Camminare in un sogno…

il modello che ha reso famoso Louboutin, le cosiddette Pigalle

Chi avesse la fortuna di trovarsi a Londra in questo periodo, può scegliere di passare qualche ora visitando una singolare esposizione che fino al 9 di luglio sarà al Design Museum, al 28 di Shad Thames. Voglio parlarvene perché innanzituto il personaggio al quale é dedicato l’evento ha realizzato i sogni di molte donne e uomini in fatto di moda e in secondo luogo perché le sue opere di finissimo artigianato, che – nonostante la fama raggiunta – disegna e realizza personalmente proprio in Italia, a Parabiago, rappresentano, credo, una forma di arte “diversa”.

Sto parlando di Christian Louboutin, classe 1963, design e creatore di ciò che egli stesso stenta a definire semplicemente scarpe, il quale ha ideato un vero e proprio stile, divenuto oggetto di desiderio per tutte le donne e gli uomini del pianeta.

Figlio di un ebanista parigino, che lavorava con estrema finezza e delicatezza il legno, fin da giovanissimo è ossessionato dalle calzature delle ballerine di cabaret, che vede volteggiare sensuali su tacchi vertiginosi, spostando il centro di gravità, sollevando i fianchi e portando in avanti il petto, assumendo così una postura ondulante.

Incomincia così la sua carriera che lo porterà a capo di un’azienda diffusa in tutto il mondo con oltre 600 dipendenti che vende oltre 700.000 paia di calzature l’anno, nonostante i prezzi non proprio popolari.

Christian fin da giovanissimo si diletta nel disegnare altissimi trampoli e fa da assistente alle ballerine delle Folies Bergeres di giorno, mentre di notte gira i cabaret di rue Faobourg Montmartre in posizione privilegiata per osservare e comprendere come si portano, con grazia e leggerezza, i tacchi, mistero che moltissime di noi ancora non ha compreso…

Nel 1992 Christian ha la brillante idea di preparare una collezione interamente creata con la suola rosso fuoco. Ciò decreterà il suo successo planetario. La storia, nata attorno a questo vezzo, vuole che mentre Louboutin preparava un prototipo, per farlo meglio assomigliare al disegno che aveva in mente ne colorasse di rosso la suola con lo smalto per le unghie di una sua assistente. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, chiunque adocchi una suola rossa sotto una scarpa, immediatamente si chiede se si possa trattare di una Louboutin…

Dapprima disegna per le Maisons più famose, da Dior a Yves Saint Laurent, da Chanel a Sidonie Larizzi. Quando Roger Vivier  “il Piacasso della calzatura” lo chiama accanto a sé per organizzare la mostra retrospettiva della sua opera al Musée des Art Decoratifs di Parigi, la sua fama é decretata e la sua carriera prende il volo.

“Le Louboutin”, dopo vent’anni, sono già leggenda, sfoggiare una frivola suola rossa con tacco 12′ è il sogno di tante.

Personalmente guardo alle creazioni di Louboutin con rispetto e stupore, ma la cosa che mi è piaciuta di più del suo lavoro é scoprire che il laboratorio d’eccellenza della sua produzione si trova in Italia, dove l’arte di dare corpo ai disegni, anche a quelli più visionari degli artisti, è una capacità che ci portiamo nelle mani da sempre.

il colore come arma per leggere lo spazio: Daniel Buren al Grand Palais

Per chi fosse un italiano in transito a Parigi oppure per chi in questo periodo ha in programma un viaggio nella capitale francese, vorrei suggerire una visita al Grand Palais dove, nella cornice di Monumenta, potrà visitare la grande installazione di Daniel Buren.

Monumenta infatti è un avvenimento artistico molto atteso a Parigi, che si tiene ogni anno al Grand Palais e consiste nell’invitare ogni volta  un’artista di fama internazionale a produrre per quello spazio una monumentale installazione temporanea.  In passato sono stati ospitati gli artisti Anselm Kiefer, Richard Serra, Anish Kapoor e Christin Boltansky .

Come sempre le opere dell’artista francese Daniel Buren si presentano sotto la forma di installazione e  non nascono nello studio ma sono la realizzazione di un’idea nata in situ.  Il suo lavoro, infatti,  è sempre in relazione allo spazio. Anche in questo caso sembrerebbe voler mettere in risalto la complessità architettonica del posto.  Lo spazio viene riletto anche dall’uso del colore che per Buren ha un rulo molto importante, lui stesso definisce il colore “ L’ elemento visuale che appartiene alle arti plastiche. E’ connesso all’arte come il suono è connesso alla musica. E’ un pensiero puro che non può essere tradotto” .

Ogni volta il visitatore vive davanti alle opere di Buren  un susseguirsi di situazioni visuali in cui viene coinvolto in prima persona e diventa parte attiva dell’opera: è infatti il suo muoversi e immergersi dentro l’opera che permette di ricomporre i quadri e le forme geometriche dell’ambiente.

Nello spazio al Grand Palais Buren ha dato un grande risalto  alla luce filtrata dal soffitto e ha giocato con la forma geometrica del cerchio, facendolo divenire il tema dominante che evidenzia il cerchio  della cupole, dei balconi e delle nicchie interiori.

Assolutamente da non perdere : Daniel Buren  “Monumenta 2012” (Parigi, Grand Palais 10 maggio-21 giugno)