Jazz

Jazz!!!! Domenica mattina: mi chiama un’amica. Vieni a un apero-jazz a Coppet, presso la sala comunale? Certo.8622fb0029

Arrivo e mi ritrovo davanti un gruppo di jazzisti veraci guidati da una bionda platino vestita in oro alla Martha Tilton, che canta alla Billie Holiday e suona anche la tromba (e con la sordina wa-wa!) e il trombone. Brava Gunhild Carling! Attorno a lei un percussionista-vibrafonista (scatenato come solo i jazzisti sanno esserlo: canta anche in scat), un contrabbassista, un clarinettista-sassofonista e un pianista.

Ci siamo divertite come matte. Swing e mainstream, col ritmo scappato che solo questa musica può dare.

Sapete perché il jazz diverte? Perché è la colonna sonora della vita: un respiro affannato, proteso in avanti, in un continuo agitarsi che non sempre comprendiamo, ma che apprezziamo talmente da cercare di prolungarlo il più possibile.    Buon lunedì

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Gunhild Carling

Una sera allo Zardi’s

Una sera del 1956 a Los Angeles, nel locale Zardi’s, dove si suonava musica jazz, e dove avevano cantato i più grandi nomi dell’epoca, si tenne un concerto dell’allora trentanovenne Ella Fitzgerald, già leggenda vivente della musica. Chi c’era raccontò di una Ella in grandissima forma, che offrì al pubblico una performance eccezionale, duettando con i musicisti e improvvisando in maniera divina.

Era già all’apice della sua carriera, ma quella sera diede prova di tutta la sua potenza (aveva un’estensione vocale di oltre tre ottave) utilizzando la tecnica dello scat che l’aveva resa famosa. Lo scat consiste in un tipo di canto che ripete improvvisando fraseggi degli strumenti imitandone il suono o utilizzando parole inesistenti o onomatopeiche, accompagnata da un trio d’eccezione il pianista Don Abney, il bassista Vernon Alley e il batterista Frank Capp. Chi c’era ebbe la fortuna di ascoltare Ella in uno stato di grazia che cantava i suoi più grandi successi, sostenuta da un pubblico in delirio.

Per nostra fortuna qualcuno registrò la performance, registrazione che venne però dimenticata per 60 anni. Il primo dicembre prossimo, in occasione della chiusura dei festeggiamenti per i cento anni dalla sua nascita, questa registrazione inedita di Ella Fitzgerald verrà pubblicata per la gioia di tutti gli amanti del jazz.

L’album conterrà:

All Depends On You (canzone cantata già da grossi calibri quali Doris Day, Frank Sinatra e Nat King Cole e per la prima e unica volta presente nel suo repertorio pertanto preziosissima)
Tenderly
Why Don’t You Do Right
Cry Me A River
In A Mellow Tone
Joe Williams’ Blues
A Fine Romance
How High The Moon
Gone With The Wind
It’s Bernie’s Tune
S’Wonderful
Glad To Be Unhappy
Lullabye Of Birdland
The Tender Trap
The Angels Sing
I Can’t Give You Anything But Love
Little Boy
A – Tisket, A – Tasket
My Heart Belongs To Daddy
Airmail Special
I’ve Got A Crush On You

Tutti in attesa dunque con un po’ di nostalgia per riascoltare la meravigliosa voce di Ella Fitzgerald.

 

Django: il jazz zigano

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Ritmi concitati come quelli del respiro di chi un atleta che corre i cento metri. E’ il jazz manouche: il jazz solo di strumenti a corda, invitato in Francia dal chitarrista  Django Reinhardt e dal violinista Stephane Grappelli. Un amico jazzista lo definiva “la musica bella”: e aveva ragione. Negli anni ‘30 a Parigi il loro quintetto spopolava al Hot Club de France, primo club per la musica jazz della ville lumiere. I francesi hanno sempre amato il jazz: a Parigi venivano i grandi e cosi’ Django, di origini Sinti, con una menomazione alla mano derivante da un incidente avuto in gioventù, poté suonare coi grandi del jazz americano, in primis il mitico Coleman Hawkins, sassofono tenore dalla compressione dal soffio miracolosi. Django suonava la chitarra con uno stile tutto suo, e il quintetto di chitarre e violino aveva un ritmo (la pompe, lo chiamano loro) che faceva volare i suoi assoli, con quelli dell’amico Grappelli. Dopo la guerra andò in tournée in America per suonare con Ellington e Goodmann. Si esibì anche alla mitica Carnegie Hall (che è sempre bella da morire, lassu’ vicino a Central Park, sulla settima) riscuotendo un’ovazione e venendo richiamato in scena per ben sei volte.053359.jpg-c_215_290_x-f_jpg-q_x-xxyxx

Adesso al cinema c’è un bel film Django diretto da Etienne Comar che parla dei difficili momenti attraversati durante la guerra, quando, rimasto nella Francia occupata, cerco’ di passare in Svizzera ritrovandosi spiaggiato da queste parti, a Thonon, ove entro’ in contatto con una parte della sua larga famiglia Sinti. Fu testimone degli orrori nazisti contro la sua gente: vi scampò per miracolo. Quei delinquenti assassini dei nazisti non volevano ritmi sincopati (musica degenerata, dicevano quei criminali) e un loro ufficiale gli chiese: “Conosce la musica melodica tedesca?” Lui rispose: “No, ma lei conosce di sicuro me”.  Django Reinhardt, la più’ originale chitarra jazz di ogni tempo, compose un concerto in memoria dei sinti e di tutti gli uomini, di tutte le donne e dei bambini nomadi uccisi nei campi di sterminio nazisti. Ne abbiamo solo alcune parti, oggi, ma ne possiamo ascoltare alcuni brani nel finale del film: e ne vale la pena.

La La Land che divertimento!

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Non sono l’unica a dirlo e  forse vincerà addirittura l’Oscar ma La la Land è proprio un bel film. E’ ciò che ti aspetti da una serata al cinema. Un musical coi controfiocchi. Jazz, come sottofondo: perché il vero musical, quello che ti prende per la pancia e ti fa venir voglia di ballare, ha sempre e solamente il ritmo scappato del jazz. Balletti che richiamano gli anni ruggenti di Fred Astaire e Ginger Rogers, piuttosto che Gene Kelly. Il protagonista (un Ryan Gosling spettacolare) è un pianista che ricorda Bill Evans, ma rappresenta tutti quanti i jazzisti: quel popolo di geni che ha cambiato la musica. Lei, la bellissima Emma Stone, fa trasparire una galleria di dive, senza identificarsi con alcuna di esse, perché quegli occhi magnetici non si erano mai visti. Una storia romantica, un ritorno indietro a tanti film che porti nel cuore e con cui sei cresciuto. Esci che non ti sei neanche accorto del tempo trascorso. Segui il tuo sogno e credici fino in fondo, sembra dire il film.

Anche il gioco dei colori, in ogni ambientazione, mi ha anche colpito: in dei momenti mi sembrava di vedere la luce di Edward Hopper oppure la tavolozza dei rossi, dei blu e dei verdi di Chagall con Bella e Marc Chagall stesso che volano, amanti, alti nel cielo.

Qualcuno mi ha detto che sono esagerata e qualcuno lo ha definito un “filmettino” leggero e anche troppo sopravvalutato: non  mi sento d’accordo. E’ un film leggero come possono essere leggeri i quadri di Joan Mirò, dove dietro alle forme colorate e libere si sentiva sprigionare  l’energia positiva e divertita dell’artista.

Quando poi, tornando a casa, ho scoperto che il  regista Damien Chazelle , di cui tra l’altro avevo già visto un altro lavoro (Wiplash), ha solo 32 anni, sono rimasta davvero sorpresa; a dire il vero sono rimasta di stucco.

Bravissimo Chazelle: chissà quante altre belle cose ci farà vedere.la-la-land