
Irène Némirovsky, Suite francese
È appena uscito nelle sale cinematografiche Suite francese, tratto dal magistrale romanzo di Irène Némirovsky che porta lo stesso nome. Una strana operazione che, sebbene abbia forzatamente incentrato l’intera pellicola solo su una delle tante vicende narrate nel libro, ha avuto l’indubbio valore di riportare alla memoria del pubblico un’opera letteraria di incredibile pregio, nata da una penna tormentata. In effetti quella della Némirovsky è una storia unica nella sua tragicità.
Figlia di genitori benestanti, di origine ebraica, l’autrice ha attraversato non solo l’intera Europa per sfuggire alle devastazioni della guerra, ma soprattutto un’intera epoca di cui ha saputo riportare il clima di orrore e violenza. Nata a Kiev nel 1903, nel 1913 si trasferisce a San Pietroburgo e nel ’18 sfugge alla Rivoluzione Russa passando per la Finlandia, Stoccolma e infine la Francia, che diventa patria di adozione. A Parigi scrive e crea storie su un’umanità spezzata dal dolore e dalla insensatezza della guerra, storie di personaggi che come lei hanno lasciato tutto dietro di sé per ricominciare e ricominciare da capo ogni volta. Il suo bisogno di scrivere nasce da un confronto rabbioso contro il “destino femminile”, contro quel ruolo preconfezionato, assegnato nei secoli alle donne: madri, sorelle, amiche amanti. Ed è in Francia che andrà incontro al suo destino, che nonostante la sua chiara visione della vita, non seppe prevedere per sé e per tanti altri come lei. Il 13 luglio del 1942 infatti, sotto il governo di Vichy, Irène viene arrestata perché di origine ebraica, strappata all’affetto delle sue due figlie (che conserveranno nel cuore per sempre il ricordo della mamma tanto da custodirne gli scritti e fare in modo che fossero pubblicati), deportata ad Auschwitz dove morirà il 17 agosto dello stesso anno.
I personaggi di Irène Némirovsky sono privi di cielo e di orizzonte, lontani da ogni tipo di redenzione: affamati o sazi, aggrappati a beni materiali su cui hanno costruito la loro finta felicità, l’autrice li dipinge con pennellate graffianti, senza pietà e senza simpatia. Alla base di tutta la storia umana c’è avidità e sete di profitto, apatia e visione ristretta della realtà. Chi ce la fa è colui che volge a proprio vantaggio la situazione sfavorevole, il furbo, il cinico, il maneggione. “Ecco perché i romanzi di questa autrice sono magistrali racconti dell’orrore, claustrofobici incubi a occhi aperti come se la storia – passata, presente, futura – fosse un cumulo di macerie e gli esseri umani un branco famelico di cani o di lupi pronti a sbranarsi tra loro” (dalla prefazione di Maria Nadotti, all’edizione di Suite Francese di Newton Compton Editori).
Il libro concepito dalla Némirovsky, voleva in origine essere composto di 5 parti e doveva intitolarsi Tempesta o Tempeste. Di queste cinque parti l’autrice riuscì a finire, prima della deportazione, solo Temporale di Giugno e Dolce. Suite francese è dunque un’opera interrotta, ma tutt’altro che incompiuta. Nel primo libro è narrato il vero e proprio esodo dei Parigini verso la campagna a causa dell’occupazione nazista imminente. L’autrice mette in movimento varia umanità, un numero incredibile di personaggi si affollano, scappano, si rifugiano nelle campagne della Francia, tutti cercano di raggiungere una indefinita salvezza portando con sé ciò che hanno di più caro al mondo, rappresentato da qui beni materiali che non hanno il coraggio di lasciarsi dietro, ma che tuttavia sono destinati a perdere. In Dolce questa atmosfera centrifuga si placa e la guerra acquisisce un aspetto locale in cui il nemico non è solo rappresentato dal soldato tedesco. La Némirovsky crea un palcoscenico in cui tutti sono contro tutti, in un gioco in cui mors tua vita mea sembra l’unica regola vigente.
Un romanzo corale in cui la descrizione dei luoghi ha una parte importantissima e a volte può sviare il lettore che si perde in quei paesaggi di una Francia rurale, che fanno da sfondo costantemente alle vicende narrate.
Duro e struggente… da leggere