Che triste fine per M13

Orso brunoLa colpa di M13, sigla con la quale era conosciuto l’orso bruno venuto dal Trentino e installatosi nei Grigioni a luglio scorso e infine ucciso martedì mattina per ordine delle autorità cantonali grigionesi, è stata quella di aver attraversato la frontiera Italia/Svizzera una volta di troppo. Diciamo che il suddetto orso per gli italiani era un “gigione”, un tipo che “amava” avvicinarsi all’uomo, anche perché aveva capito che razzolare nella spazzatura era molto più semplice che cacciare il cibo nella foresta, per i cugini svizzeri invece aveva rapidamente risalito il protocollo della pericolosità, contenuto nella Strategia Orso della Confederazione, e da “orso problematico” all’inizio dell’inverno si era velocemente trasformato in “orso a rischio” al suo risveglio dal letargo due settimane fa. È stato considerato pericoloso, M13, dopo un incontro ravvicinato con una quattordicenne che lo ha incrociato su un ponte nei pressi del suo villaggio, Miralago. Ed è stata questa sua prossimità con gli umani che gli è costata la pelliccia, ultimo atto di una vita vissuta pericolosamente (stragi di montoni, razzie in case di vacanze e nei cassonetti).

Questa “esecuzione” ha scatenato le proteste delle associazioni ambientaliste svizzere, in primo piano WWF e Pro Natura, al pensiero delle quali ci allineiamo riportando qui di seguito uno stralcio del comunicato apparso dopo l’abbattimento dell’animale: “M13 non aveva paura delle persone, non ha tuttavia mai dato prova di avere un carattere aggressivo. Ciò che irrita è che le colpe attribuitegli e che alla fine gli sono costate la vita sono in realtà da ricondurre a palesi mancanze della regione interessata e del Cantone. Carenze a livello di prevenzione e preparazione alla presenza del plantigrado hanno contribuito all’acuirsi della situazione… Non ci sono più scuse per non adottare tutte le misure preventive del caso. L’orso è ritornato in Svizzera nel 2005 e deve poter rimanerci”.

Molti giornalisti si sono occupati di questo argomento uno di loro credo abbia colto nel segno. Infatti Philippe Barraud, giornalista indipendente, scrittore e fotografo romando, ha messo impietosamente il dito nella piaga scrivendo: “La condanna a morte dell’orso M13, nei Grigioni, supportata da pretesti futili e senza riflettere sulle possibili alternative, è un segnale doppiamente grave per la società e per lo Stato. Da una parte mostra la nostra completa separazione dalla natura e dall’altra il fallimento della nostra politica nei confronti della fauna selvatica”. M13 ha pagato il conto per tutto ciò.

Per dovere di cronaca dobbiamo dire che il povero orso, cioè quel che ne rimane, avrà un posto al Museo di storia naturale di Coira, come dire dell’orso non si butta via niente!