Oggetti trovati e trasformati: una retrospettiva a Roma di Louise Nevelson

Louise Nevelson
Louise Nevelson

Se vi capitasse di domandarvi chi furono i primi artisti nel secolo scorso a pensare che l’arte si possa fare con qualsiasi cosa e, magari, anche quali siano i nomi di chi furono i primi a sperimentare gli oggetti di uso quotidiano dentro le opere d’arte, dovreste andare con la mente a Parigi nel primo decennio del ‘900 a cercare Picasso e Braque . Parigi, in quei giorni, era il centro d’arte che riuniva tutti quegli artisti orientati verso un’arte nuova  e antiaccademica. Picasso e Braque nel 1912 cominciarono ad  inserire nei loro dipinti carte da parati, pezzi di legno, o ritagli di giornali. I due artisti creatori del cubismo cercavano in tal modo una strada per riportare l’arte vicino alla realtà, offrendo anche delle nuove spazialità al dipinto.

C’è una scultrice che si inserisce in queste ricerche, un’artista più giovane che avrebbe ereditato il gusto dell’oggetto quotidiano come elemento da inserire nell’opera. Si tratta di una donna russa che si chiamava Louise Nevelson (1899-1989). Un’artista ebrea emigrata con la famiglia, nel 1905, negli Stati Uniti. Un’appassionata di arte africana di cui divenne anche una importante collezionista.

Louise Nevelson
Louise Nevelson

Vi segnalo questa figura perché da pochi giorni, a Roma, si è aperta una grande mostra dedicata a quest’artista. La retrospettiva è  a cura di Bruno Corà , si trova nel Palazzo Sciarra, è promossa dalla Fondazione Roma Museo e rimarrà aperta fino al 21 luglio.

Louise Nevelson proveniva da una famiglia di commercianti di legnami e questo dovette influenzarla perché non cessò mai di considerare il legno come materiale privilegiato per i suoi lavori.

Nella biografia si legge che il padre la incoraggiò sempre nel suo lavoro e che credette nei diritti delle donne. Sarà anche per questo  che la Nevelson ha sempre affermato la propria fierezza di essere un’artista donna : si sentiva “donna, tanto donna da non voler portare i pantaloni”.

Il riconoscimento internazionale come artista le arrivò solo all’età di 68 anni, in seguito  a una retrospettiva al Whitney Museum, nel 1967. Le sue grandi sculture ora si possono ammirare nelle strade di New York, Los Angeles e nei più grandi musei americani.

Il suo lavoro si riconosce bene perché ha sempre girato attorno all’idea di  assemblage monocromi, con il nero come colore dominante. Le sculture sono come delle grandi scaffalature, o contenitori, dove si compongono, come in un quadro cubista, pezzi di legno, gambe di sedie, tavoli rotti; tutti oggetti che una volta messi insieme e assemblati formano delle composizioni astratte.

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Potete trovare tutte le informazioni della mostra  all’indirizzo http://www.fondazioneromamuseo.it

Gli auguri più belli

Qui di seguito, gli auguri più belli che abbiamo ricevuto per queste feste.

Un omaggio, visibile dal cielo, a tutte le donne. Ad Amsterdam un piccolo esempio di Land Art, per guardare a Sud

 

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La commissione è arrivata da parte dell’organizzazione femminista “Mama Cash”.

Siamo ad Amsterdam, dove l’artista cubano, di stanza negli Stati Uniti, Jorge  Rodriguez- Gerada, ha creato un’opera su un’area di terreno vasta come due campi da calcio.

Invitato dall’associazione, in occasione della campagna “vrouwen vogelvrije”, incentrata sulla difesa delle donne che a loro volta difendono i diritti umani, l’opera raffigura il ritratto di una donna anonima mesoamericana in onore delle attiviste e come simbolo di protesta contro la persecuzione che avviene quotidianamente nella regione che comprende la metà meridionale del Messico, i territori di Guatemala, El Salvador e Belize, la parte occidentale dell’Honduras, Nicaragua e Costa Rica. Il “pezzo” è stato realizzato rimuovendo neve e terreno da una piccola isoletta, in un’area ex industriale, nella baia di Amsterdam, con l’aiuto di 80 volontari.

Un opera forte di  contenuto sociale e poetico, lontano dalla contestazione più serrata. Quello che ora bisognerà verificare è la sua durata di fronte agli eventi dell’inverno, e la possibilità di essere ammirato anche dal vivo, e non soltanto in tour virtuali resi possibili da Google Earth.

Questo articolo era già stato pubblicato il 23 dicembre