiali dell’arte. Pittore, interessato all’arte cinetica, ad un certo momento della sua vita comincia a inserire materiali deperibili nei suoi lavori: cioccolato, formaggio, pasta di pane. Materiali che gli interessano proprio per la loro natura transitoria. Nel 1982 ha rappresentato la Svizzera alla biennale di Venezia e ha collaborato con artisti come Daniel Spoerri, Richard Hamilton e Arnolf Rainer.  Le sue opere sono scelte come un atto che si insinua dentro il vivere quotidiano e vive il tempo del suo svolgimento. Oltre a questo, Roth è stato interessato molto anche al concetto di opera d’arte come multiplo – un concetto che mette in crisi l’idea dell’unicità dell’opera –  realizzando opere che sono sospese tra la banalità dell’immagine e la sofisticatezza di un’opera autenticata da una piccola tiratura e firmata. Ha prodotto libri d’artista e ha fondato anche delle case editrici.

Dieter Roth, Cologne Divisions,1965
Dieter Roth, Cologne Divisions,1965

Roth ha partecipato più volte alla Biennale di Venezia. Come dicevamo, nel 1982 rappresentò la Svizzera. Per questa edizione, invece, Massimiliano Gioni lo ha ricordato con  Solo Szenen, una videoinstallazione  del 1997-98 composta di 131 monitor collocati dentro scaffali di legno, un’installazione intesa come un diario in cui durante un periodo di convalescenza dell’artista lo si poteva seguire in tutta la sua attività quotidiana.

Dieter Roth, Solo Szenen, 1997-98
Dieter Roth, Solo Szenen, 1997-98

I video ci offrono tutti i momenti di questo periodo,  non nascondono niente ma ci immergono nel tempo che passa guardando la sua vita.  Nel catalogo della biennale si legge: “ Per tutta la sua carriera pluridecennale, Dieter Roth non ha mai fatto distinzione tra arte e vita(…) La passione di Roth per le rovine e i rifiuti si estendeva fino ad incorporare l’immagine stessa dell’artista(..). ( dal catalogo Palazzo Enciclopedico,mostra, La Biennale di Venezia, p.410)

Cioccolato svizzero? No Novi. Eppure un legame con la Svizzera Novi lo va cercando perché sarà  proprio lui lo sponsor alla mostra. di Dieter Roth al Hangar della bicocca a Milano. E grazie allo sponsor è stato possibile ricostruire due grandi installazioni a cui ha partecipato il figlio dell’artista, Bjiorn, fatte con 4 tonnellate di cioccolato.

Mostra da non perdere.

Eternity is a long time

Mike Kelley, Jhon Gleen Memorial Detroit
Mike Kelley, Jhon Gleen Memorial Detroit

L’arte contemporanea ama presentarsi  in posti insoliti, tra questi ormai da tempo ce n’è uno a Milano che ha un’attività assortita e di grande interesse: l’Hangar Bicocca.

Da 24 maggio fino all’8 settembre si terrà la mostra Eternity is a long time, dedicata all’artista americano Mike Kelley (Detroit 1954-Los Angeles 2012) .

Mike Kelley cominciò ad esporre negli anni Ottanta presentando dei lavori che utilizzano media diversi, dalla performance ai video e ai collage, sempre attratto dalla cultura americana, dai temi collettivi della memoria e dai giochi dei bambini. Tra le performance/installazioni ricordiamo l’opera presentata nel 1999-2000 dal titolo Test Room Containing Multiple Stimuli to Elicit Curiosity and Manipulatory Responses. In questo lavoro Kelley invitava i visitatori a divenire parte della creazione. L’opera era uno spazio che conteneva tanti oggetti diversi e l’effetto era quello di una stanza per giochi astratta. Le persone erano incoraggiate a interagire con gli oggetti e l’atmosfera stava tra il ludico e il laboratorio scientifico.

Nel 2005, ancora un esempio, presentò il Day is Done dove usò video, sculture, oggetti trovati e altri media che prendevano spunto da immagini scolastiche.

Mike Kelley, Day is Done, 2005
Mike Kelley, Day is Done, 2005

In mostra a Milano sarà presente l’installazione John Gleen Memorial Detroit, ispirata a un monumento dell’astronauta John Gleen, al quale, ancora un ricordo del suo passato, era dedicato il liceo frequentato dall’artista. Questo lavoro è una scultura raffigurante l’astronauta , ma ricoperto di frammenti di vetro e ceramica, che lo stesso artista aveva recuperato  sul fondo del fiume di Detroit.

Capire le opere di Kelley vuol dire accettare di entrare in un’enciclopedia di immagini, che facevano parte nella sua memoria ma che appartengono un po’ a tutti noi.  Immagini che non sono reali; sono miti e eroi  presi dal mondo virtuale, dalla pubblicità, dai fumetti.

Feticci a volte insopportabili, su cui però si posano le nostre identità e il vissuto della nostra generazione.

Mike Kelley, Kandors,2007
Mike Kelley, Kandors,2007