… ah! Le chocolat

Il divano di cioccolato di Prudence Staite
Il divano di cioccolato di Prudence Staite

Mentre attorno a noi si scatenano gli elementi (e non mi riferisco solo a quelli atmosferici) il mio pensiero corre a qualcosa che ci fa stare bene, che secondo molti scienziati stimola le endorfine e ci procura un immenso piacere (oltre che chili di troppo e brufoli): la cioccolata.

Secondo un recente studio, condotto, neanche a dirlo, da uno scienziato svizzero e pubblicato sul New England Journal of Medicine, la cioccolata oltre a farci stare bene stimolerebbe anche l’ingegno e faciliterebbe l’aumento dell’intelligenza. Il dottor Franz Messerli, infatti ha messo in relazione il consumo di cioccolata di un paese con la vincita di un premio Nobel. In cima alla classifica si sono posizionate, naturalmente, la Svizzera, la Svezia e la Danimarca… Nel mezzo della classifica gli Stati Uniti e la Germania e fanalini di coda la Cina e il Brasile (non sono riuscita a scoprire la posizione dell’Italia in questa classifica…).

Lo studio spiega ancora “in Svizzera si mangiano 120 tavolette di cioccolata da 85 grammi ciascuna pro capite all’anno” e questo consumo starebbe in relazione alla vincita di un Nobel. È chiaro che lo stesso Messerli riconosce l’assurdità di questa idea e si spinge a dire che anche in altre occasioni scientifiche si è giunti a risultati privi di logica sebbene tutti i dati sembravano poter dimostrare la tesi.

… E allora che significa tutto ciò?

La spiegazione è piuttosto semplice: il consumo nazionale di cioccolato è da mettere in relazione alla ricchezza e al benessere di un paese e la qualità della ricerca e la seguente maggiore possibilità di vincere un Nobel non devono essere messe in relazione con il consumo nazionale del cioccolato quanto alla ricchezza di cui il consumo stesso è la dimostrazione.

Dunque dopo aver rimescolato un po’ le carte ci rimane solo la sicurezza che purtroppo la cioccolata fa davvero ingrassare (troppi grassi e zuccheri), ma se mangiamo quella nera, la meno raffinata, i ricercatori assicurano che gli antiossidanti che contiene potrebbero sicuramente dare benefici al cervello.

Che dire? Anche questa volta ci è andata male…

Un angelo alla mia tavola

Sempre pensando se l’arte è un percorso privilegiato dell’esistenza mi domando se, chi possiede una particolare sensibilità artistica, oltre a sentirsi escluso dal sentire comune può, in qualche modo avvicinarsi a delle esperienze che non sono lontane dal trovare la felicità. Sono molti gli esempi nell’arte che vengono in mente e sappiamo bene come, per alcuni artisti questa sensibilità sia stata un fardello troppo grande che li ha schiacciati, pensiamo a Van Gogh. Ci sono però anche artisti  che hanno fatto del loro sentire e del loro “squilibrio”  un punto di forza come  l’artista giapponese Yayoi Kusama che per tutta la vita ha prodotto dei lavori che sono come un’espansioni delle sue ossessioni. Elementi puntiformi, sferici linee curve che si ripetono all’infinito si moltiplicano e si espandono fino a comprendere lei e noi  nello spazio.

Proprio poco tempo fa  mi sono imbattuta in un bellissimo libro dal titolo Un angelo alla mia tavola della scrittrice neozelandese Janet Frame. La scrittrice scomparsa nel 2004 ha fatto dello scrivere la ragione della sua sopravvivenza. Questo libro  autobiografico (in verità sono tre volumi ma pubblicati in uno solo con quel titolo per l’Italia da Neri Pozza) racconta tutta la sua vita segnata dalla schizofrenia (in realtà presunta dai dottori e poi sconfessata). Un fatto devastante, che l’ha condotta a trascorrere parte della sua vita  dentro e fuori gli ospedali psichiatrici. Anche in questo caso l’arte l’ha salvata e scrivendo ha trovato la strada di fuga dal dolore.

Il libro non racconta solo di questo  ma scorre tanti episodi dall’infanzia, alla povertà,  i dolori della crescita prima con la morte della sorella e poi l’orrore dell’ospedale psichiatrico, il tentativo di suicidio e il ritorno alla casa paterna.

Senz’altro Frame è una delle più grandi scrittrici della seconda metà del Novecento Janet Frame per due volte nominata per il Premio Nobel ci fa entrare nela sua vita in modo secco e diretto che ti tiene legato a lui fin dalle prime pagine.

Dal libro è stato anche tratto un film della regista Jane Campion.

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