Incontrare l’arte quando meno te lo aspetti

Se c’è una persona a cui piace sorprendersi nell’incontrare l’arte nei posti più insoliti quella sono io . Mi entusiasma  inciampare nell’arte quando meno me lo aspetto.  Tutti gli esperimenti fatti in arte, per portarla in luoghi altri da quelli a lei ufficialmente consacrati, mi sembrano sforzi ben meritevoli di lode.  Ricordo quando, nel 1986, il critico Jan Hoet presentò Chambres d’Amis a Gand (Belgio). La mostra era nata invitando  cinquanta artisti a realizzare le loro installazioni non nel museo, ma dentro le case di chi si era disponibile ad accoglierli. L’idea era nuova  e stimolante, ben diversa dalla mostra Chambres presentata in questo momento  al Mamco di Ginevra,  dove un gruppo di artisti è stato invitato a presentare delle installazioni in forma di camere:  un concetto ben più triste di quello belga, anche se sono proprio belle  quelle di Silvie Fleuiry e di George Segal.

Ebbene,  l’altro giorno camminando per la città di Ginevra mi sono imbattuta senza saperlo in un angolo delle sorprese. Come se l’arte mi  aspettasse senza che io lo sapessi. Questo angolo è un luogo piuttosto anonimo nei pressi di Plainpalais, esattamente nel Rond Point de Planpalais, un luogo conosciuto più per la fermata del tram che per l’arte. Lì, infatti, mi sono trovata davanti a dei viaggiatori distratti,  sparsi nella piazza, ma fatti di bronzo, a grandezza naturale: ho scoperto che sono opera di Gerald Ducimetiere. La targhetta diceva: Alter Ego 1905-1982-3000.

Lì, vicino alle sculture, ho scoperto una piccola stanza a vetri, che prima doveva essere una sala di attesa, o una  biglietteria, e che adesso è divenuta luogo per esposizioni d’arte. In questi giorni vi si scorge un’installazione dal titolo Europe The Final Countdown,  realizzata dall’artista inglese Scott King. Questo lavoro vuole far riflettere sull’opportunità per l’Europa (in seguito anche al premio nobel per la pace che ha ottenuto quest’anno) di dar vita a un Eureopean Museum of Unity (EMU). Lo spazio è gestito da un centro d’arte – Zabrinskie Point – che ha aperto nel 2011 e vuole diventare un luogo per performance, esposizioni e per l’incontro della cittadinanza con l’arte. Il tutto sempre realizzando progetti internazionali legati anche a questioni sociali.

Un luogo che incuriosisce e a cui mi sono già affezionata. Lo guarderò ogni volta che passo di lì, per scoprire cosa contiene.

Chiacchiere del lunedì

Questa settimana è stato assegnato il premio Nobel per la pace all’Unione Europea. Appena avuta la notizia ho pensato: “questa poi non me la sarei proprio aspettata”. E poi mi sono chiesta il perché di questa scelta.

Così sono andata a leggere meglio le motivazioni e ho trovato questo: “Oggi il premio Nobel per la pace vuole premiare il contributo dato per oltre Sessant’anni dall’UE alla promozione della pace e riconciliazione della democrazia e dei diritti umani”.

La Ue ha risposto che per lei è un grandissimo onore ricevere questo premio e tra le tante osservazioni scrive che, in fondo, è un premio destinato ai 500 milioni di cittadini che vivono nella nostra Unione. Sul momento ho pensato che questo premio me lo sono meritato anch’io, ma poi qualcosa continuava a non quadrare nella mia testa. Certo questo premio arriva proprio nel momento giusto, per rafforzare quell’ Unione così fragile e legata più da interessi economici  che morali. Ma questo premio  come può nascondere alcuni pesanti fallimenti di questa Unione?  Penso all’intera gestione dei profughi e dei richiedenti asilo a livello europeo, dove non si è trovata una soluzione adeguata – tantomeno nel  nostro paese che è  terra d’approdo per gli sbarchi.

Ripensandoci bene, il Nobel per la pace se lo meritavano proprio loro, i “fuggitivi”, definiti anche “gli invisibili”, cioè tutte quelle persone disperate che scappano dalla violenza e dalle dittature dei loro paesi portandosi negli occhi gli orrori della guerra .

Sul tema degli sbarchi in Italia  e sulla nostra impotenza di accogliere al meglio chi soffre segnalo il bellissimo film Terraferma diretto da Emanuele Crialese premiato al 68esimo Festival di Venezia.