#imagine

L’8 dicembre 1980, 34 anni fa, moriva John Lennon per mano di Mark David Chapman, mentre stava rincasando nel suo appartamento su Central Park a New York, dopo una sessione di registrazioni in studio.

Da quella terribile sera ogni anno sono stati spesi fiumi di inchiostro e sono stati promossi eventi e progetti eccezionali per tentare di onorare la memoria di colui che nell’inconscio collettivo è divenuto un vero e proprio mito  uno dei più influenti e amati artisti del XX secolo. A lui è stata dedicata ad esempio una sezione di Central Park gli Strawberry Fields, luogo preposto alla meditazione e al riposo. Ma una delle più originali forme di commemorazione di questa leggenda della musica è senz’altro la app #imagine, strumento che permette via smartphone e tablet di duettare con John Lennon e trasmettere la propria esibizione al dj David Guetta, per un remix collettivo del brano che sarà pubblicato alla fine dell’anno.

L’UNICEF infatti invita tutte le aspiranti pop stars ad unirsi a Hugh Jackman, Katy Perry, Angélique Kidjo, Priyanka Chopra, Yoko Ono, David Guetta, ma anche, a sorpresa il Segretario Generale Ban Ki Moon a cantare insieme a John Lennon Imagine aiutando così a contribuire ad aumentare la consapevolezza dei diritti dei bambini. Come ha affermato Yoko Ono “Un sogno fatto da soli non resta che un sogno, ma un sogno che due persone fanno insieme diventa una realtà”.

Intanto io mi sono commossa!

My mum was beautiful

In questi giorni c’è chi ha l’abitudine di festeggiare le streghe c’è chi invece li trascorre ricordando chi non c’è più .

Yoko Ono, My Mum was Beautiful,
Yoko Ono, My Mum is Beautiful,

Io ho avuto una mamma speciale ( posso considerarmi la sola? ) e forse per questo da sempre ho simpatia e affetto per questo mestiere vecchio come il mondo, fatto di splendore e debolezza.

Allora, in questi giorni di festa e di memoria penso che l’opera di Yoko Ono  My Mum Was Beautiful  rappresenti l’immagine più efficace che possa parlare (della mia mamma), del passaggio delle donne sulla terra e del loro legame con i misteri dell’universo.

Chi volesse vedere l’opera, in questo momento può recarsi alla dodicesima Biennale di Lione. Qui potrete stupirvi della potenza delle foto e, se volete, potrete anche portarvele via in forma di spillette. Nell’ installazione c’è anche un muro per scrivere un pensiero e infine un video di una straordinaria performance dell’artista fatta negli anni Sessanta.

Immagini per comunicare

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Sarà perché sono pochi giorni che con un’amica sono riuscita a scaricare un programma che mi permette di mandare oltre ai messaggi telefonici anche una miriadi di immaginette, come un alfabeto di facce che ridono, cuori, mille specie di animali; sarà perché sono in lotta perenne con una figlia che vuole farsi fare un tatuaggio, ma in questi giorni riflettevo su come le immagini abbiano preso il sopravvento nella nostra vita.

Per esprimere un pensiero si invia un’icona, per ricordare qualcosa che ci preme lo traduciamo in immagine e ce lo tatuiamo sul corpo. Alcuni simboli,  poi, c’è chi ha trovato il modo di tradurli  con la punteggiatura. Un nuovo modo di esprimersi, un nuovo alfabeto .

Per gli storici dell’arte lo studio dell’iconografia è cosa decisiva per accostarsi ad un opera. L’esempio più semplice sono le raffigurazioni dei santi: ognuno aveva i suoi attributi e così tutti li  riconoscevano.

Mi chiedo se presto verranno fondate nuove cattedre universitarie dedicate all’iconografia comune, direi quotidiana, del XXI secolo, oppure se con il tempo cesseremo gradualmente di usare molte parole  e ci rivolgeremo agli altri solo con faccine stupite, allegre e tristi.

Le immagini ci sommergono: quando gli adolescenti escono e si incontrano, in verità trascorrono una buona parte del loro tempo in comune a scattare foto da  caricare subito sui social media. E così che la  nostra cultura si basa sempre più sul vedere e tale condizione ci porta a confondere  le preziose distinzioni tra “il vero essere e il semplice apparire ”. (David Foster Wallace, Di carne e di nulla, Einaudi, 2013, p. 102).

La nostra immagine, la scelta  delle immagini che facciamo per comunicare un’ emozione, oppure l’immagine incisa sulla pelle che non potrò più cancellare,  mi proiettano tutta verso l’atto di mostrarmi: sono come un attore sul grande schermo, perché come ancora Wallace ci dice “la caratteristica più significativa delle persone  oggi è la guardabilità”.

E ora l’arte visiva, che nasce per essere guardata, come ne esce da questa trappola? Riuscirà a rimanere indenne da questo nuovo modo di porsi? Non credo, perché in fondo gli artisti  sono essi stessi immersi in questo mondo.

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Yoko Ono, Summer Dream, Fondation Bullukian, Lione, 2013

Connettersi e comunicare, ad esempio, è ciò che ha sperimentato Yoko Ono con la sua opera Summer Dream,  presente alla 12esima Biennale di Lione: incoraggia i visitatori a descrivere i propri sogni d’estate su un computer. Si tratta di testi brevi,  che in un secondo momento vengono proiettati con una scritta elettronica su una panchina collocata nel giardino presso la Fondation Bullukian. L’artista ci esorta “fate che i vostri sogni si realizzino su un muro, lontano…”. E così,  con questo atto, ci permette ancora una volta di portarci fuori da noi stessi e mostrarci al pubblico.

L’arte racconta: a Lione la XII Biennale d’arte

Ethridge Roe, Louise Blowing a Bubble, 2011
Ethridge Roe, Louise Blowing a Bubble, 2011

Si apre a giorni la dodicesima Biennale d’arte a Lione. Quest’anno la rassegna è curata da Gunnar Kvaran direttore del Museo d’arte di Astrup Fearneley di Oslo ( un museo che a fine settembre si trasferirà nella nuova sede, progettata da Renzo Piano) .

La biennale di Lione è più piccola e diversa da quella storica per eccellenza, di Venezia, ma resta sempre un appuntamento importante.  Appartiene alle cosiddette biennali d’autore, ossia rassegne basate sull’ esperienza personale del curatore, che racconta cosa ha captato in giro per il mondo.

Quest’anno il tema è la narrazione. Essa infatti, per Kvaran, è oggi uno dei temi emergenti dell’arte contemporanea: il desiderio da parte degli artisti di esprimersi attraverso il racconto. E così ha deciso di invitare artisti da tutto il mondo che si caratterizzano per il desiderio di trovare nuovi modi di raccontare storie, sia attraverso il video, che con la fotografia, l’installazione o la pittura o qualsiasi altro mezzo.

Vediamo il titolo scelto: Entre-temps…brusquement et ensuite un titolo che introduce il senso di un’azione e anche la cornice per qualcosa che accade in uno spazio di tempo, proprio come fosse il ritmo di una storia.

Sono stati selezionati settanta artisti di ventuno paesi diversi. Nelle mostra troveremo artisti di fama internazionale come il pittore Errò con le sue tele pop vicine alla struttura del fumetto, o la performer concettuale Yoko Ono, o anche Matthew Barney con il suo mondo immaginario di storie raccontate in modo del tutto originale attraverso il video per poi sconfinare nelle sculture nella performance .  A fianco troveremo un grande numero di artisti più giovani di  tutto il mondo.

Yoko Ono
Yoko Ono

Per visitare la biennale troverete tutte le informazioni sul sito www.biennaledelyon.com . Il  tempo per visitarla non manca perché aprirà il 12 settembre ma resterà aperta fino al 5 gennaio. Come accade in tutte le biennali le mostre sono sparse in più sedi; certo una buona occasione per conoscere dei luoghi dimenticati della città. Unico neo: un po’ disagevole da vedere in un giorno solo (ma ci si può provare).

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