L’ultima fatica di Vittorino Andreoli, psichiatra di fama mondiale, L’educazione (im)possibile. Orientarsi in una società senza padri (Rizzoli, Milano, 2014) è entrato di prepotenza nella classifica dei libri più venduti di questa settimana, curiosamente prima de Gli sdraiati di Michele Serra (di cui abbiamo già parlato), a confermare quanto il tema dell’educazione degli adolescenti stia a cuore ai lettori italiani.
La domanda di base che si pone Andreoli è come “insegnare a vivere in un mondo così vasto, così mutevole da ridursi a mistero” insomma come “educare un figlio misterioso a vivere dentro un mondo incomprensibile”. Se fin dalla notte dei tempi i figli, per crescere in modo equilibrato, avevano bisogno di una sola figura che li accudisse, quella della madre, in una società come la nostra, che si è complicata inestricabilmente, in cui i ruoli sono divisi e frammentati in modo estremamente disordinato, ciò non è più possibile. Come fare allora ad educare un figlio in un mondo in continuo movimento in cui nulla più è “tradizionale”, tutto cambia da un momento all’altro, alle prese anche con una vita digitale in conflitto con la vita reale, che compromette i legami umani che aiutano a crescere e a formare l’identità dei ragazzi? Come sfuggire nella società dell’attimo fuggente alla crisi di genitori ed educatori che trovandosi davanti ad adolescenti maleducati, violenti, immaturi ma soprattutto che vivono senza la percezione del futuro, rinunciano al proprio ruolo? L’augurio di Andreoli, per risolvere questa situazione è che si “delinei un umanesimo della fragilità; che da qui, e solo da qui, rinasca una politica, rinascano i bisogni esistenziali dell’uomo e della convivenza tra uomini”. Che sia allora reinventata “una civiltà che risponda all’uomo fragile” ad un umanità che ha necessità dell’“altro”, che vengano riedificati i legami di affetto, di amore, di amicizia gli unici in grado di far crescere l’individuo, di renderlo adulto consapevole e capace.